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L'analisi

Taranto silente tra povertà, debiti insolvibili e il classico "ce me ne futte a me"

Dopo gli avvisi bonari della Corte dei conti con i rilievi al bilancio, si teme il tracollo con la sentenza sui debiti nei confronti degli istituti di credito

l'aula del consiglio comunale di Taranto

L'aula del consiglio comunale di Taranto

TARANTO - La ciliegina sulla torta ce l'ha messa la Corte dei conti. la Sezione regionale di controllo si è espressa  sui rendiconti 2021, 2022 e 2023 secondo le linee guida approvate dalla Sezione delle autonomie, evidenziando "le criticità" la determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità; la scarsa capacità di riscossione delle entrate,la elevata vetustà e consistenza dei residui attivi; la presenza di numerosi debiti fuori bilancio, e nota particolarmente dolente, il valore delle cause pendenti con il rischio di soccombenza stimato, per gran parte dei contenziosi, in misura pari al 100%.

In particolare quello  che oppone il Comune di Taranto all’istituto di credito Intesa Sanpaolo S.p.A. (subentrato a Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo - BIIS) di  € 450.000.000,00, rilevando un   accantonamento, pari a € 40.000.000,00 che la corte dei conti considera assolutamente insufficiente. Contenzioso per il quale è pendente il giudizio presso  la Corte di Appello di Lecce, a seguito del rinvio disposto dalla Corte di Cassazione.

Altrettanto allarmante la situazione relativa alle perdite delle società partecipate per le quali il Collegio evidenzia  una scarsa capacità di riscossione complessiva effettiva  delle entrate previste a preventivo che  non può considerarsi risolutiva in una prospettiva di lungo periodo e comunque atta a consentire una programmazione delle spese volta ad approntare le necessarie misure per soddisfare i bisogni della collettività. Trentotto pagine di dubbi, rilievi e raccomandazioni che in pochi avranno provato a capire: alcuni impegnati a ridimensionarne il significato, altri ansiosi di trovare, tra le riga, la parola magica: dissesto, forse ignorandone la procedura e comunque è evidente e inconfutabile che la città è "con le pezze al culo".

Il giorno dopo la corsa agli scranni, la città si risveglia, è solo un modo di dire, con i suoi problemi irrisolti.

I lavoratori, quei pochi che restano con le loro famiglie, un presente drammatico, un futuro fosco e tragico. Pare che questa città viva in un oblio di noncuranza e approssimazione. Eppure avrebbero dovuto essere i temi veri su cui confrontarsi e decidere il da farsi in due competizioni elettorali che hanno eletto l'assise comunale e quella regionale. Non solo per decidere da chi farci rappresentare ma soprattutto cosa fare...

Le Istituzioni, la politica che li rappresenta, a questo servono e ci sono momenti in cui la dialettica per quanto vivace deve misurarsi con la complessità, con quel pensiero nuovo che deve cogliere le diverse posizioni e la sintesi condivisa migliore: un patto per Taranto.

Il Sindaco richiama alla lealtà del programma della maggioranza che lo ha espresso. E' scontato che chieda coerenza, sempre che quel programma abbia saputo esprimere una visione, le scelte conseguenti e soprattutto le ricadute che non possono essere vaghe, generiche e prescindenti dalle bollette e i mutui da pagare, e quel che ogni giorno si deve pur mettere a tavola...

Si può sognare, volare alto, come diceva un mio amico sindaco, ma a terra resta sempre qualcuno, nel nostro caso più di qualcuno, che il volo non riesce a spiccarlo e che rischia di andare a sbattere.

Nel nostro caso a differenza di Genova, non sono un migliaio di lavoratori in una realtà dinamica e produttiva, ma diverse decine di migliaia che andranno con la loro precarietà, ma sarebbe giusto chiamarla  povertà per tenere anche noi i piedi per terra, ad appesantire irreversibilmente la condizione economica e sociale della nostra terra. Quand'anche il governo dovesse assicurare gli ammortizzatori sociali sempre improduttivi e assistiti resteremo.

E' un problema che non riguarda solo i metalmeccanici. Nessuno pensi di farla franca, perchè quando i soldi mancano e non girano e tutta l'economia a risentirne. Riprenderemo a lagnarci dei figli che ci lasciano, si allontanano, vanno altrove per vivere, invecchiando sempre di più quel poco che resta.

Non sono pessimista. Sono incazzato del "ce me ne futte a me" che purtroppo rappresenta il nostro deleterio fatalismo.

Serve una scossa per risvegliare ciò che resta fra i due mari se davvero Taranto non vuole morire.

Serve far capire al Governo che questa città non si arrende ad essere emarginata. Serve un Ministro diverso da quello che non avendo capito niente, non ci fa capire niente, in tanti incontri inutili e persino dannosi che servono solo ad alimentare incertezza. Perchè Giorgia Meloni, così interventista in altri casi, si tiene lontana?

Serve un piano di politica industriale per la siderurgia che non può essere affidato a fantomatici privati. Taranto ha scelto la decarbonizzazione e può ancora esserne la capitale con tutto quello che comporta per alimentare i forni con il gas e il preridotto puntando nel contempo alla innovazione che può essere pensata, formata, agevolata dal polo tecnologico. Non siamo mai riusciti a implementare la filiera della trasformazione dell'acciaio, se oggi perdiamo anche la produzione è la fine. Se la manteniamo forse questa città potrebbe essere garantita dal governo per dilazionare la massa debitoria ed evitare un ulteriore dissesto.

 

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