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L'acciaieria
09 Febbraio 2025 - 09:00
L'Italsider negli anni '60
Configurazione e sviluppo del siderurgico
Il Siderurgico di Taranto ha dimensioni mostruose: oltre 1500 ettari, tre volte l’estensione della città, occupati dagli impianti del ciclo integrale siderurgico, in cui non manca nessun ramo dell’ingegneria industriale. Ne ho acquisito una buona conoscenza tecnica per le mansioni affidatemi, particolarmente in quelle sottese all’intero stabilimento (Ucm – Ufficio Centrale di Manutenzione, Ghi/Man - Manutenzione in area ghisa, Tims – Taranto Integrated Maintenance Systems, Tes – Ufficio Tecnico di Stabilimento, Direzione Generale Impianti).
Il primo impiego fu di capo dell’Ucm che faceva parte della branca tecnica della Direzione di Stabilimento. Tale ufficio aveva funzioni di indirizzo, consuntivazione e valutazione delle attività di manutenzione che venivano svolte nelle aree produttive, nelle officine centrali, nei servizi ausiliari, negli impianti marittimi e nei trasporti interni dello stabilimento.
Avevo con me una trentina di tecnici ciascuno dei quali era “referendario” manutentivo di singole aree di stabilimento (Servizi Marittimi, Aree Ghisa, Acciaio, Laminazione e Tubifici, Centrali elettriche, Servizi Tecnici (fluidi e aeriformi). Mi fu agevole così incamerare subito la prima conoscenza dell’intero stabilimento percorrendolo in tuta e scarponi, approfondita poi in occasione di singole vicende afferenti alle funzioni via via conferitemi.
Inquadramento e descrizione del sito.
Il Siderurgico è situato in un’area pianeggiante a nord-ovest rispetto alla città di Taranto e occupa un’area di circa 15 milioni di mq confinante verso sud con la S.S. Taranto-Grottaglie e con il rione Tamburi, verso nord con l’area di cava e quindi con il territorio poi appartenente al Comune di Statte, verso est con la strada provinciale Taranto- Statte e con l’area delle piccole imprese, verso ovest con la S.S Appia Taranto- Bari e con l’area industriale su cui insistono realtà produttive significative come la raffineria ENI ed il cementificio Cementir.
L’area ha subito un’evoluzione morfologica per effetto dell’adattamento delle quote preesistenti a quelle necessarie per le installazioni impiantistiche.
L’analisi stratigrafico-strutturale ha evidenziato la presenza di due unità acquifere principali situate a differenti profondità ed ha escluso la presenza di falde intermedie sospese. La superficie piezometrica è soggetta a continue variazioni di livello sia per cause naturali che artificiali. Esistono zone dove la soggiacenza della falda rispetto al piano campagna è di solo 2 – 4 m. per cui necessitano superfici impermeabilizzate artificialmente.
Il percorso del Siderurgico
Il Siderurgico, nato come “Quarto Centro Siderurgico Italsider di Taranto” nell’ambito della strategia di crescita delle Partecipazioni Statali, fu realizzato in tre fasi.
La prima fase, avviata il 9 luglio 1960 con la posa della prima pietra, ha visto ad ottobre 1961 l’inaugurazione della prima unità produttiva (Tubificio Longitudinale n° 1) e si è conclusa nel 1964 con impianti per una capacità produttiva di 3 milioni di tonnellate/anno di acciaio.
Con la seconda fase, conclusa nel 1970, si raggiunse una capacità produttiva di 4,5 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Con la terza fase, conclusa nel 1975, lo stabilimento raggiunse sostanzialmente l’assetto per una capacità produttiva di 10,5 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Il Siderurgico è stato di proprietà dello Stato (Gruppo IRI) fino al 28 aprile 1995, giorno in cui è entrato a far parte del Gruppo RIVA che successivamente ne ha integrato la gamma dei prodotti con l’inserimento di linee di verticalizzazione (elettrozincatura e zincatura a caldo).
Il Siderurgico acciaieria a ciclo integrale
Il Siderurgico è un’acciaieria a ciclo integrale, cioè uno stabilimento che produce acciaio partendo da minerali di ferro e fossili. I suoi impianti, concatenati in sequenza fino al prodotto finito, consentono il recupero di energia, componente fondamentale propria del processo a ciclo integrale. I gas di processo recuperati sono utilizzati per alimentare Centrali elettriche, Forni di riscaldo e Sistemi di preriscaldo aria. Anche la loppa, che è un prodotto di scarto dell’altoforno, può essere recuperata verso i cementifici come l’ex Cementir, adiacente al Siderurgico ma ormai in disuso.
Il Siderurgico è quindi impostato sull’integrazione dei processi produttivi e sul concatenamento dei cicli, da approvvigionamento delle materie prime fino a spedizione dei prodotti finiti.
L’impiantistica di base è la cosiddetta “area a caldo”, costituita da stoccaggio/preparazione materie prime, cokerie, impianti di agglomerazione minerale di ferro, altoforni, acciaierie a ossigeno e macchine di colata continua bramme. Le bramme vengono poi trasformate in coils, lamiere e tubi nei laminatoi e nei tubifici.
Due grandissime centrali elettriche, già di proprietà EDISON, producono energia elettrica e vapore, utilizzando anche gas di recupero di cokeria, altoforno e acciaieria. In otto fabbriche interne si producono e distribuiscono ossigeno e gas tecnici.
Agli impianti produttivi si associano i laboratori di elettronica ed automazione, le officine meccaniche ed elettriche, i servizi tecnici di stabilimento e i servizi generali. Completano lo stabilimento gli impianti del porto, di produzione calcare e calce, di distribuzione di energia elettrica e fluidi, di recupero ferroso, di smaltimento rifiuti in discarica. Il Siderurgico, primissima realtà per l’economia pugliese, è una risorsa strategica nazionale in posizione di assoluta centralità nel sistema industriale italiano. I suoi prodotti finiti sono destinati al mercato internazionale e ad ampi settori dell’industria metalmeccanica nazionale (automotive, costruzioni meccaniche, edili e ferroviarie, cantieristica, elettrodomestici, tubi).
Il Siderurgico è uno sterminato laboratorio di ingegneria industriale a 360°.
Impianti e cicli del Siderurgico fino all’Agglomerato
1. Discarica di materie prime da navi e stoccaggio nei parchi primari.
I minerali di ferro ed i carboni fossili, materie prime per la produzione dell’acciaio, arrivano a Taranto con navi da ormeggiare al 2° o al 4° sporgente/pontile, entrambi collegati allo stabilimento con propria linea di nastri trasportatori. Per la discarica dalle stive della nave si adoperano imponenti scaricatori con benne che si muovono sul rispettivo pontile. Ciascun scaricatore preleva dalle stive il materiale e lo scarica tramite propria tramoggia sul nastro trasportatore sotteso, che rappresenta la prima frazione della linea di nastri trasportatori che arriva in stabilimento nell’area dei parchi primari. Sulle due linee sono interposte apposite torri di giunzione. La linea nastri di maggiore capacità di trasporto è quella che parte dal 4° sporgente/pontile.
Il materiale giunto ai parchi primari (area complessiva di ca. 600.000 mq) è stoccato, in cumuli separati di fossili e minerali, con apposite enormi macchine (BM – Bivalente Materiale e BF - Bivalente Fossile) che provvedono anche alla ripresa del materiale da inviare agli impianti utilizzatori. Su quell’area, dalla nascita confinante con il quartiere Tamburi, sono stati montati recentissimamente 2 enormi capannoni imposti dall’AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale per la copertura dei parchi primari.
2. Produzione coke metallurgico
Il carbone fossile si trasforma in coke metallurgico in batterie di forni a coke messe in opera in tempi successivi e diverse tra loro sia per quantità di forni in ciascuna batteria che per altezza dei forni. Il processo di cokefazione è complesso, rigido e rigoroso e non consente “distrazioni” di alcun genere e men che meno di manutenzione, anche per evitare emissioni deleterie come il benzo(a)pirene. Le celle delle batterie sono apribili solo nella fase di sfornamento. Il gas di cokeria da distillazione viene depurato e avviato nella rete di distribuzione dotata di gasometro e torce di sicurezza e distribuite alle utenze termiche e alle centrali termoelettriche.
A fine distillazione, con macchina sfornatrice e macchina guida-coke a cavallo della cella da sfornare, il coke metallurgico incandescente fuoriesce dalla cella e viene spento nel carro di spegnimento con forti getti di acqua sotto apposite torri ed è inviato agli impianti di vagliatura coke per ottenere la pezzatura idonea alla carica in altoforno. La cella viene richiusa e caricata per un nuovo ciclo di cokefazione.
Il coke metallurgico è fondamentale in quanto, immesso nell’altoforno: a) sviluppa il gas riducente necessario alla trasformazione degli ossidi di ferro in ferro metallico; b) fornisce il carbonio necessario per la carburazione della ghisa e per la riduzione di alcuni elementi di lega; c) sostiene il peso del materiale caricato fino alla parte bassa dell’altoforno, essendo l’unico materiale che non fonde; d) fornisce il calore necessario alla fusione del minerale di ferro dell’agglomerato.
3. Produzione di agglomerato per altoforno
I minerali di ferro ripresi da parco per singola qualità e tipo, passano alla fase successiva in cui si forma un omogeneizzato (omo) come miscela di minerali, fondenti e recuperi. Ai cumuli omo, localizzati in prossimità dell’impianto di agglomerazione vera e propria (AGL), attingono apposite macchine che portano l’omo in AGL.
Omo, coke, calcare, calce e materiali di riciclo vengono miscelati in opportuni tamburi mescolatori dove avviene la modulazione ottimale della miscela di agglomerazione. Tale miscela viene quindi distribuita uniformemente sul nastro dì agglomerazione, formato da una serie semicircolare continua di carrelli a fondo grigliato collegati tra loro in maniera da essere pieni in andata e capovolti vuoti al ritorno.
Il processo di sinterizzazione parte con l’accensione superficiale della miscela al passaggio del nastro di agglomerazione sotto il fornetto di accensione e continua mediante l’aspirazione dell’aria dall’alto verso il basso fino al momento dell’arrivo nella “zona A” con i carrelli che si svuotano continuando il giro di ritorno capovolti fino all’arrivo alla “boa R” in cui i carrelli si raddrizzano, si riempiono di miscela e passano sotto il fornetto di accensione e via così. L’aspirazione dell’aria avviene per la depressione creata da apposite giranti per cui l’aria viene fatta permeare attraverso il letto di agglomerazione del nastro in modo da consentire la combustione del coke contenuto nella miscela e il relativo ammollimento del materiale in modo tale che le particelle fini si agglomerano. L’aria che permea attraverso il letto di agglomerazione, prima di essere convogliata in atmosfera, viene depolverata attraverso un primo sistema di elettrofiltri tradizionali e quindi attraverso un sistema di elettrofiltri avanzati MEEP (Moving Electrode Electrostatic Precipitator) e poi immessa in atmosfera dal famigerato camino E 312.
L’agglomerato prodotto viene quindi scaricato in un rompizolle costituito da un dispositivo rotante dotato di elementi stellari frantumatori, dove si ha la frantumazione dei grossi blocchi di agglomerato. L’agglomerato caldo perviene in un raffreddatore rotante di tipo circolare in cui viene raffreddato con un forte vento d’aria. L’agglomerato, in uscita dal raffreddatore rotante, viene frantumato e vagliato a freddo per ottenere la pezzatura idonea alla carica in altoforno. Agli inizi nel Siderurgico c’era solo AGL/1, chiuso quando il nuovo AGL/2 si dimostrò capace di produrre da solo l’agglomerato necessario per il massimo di produzione/anno di acciaio.
Configurazione e sviluppo del siderurgico
Il Siderurgico di Taranto ha dimensioni mostruose: oltre 1500 ettari, tre volte l’estensione della città, occupati dagli impianti del ciclo integrale siderurgico, in cui non manca nessun ramo dell’ingegneria industriale. Ne ho acquisito una buona conoscenza tecnica per le mansioni affidatemi, particolarmente in quelle sottese all’intero stabilimento (Ucm – Ufficio Centrale di Manutenzione, Ghi/Man - Manutenzione in area ghisa, Tims – Taranto Integrated Maintenance Systems, Tes – Ufficio Tecnico di Stabilimento, Direzione Generale Impianti).
Il primo impiego fu di capo dell’Ucm che faceva parte della branca tecnica della Direzione di Stabilimento. Tale ufficio aveva funzioni di indirizzo, consuntivazione e valutazione delle attività di manutenzione che venivano svolte nelle aree produttive, nelle officine centrali, nei servizi ausiliari, negli impianti marittimi e nei trasporti interni dello stabilimento.
Avevo con me una trentina di tecnici ciascuno dei quali era “referendario” manutentivo di singole aree di stabilimento (Servizi Marittimi, Aree Ghisa, Acciaio, Laminazione e Tubifici, Centrali elettriche, Servizi Tecnici (fluidi e aeriformi). Mi fu agevole così incamerare subito la prima conoscenza dell’intero stabilimento percorrendolo in tuta e scarponi, approfondita poi in occasione di singole vicende afferenti alle funzioni via via conferitemi.
Inquadramento e descrizione del sito.
Il Siderurgico è situato in un’area pianeggiante a nord-ovest rispetto alla città di Taranto e occupa un’area di circa 15 milioni di mq confinante verso sud con la S.S. Taranto-Grottaglie e con il rione Tamburi, verso nord con l’area di cava e quindi con il territorio poi appartenente al Comune di Statte, verso est con la strada provinciale Taranto- Statte e con l’area delle piccole imprese, verso ovest con la S.S Appia Taranto- Bari e con l’area industriale su cui insistono realtà produttive significative come la raffineria ENI ed il cementificio Cementir.
L’area ha subito un’evoluzione morfologica per effetto dell’adattamento delle quote preesistenti a quelle necessarie per le installazioni impiantistiche.
L’analisi stratigrafico-strutturale ha evidenziato la presenza di due unità acquifere principali situate a differenti profondità ed ha escluso la presenza di falde intermedie sospese. La superficie piezometrica è soggetta a continue variazioni di livello sia per cause naturali che artificiali. Esistono zone dove la soggiacenza della falda rispetto al piano campagna è di solo 2 – 4 m. per cui necessitano superfici impermeabilizzate artificialmente.
Il percorso del Siderurgico
Il Siderurgico, nato come “Quarto Centro Siderurgico Italsider di Taranto” nell’ambito della strategia di crescita delle Partecipazioni Statali, fu realizzato in tre fasi.
La prima fase, avviata il 9 luglio 1960 con la posa della prima pietra, ha visto ad ottobre 1961 l’inaugurazione della prima unità produttiva (Tubificio Longitudinale n° 1) e si è conclusa nel 1964 con impianti per una capacità produttiva di 3 milioni di tonnellate/anno di acciaio.
Con la seconda fase, conclusa nel 1970, si raggiunse una capacità produttiva di 4,5 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Con la terza fase, conclusa nel 1975, lo stabilimento raggiunse sostanzialmente l’assetto per una capacità produttiva di 10,5 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Il Siderurgico è stato di proprietà dello Stato (Gruppo IRI) fino al 28 aprile 1995, giorno in cui è entrato a far parte del Gruppo RIVA che successivamente ne ha integrato la gamma dei prodotti con l’inserimento di linee di verticalizzazione (elettrozincatura e zincatura a caldo).
Il Siderurgico acciaieria a ciclo integrale
Il Siderurgico è un’acciaieria a ciclo integrale, cioè uno stabilimento che produce acciaio partendo da minerali di ferro e fossili. I suoi impianti, concatenati in sequenza fino al prodotto finito, consentono il recupero di energia, componente fondamentale propria del processo a ciclo integrale. I gas di processo recuperati sono utilizzati per alimentare Centrali elettriche, Forni di riscaldo e Sistemi di preriscaldo aria. Anche la loppa, che è un prodotto di scarto dell’altoforno, può essere recuperata verso i cementifici come l’ex Cementir, adiacente al Siderurgico ma ormai in disuso.
Il Siderurgico è quindi impostato sull’integrazione dei processi produttivi e sul concatenamento dei cicli, da approvvigionamento delle materie prime fino a spedizione dei prodotti finiti.
L’impiantistica di base è la cosiddetta “area a caldo”, costituita da stoccaggio/preparazione materie prime, cokerie, impianti di agglomerazione minerale di ferro, altoforni, acciaierie a ossigeno e macchine di colata continua bramme. Le bramme vengono poi trasformate in coils, lamiere e tubi nei laminatoi e nei tubifici.
Due grandissime centrali elettriche, già di proprietà EDISON, producono energia elettrica e vapore, utilizzando anche gas di recupero di cokeria, altoforno e acciaieria. In otto fabbriche interne si producono e distribuiscono ossigeno e gas tecnici.
Agli impianti produttivi si associano i laboratori di elettronica ed automazione, le officine meccaniche ed elettriche, i servizi tecnici di stabilimento e i servizi generali. Completano lo stabilimento gli impianti del porto, di produzione calcare e calce, di distribuzione di energia elettrica e fluidi, di recupero ferroso, di smaltimento rifiuti in discarica. Il Siderurgico, primissima realtà per l’economia pugliese, è una risorsa strategica nazionale in posizione di assoluta centralità nel sistema industriale italiano. I suoi prodotti finiti sono destinati al mercato internazionale e ad ampi settori dell’industria metalmeccanica nazionale (automotive, costruzioni meccaniche, edili e ferroviarie, cantieristica, elettrodomestici, tubi).
Il Siderurgico è uno sterminato laboratorio di ingegneria industriale a 360°.
Impianti e cicli del Siderurgico fino all’Agglomerato
1. Discarica di materie prime da navi e stoccaggio nei parchi primari.
I minerali di ferro ed i carboni fossili, materie prime per la produzione dell’acciaio, arrivano a Taranto con navi da ormeggiare al 2° o al 4° sporgente/pontile, entrambi collegati allo stabilimento con propria linea di nastri trasportatori. Per la discarica dalle stive della nave si adoperano imponenti scaricatori con benne che si muovono sul rispettivo pontile. Ciascun scaricatore preleva dalle stive il materiale e lo scarica tramite propria tramoggia sul nastro trasportatore sotteso, che rappresenta la prima frazione della linea di nastri trasportatori che arriva in stabilimento nell’area dei parchi primari. Sulle due linee sono interposte apposite torri di giunzione. La linea nastri di maggiore capacità di trasporto è quella che parte dal 4° sporgente/pontile.
Il materiale giunto ai parchi primari (area complessiva di ca. 600.000 mq) è stoccato, in cumuli separati di fossili e minerali, con apposite enormi macchine (BM – Bivalente Materiale e BF - Bivalente Fossile) che provvedono anche alla ripresa del materiale da inviare agli impianti utilizzatori. Su quell’area, dalla nascita confinante con il quartiere Tamburi, sono stati montati recentissimamente 2 enormi capannoni imposti dall’AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale per la copertura dei parchi primari.
2. Produzione coke metallurgico
Il carbone fossile si trasforma in coke metallurgico in batterie di forni a coke messe in opera in tempi successivi e diverse tra loro sia per quantità di forni in ciascuna batteria che per altezza dei forni. Il processo di cokefazione è complesso, rigido e rigoroso e non consente “distrazioni” di alcun genere e men che meno di manutenzione, anche per evitare emissioni deleterie come il benzo(a)pirene. Le celle delle batterie sono apribili solo nella fase di sfornamento. Il gas di cokeria da distillazione viene depurato e avviato nella rete di distribuzione dotata di gasometro e torce di sicurezza e distribuite alle utenze termiche e alle centrali termoelettriche.
A fine distillazione, con macchina sfornatrice e macchina guida-coke a cavallo della cella da sfornare, il coke metallurgico incandescente fuoriesce dalla cella e viene spento nel carro di spegnimento con forti getti di acqua sotto apposite torri ed è inviato agli impianti di vagliatura coke per ottenere la pezzatura idonea alla carica in altoforno. La cella viene richiusa e caricata per un nuovo ciclo di cokefazione.
Il coke metallurgico è fondamentale in quanto, immesso nell’altoforno: a) sviluppa il gas riducente necessario alla trasformazione degli ossidi di ferro in ferro metallico; b) fornisce il carbonio necessario per la carburazione della ghisa e per la riduzione di alcuni elementi di lega; c) sostiene il peso del materiale caricato fino alla parte bassa dell’altoforno, essendo l’unico materiale che non fonde; d) fornisce il calore necessario alla fusione del minerale di ferro dell’agglomerato.
3. Produzione di agglomerato per altoforno
I minerali di ferro ripresi da parco per singola qualità e tipo, passano alla fase successiva in cui si forma un omogeneizzato (omo) come miscela di minerali, fondenti e recuperi. Ai cumuli omo, localizzati in prossimità dell’impianto di agglomerazione vera e propria (AGL), attingono apposite macchine che portano l’omo in AGL.
Omo, coke, calcare, calce e materiali di riciclo vengono miscelati in opportuni tamburi mescolatori dove avviene la modulazione ottimale della miscela di agglomerazione. Tale miscela viene quindi distribuita uniformemente sul nastro dì agglomerazione, formato da una serie semicircolare continua di carrelli a fondo grigliato collegati tra loro in maniera da essere pieni in andata e capovolti vuoti al ritorno.
Il processo di sinterizzazione parte con l’accensione superficiale della miscela al passaggio del nastro di agglomerazione sotto il fornetto di accensione e continua mediante l’aspirazione dell’aria dall’alto verso il basso fino al momento dell’arrivo nella “zona A” con i carrelli che si svuotano continuando il giro di ritorno capovolti fino all’arrivo alla “boa R” in cui i carrelli si raddrizzano, si riempiono di miscela e passano sotto il fornetto di accensione e via così. L’aspirazione dell’aria avviene per la depressione creata da apposite giranti per cui l’aria viene fatta permeare attraverso il letto di agglomerazione del nastro in modo da consentire la combustione del coke contenuto nella miscela e il relativo ammollimento del materiale in modo tale che le particelle fini si agglomerano. L’aria che permea attraverso il letto di agglomerazione, prima di essere convogliata in atmosfera, viene depolverata attraverso un primo sistema di elettrofiltri tradizionali e quindi attraverso un sistema di elettrofiltri avanzati MEEP (Moving Electrode Electrostatic Precipitator) e poi immessa in atmosfera dal famigerato camino E 312.
L’agglomerato prodotto viene quindi scaricato in un rompizolle costituito da un dispositivo rotante dotato di elementi stellari frantumatori, dove si ha la frantumazione dei grossi blocchi di agglomerato. L’agglomerato caldo perviene in un raffreddatore rotante di tipo circolare in cui viene raffreddato con un forte vento d’aria. L’agglomerato, in uscita dal raffreddatore rotante, viene frantumato e vagliato a freddo per ottenere la pezzatura idonea alla carica in altoforno. Agli inizi nel Siderurgico c’era solo AGL/1, chiuso quando il nuovo AGL/2 si dimostrò capace di produrre da solo l’agglomerato necessario per il massimo di produzione/anno di acciaio.
ing. Biagio De Marzo - Federmanager
(continua)
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