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Il commento

Una città prigioniera dell'accattonaggio politico

I Giochi del Mediterraneo e il commissariamento del Comune. I traccheggi di destra e sinistra, le voci di scioglimento anticipato del consiglio comunale. L'urgenza per Taranto di avere una nuova guida che sappia dialogare con la città

Una veduta di Palazzo di Città, sede dell'amministrazione comunale di Taranto

Una veduta di Palazzo di Città, sede dell'amministrazione comunale di Taranto

Dovevano essere, e forse possono esserlo ancora, la vetrina dove mettere in mostra una Taranto diversa. Una Taranto desiderosa di scrollarsi di dosso lo stigma cimiteriale che la città si trascina dietro da oltre un decennio, anche a causa di una masochistica rappresentazione che una parte dell’opinione pubblica continua a farne ostinatamente. Dovevano essere l’evento del riscatto morale e psicologico di una città per oltre un secolo allegramente succube dell’economia di Stato e poi destabilizzata dagli effetti prodotti dalla privatizzazione finita fuori controllo di quella che un tempo era orgogliosamente l’acciaieria più grande d’Europa.

Questi Giochi dovevano essere soprattutto la dimostrazione che la grande crisi industriale e ambientale non può essere l’alibi per un immobilismo attendista, improduttivo e deleterio. Dovevano portare una ventata di freschezza, di contaminazioni culturali, di flussi di gioventù che purtroppo Taranto non ha mai potuto coltivare per la cronica assenza di una università strutturata. Dovevano essere questo, e possono esserlo ancora, i Giochi del Mediterraneo. E invece questa grande opportunità, che Taranto in verità ha raccolto in una prateria internazionale praticamente priva di concorrenza, rischia di trasformarsi nell’ennesima lesione dell’immagine della città. Le rocambolesche vicende di queste ore rivelano quanto la massima espressione politico-amministrativa della città sia inadeguata ad essere forza propulsiva del territorio. Se ce la faremo a ospitare i Giochi - e c’è ancora la possibilità di farcela - non sarà certo per merito del Comune e sarà proprio sul filo di lana, al fotofinish, e il legittimo commissariamento delle opere cosiddette minori, che in realtà hanno importanza rilevante per un territorio povero di impianti e di opportunità, fanno cadere l’ultimo velo sulle attuali (in)capacità comunali. La reazione scomposta del sindaco, i toni livorosi, del tutto estranei a veste e sostanza istituzionale, sono altro sostegno alla certificazione di una evidente inadeguatezza al ruolo.

Riesce difficile comprendere, di fronte a queste imbarazzanti performance che si susseguono mentre Taranto sprofonda, come sia possibile che tanto a destra quanto a sinistra si continui a traccheggiare, forse nel tentativo di consumare qualche inciucio elettorale o forse per incapacità a percepire la distanza ormai abissale che separa la città reale dal “Palazzo”. Tutto ciò senza porre una parola definitiva su questa esperienza politica e amministrativa che si sta rivelando disastrosa, soprattutto per l’alto livello di litigiosità che genera con pezzi importanti di una città che invece ha urgente bisogno di recuperare dialogo e percorsi di pacificazione.

In queste ore tornano a inseguirsi voci di possibili iniziative per determinare lo scioglimento anticipato di questo consiglio comunale. Sarebbe auspicabile, a patto che le forze migliori della città sappiano proporsi per una alternativa costruttiva e di più ampio respiro, per uscire da questa oscura strettoia nella quale Taranto si è infilata pur essendo in un momento irripetibile, non solo per l’opportunità offerta dai Giochi del Mediterraneo (300 milioni di euro non si erano mai visti per un evento sportivo a sud di Roma) ma anche per la messe di fondi che stanno piovendo per la Transizione, parolina magica non solo per i circa due miliardi di euro che porta con sé ma soprattutto per il salto socio-culturale che dovrebbe produrre su una comunità che anno dopo anno vede ragazzi e famiglie partire via alla sacrosanta ricerca di una prospettiva di vita più dignitosa e gratificante che oggi Taranto, purtroppo, non è in grado di offrire.

Riecheggia, dicevamo, l’ipotesi di scioglimento anticipato, ma l’ostacolo più grande da superare restano certe mortificanti forme di accattonaggio politico delle quali il consiglio comunale - e di conseguenza la città - sembra prigioniero. Certo, non è la cifra politica e culturale del consiglio comunale – che resta pur sempre l’espressione degli elettori – l’unico problema che Taranto deve affrontare e risolvere. Ma il tentativo di offrire alla città una guida e una squadra che sappiano dialogare con la consapevolezza della propria responsabilità e che sappiano essere un faro nobile per questa comunità è ormai una necessità talmente urgente da diventare emergenza.

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