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L'acciaieria

Nel siderurgico non c’è pace

Così nacque la fabbrica a Taranto

Una veduta del siderurgico (foto d'archivio)

Una veduta del siderurgico (foto d'archivio)

Stato di crisi manifesta del settore siderurgico

A fine maggio 1980 la Comunità europea dichiara lo stato di crisi manifesta del settore siderurgico, definisce trimestralmente le quote di produzione e, in alternativa, impone un programma di chiusure. A Taranto arriva l’eco del subbuglio all’interno delle Partecipazioni Statali con riflessi nel management di IRI, Finsider, Italsider.

L’Italsider è in grave crisi di liquidità, è incapace di fronteggiare la situazione con mezzi propri: l’azienda viene messa in liquidazione e nasce la Nuova Italsider che, ricapitalizzata, acquisisce gli impianti ex Italsider. A Taranto c’è un assestamento organizzativo generale che tiene conto, in qualche modo, anche di quanto fissato nel TIMS - Taranto Integrated Maintenance Sistems portato avanti con la Nippon Steel Corporation.

Sempre con la consulenza di NSC, viene formulato un piano destinato a migliorare l’efficienza degli impianti di Taranto inficiata da diseconomie di scala, dalla bassa produttività e da errori gestionali. Viene avviato il programma, denominato TARAP-MRO, su impianti e processi produttivi per migliorarne l’efficienza e razionalizzarne i costi assai elevati.

Per un periodo di 24 mesi un’equipe di tecnici della Nippon Steel affiancherà i pari livello locali per illustrare loro le migliori pratiche da adottare. Si era infatti constatato che, a causa di pratiche operative sbagliate, i consumi energetici dello stabilimento tarantino – nonostante una dotazione tecnica di uguale livello – superavano del 16% i valori degli omologhi giapponesi, e a sua volta la produttività ne risultava danneggiata.

A livello di opinione pubblica il Siderurgico continuava ad essere “un’isola permanente di assistenzialismo”: l’intervento comunitario permette di supplire alla mancanza di una logica economicistica nella gestione di molte imprese pubbliche italiane, ma Taranto rimane pressoché immune da queste politiche. Il centro ionico rimane l’ultimo centro siderurgico a grande concentrazione occupazionale, riconfermandosi come “l’inalienabile, gigantesco e fibrillante cuore periferico della siderurgia nazionale”.

La logica dei numeri è impietosa: il Siderurgico, stabilimento moderno e tecnologicamente avanzato, perde tragicamente competitività a livello di costi, servizi e qualità produttiva. Gli sforzi sono concentrati sulla riduzione dei costi e del personale; a Taranto il personale, dal record di 21.791 addetti del 1980, si ridurrà anno dopo anno, gradatamente, tanto che arriverà a 11.796 addetti di maggio 1995, all’atto della privatizzazione.

La rinascita dell’Ufficio Tecnico di Stabilimento

Nella primavera del 1980, per discrepanze sul TIMS, lasciai la manutenzione e fui nominato capo dell’Ufficio Tecnico di Stabilimento, da tempo un po’ lontano dal viavài negli impianti. Il primo approccio fu impressionante: 2 grandi sale piene di tavoli da disegno e tanti basket e cesti pieni di rotoli di disegni, locali dell’archivio disegni affogati di cartelle, faldoni e macchinari bisognevoli di cure. Mi fermai, colpito, a guardare un progettista occupato a disegnare una alla volta le mattonelle della parete del bagno di spogliatoio che stava progettando! Chiesi poi, cosa fossero tutti quei rotoli di disegni nei cesti accanto ai tavoli da disegno. Erano progetti esecutivi ultimati che il “cliente/richiedente” non aveva ritirato. Nei locali dell’archivio disegni di tutto lo stabilimento si trovavano tanti fascicoli in attesa di essere sistemati e tante persone in attesa di copie di disegni.

Dopo un po’ di incontri singoli, di reparto (erano 7 o 8) e con il rappresentante sindacale, decisi di formalizzare con la Direzione del Personale un progetto vero e proprio di riorganizzazione del lavoro nel TES, fatto con la continua partecipazione degli interessati. La Direzione del Personale mi affiancò l’ing. Carlo Rizzo acuto, colto, preparato, brillante battutista e partimmo.

L’obiettivo/idea guida era: evitare di fare disegni che poi rimanevano inusitati nei cestini delle sale disegni e contemporaneamente razionalizzare l’archivio dei disegni di stabilimento. Qual’era l’uovo di colombo? Responsabilizzare veramente i singoli progettisti che valutavano tempi e contenuti preliminari della idea/progetto inclusa la valutazione del costo di realizzazione del relativo manufatto, quindi ottenere l’autorizzazione/impegno del cliente/richiedente a passare al progetto definitivo e quindi alla realizzazione. Contemporaneamente innovammo tecnologicamente l’Archivio disegni in modo da non dover ricorrere a memoria e fatica dei singoli archivisti per reperire i disegni.

La sintonia con Rizzo fu totale, proficua e lunga, procedevamo con la riorganizzazione e l’applicavamo in progress. Quando mi capitò di lasciare il TES, feci il suo nome come mio sostituto: il capo del TES è soprattutto un direttore d’orchestra, la musica la suonano gli orchestrali. 

Superata qualche titubanza iniziale, il progetto fu portato avanti con favore e fervore crescente e con benefici quantizzabili e, soprattutto, con la “fiducia” crescente delle aree di stabilimento nei confronti dei progettisti del TES. Ricordo con piacere un episodio pruriginoso.

Si era in ambito TARAP – MRO, con i giapponesi era stato delineato un certo percorso del collegamento ferroviario e viario tra ACC/1 e ACC/2 che il TES avrebbe dovuto “mettere in bella copia” nel breve periodo della pausa di riposo in Giappone dei tecnici giapponesi. Non ricordo chi abbia innescato la “bomba”, di certo accadde che, in accordo con l’ing. Guido Colavini “chiudemmo” in una saletta il meglio dei progettisti TES di diverse specializzazioni e il meglio degli “acciaieri”: fu prodotto “in bella copia” un percorso diverso e decisamente migliore del precedente. Rientrati i colleghi dal Giappone, ci fu una riunione in Direzione in cui io distesi sul tavolo il disegno del nuovo percorso. Il capo missione si accorse che non era quello lasciato da loro, me lo strappò dalle mani, lo gettò a terra e abbandonò furibondo la riunione minacciando di ritornare in Giappone. Intervennero “pompieri” nostrani che si misero in contatto con Hayao Nakamura che era il rappresentante a Roma della NSC e si riuscì a convincere il capo missione a restare e concludere quel progetto con la nostra soluzione: evitata una crisi diplomatica!

L’inedita valutazione sulla collaborazione con i giapponesi

Alla fine di agosto del 1982 il DCS - Direttore del Centro Siderurgico dr. Sergio Noce convocò l’assemblea dei dirigenti sulla pesantissima situazione dello stabilimento anche alla luce di quanto fatto con il TIMS, il TARAP – MRO ed altro. Riassunse la nostra disastrosa situazione finanziaria: sul Siderurgico gravavano 3 miliardi al giorno di interessi passivi principalmente per aver fatto il “raddoppio” a debiti oltre modo usurari. Il DCS ci invitò a dire la nostra su quanto era avvenuto e avveniva in stabilimento. Pochi sapevano che io ero “fuoriuscito” dal TIMS a maggio del 1980 ed io mi limitai a dire: “abbiamo progettato un cronografo svizzero fingendo di non sapere che lo stabilimento, nella sua interezza, era ancora al livello di maniscalchi adusi a mazza e scalpello”.

La riunione proseguì senza fatti né decisioni importanti.

Io continuai il mio lavoro al TES, di cui scriverò più avanti, con episodi significativi, mentre ora

salto ad ottobre 1985.

La Finsider chiese alla Nuova Italsider di aiutare l’Acciaieria di Terni che aveva grossi problemi di manutenzione. Il dr. Sergio Noce mi chiese se me la sentivo di andare a Terni. La trattativa si concluse rapidamente e il 1° dicembre 1985 arrivai a Terni in qualità di dirigente dell’ente MAS – Manutenzione e Servizi, con 1200 addetti, rispondendo al Direttore di stabilimento e al Direttore Generale/Amministratore Delegato. Restai a Terni 4 anni con altri “nuovi arrivati”; i nostri bilanci ritornarono in nero, tanto che l’acciaieria di Terni fu la prima società pubblica ad essere venduta, bene, ai privati.

Ho anticipato qualcosa delle vicende ternane perché nello scorso mese di febbraio 2025 è accaduto un fatto straordinario, ai limiti dell’incredulità. Con modalità che mantengo riservate, mi è pervenuto il documento “Promemoria per DCS del 30/9/82” firmato De Marzo.

Fino al momento in cui l’ho visto, non ricordavo di averlo scritto e dato al destinatario.

Il promemoria è di 5 pagine su carta aziendale, scritte a mano, a caratteri larghi, qua e là macchiate ma ben leggibili. Lo trascrivo interamente come testimonianza d’epoca.

Nuova Italsider Centro Siderurgico di Taranto Promemoria per DCS 30/9/82

Nella Riunione Dirigenti del 29.9.82 non ho ritenuto opportuno e utile rispondere all’invito formulato da DCS di manifestare eventuali dissensi sul tema “Applicazione TIMS”. Tacendo in pubblico ho tenuto fede ad un impegno preso, che confermo, per non introdurre elementi di disturbo in una questione importante e complessa come questa.

Per un dovere di lealtà nei confronti della Direzione di stabilimento ritengo, però, necessario, in maniera riservata, far presente che il mio silenzio non è assenso.

Faccio parte di quella minoranza che non è convinta; l’ho detto a suo tempo, motivando il mio dissenso con motivazioni teoriche e pratiche. Evidentemente non hanno convinto granché perché si è andati avanti lo stesso.

Mi sono “tolto dal percorso” per tempo, proprio per non intralciare il cammino della maggioranza.

Dico questo per sottolineare che il mio tacere in pubblico non è vigliaccheria o timore di essere un “cadavere eccellente”: lo sono già in qualche modo.

Senza peccare di presunzione ritengo che in stabilimento non ci sia nessuno che conosca meglio di me il TIMS, non fosse altro per il fatto che l’ho materialmente scritto io al 90%; ne conservo i manoscritti. All’interno del gruppo, che ha fatto materialmente prima il Master Plan e poi la Progettazione di dettaglio del TIMS, si sa che l’ing. Chiaverini ha avuto la guida strategica e politica, ma chi ha sviluppato e coordinato tutti gli aspetti tecnici del progetto sono stato io e non l’ing. Canale.

Ho portato a termine la progettazione di dettaglio lavorando in maniera tale che solo Chiaverini sapesse del mio dissenso sulla filosofia generale e quindi sulle soluzioni. Il giorno dopo la fine della progettazione di dettaglio sono passato al TES, come concordato, proprio per non dovermi occupare di qualcosa che non credevo (e non credo) si possa realizzare realmente.

Nel suo intervento di ieri DCS ha citato il “Deserto dei Tartari” con riferimento a questo progetto che non arriva mai: nel 1978 o 1979 (non ricordo con precisione) ho regalato quel libro all’ing. Chiaverini con esplicito riferimento alla situazione del “Progetto di manutenzione”: se lo conserva ancora si potrebbe rileggere data e dedica.

Sono convinto che, sotto la spinta determinata ed efficace di questa Direzione, saranno superati tutti gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del progetto, non è questo il problema.

Temo, per non dire che sono certo, che non ci saranno i risultati veri, concreti, consolidati perché il progetto studiato non è a misura di questo stabilimento e dei suoi uomini, della mentalità e dei sistemi di gestione. Motivare, documentare questa posizione è possibile ma estremamente lungo e comunque sempre opinabile, non c’è nulla di certo e di scientifico.

Auguro sinceramente a questa Direzione e a questo stabilimento che i miei timori siano smentiti dai fatti e che si dimostri che io ho torto.

Ho motivo di ritenere che sono in parecchi a pensarla come me, in segreto e nell’anonimato per tanti motivi e che vanno avanti così per l’assenza di un’alternativa immediata e perché si sta lavorando su questa soluzione da oltre 6 anni.

Ho compilato questo promemoria non tanto per il ruolo che ho nello stabilimento, quanto per la responsabilità che sento di avere come cittadino. Domenica scorsa il Ministro delle Partecipazioni Statali ha detto che “occorre puntellare l’edificio che sta crollando”. E’ un obiettivo sacrosanto e ineccepibile: è dovere di tutti concorrere al raggiungimento di questo obiettivo.

E’ un dramma non condividere “come” puntellare questa parte di edificio.

De Marzo   

Riflessione di oggi

Ho riletto quel promemoria dopo 43 anni e mi sono convinto che il dr. Noce, a suo tempo, aveva capito che sull’efficacia del TIMS a Taranto avevo ragione io. Quando nel 1985 dalla Finsider gli chiesero di dare una mano alla manutenzione della Terni che era in grossissime difficoltà, indicò me, perché era certo che di quel TIMS avrei applicato solo la parte utile e realistica.

Io rimasi a Terni 4 anni (1985 – 1989) in qualità di capo di tutte le manutenzioni di area dello stabilimento, delle officine e dei servizi. Senza falsa modestia, i fatti dettero ragione a lui e a me.

In un tempo relativamente breve i bilanci della Terni tornarono in nero anche per merito della manutenzione nettamente migliorata. La Terni fu la prima società pubblica ad essere venduta bene all’epoca delle privatizzazioni.

(8. continua)

Biagio De MarzoFedermanager Taranto

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