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La riflessione
13 Ottobre 2024 - 06:00
Le due sculture: una in Piazza Fontana, l'altra in Pizza Castello
Ci sono immagini che, senza uso di altre parole, sono la perfetta fotografia delle contraddizioni di una città. Se queste immagini vengono accoppiate, il contrasto appare così netto da destare sincero imbarazzo.
Da una parte abbiamo Piazza Fontana, luogo storico della Città Vecchia rimodulato dalla scultura di Nicola Carrino, artista tarantino di riconosciuto valore internazionale nella sfera dell’arte contemporanea. Dall’altra abbiamo una statua femminile dedicata a Lisea, vergine tarantina che per sfuggire alle brutalità dei romani invasori preferì lanciarsi dal tempio dedicato a Minerva. Un manufatto, quella figura femminile, opera di un artigiano con l’hobby della scultura.
Ora, proprio negli stessi giorni, la scultura di Carrino - al di là del gusto soggettivo è uno dei pochi significativi esempi di arte del Novecento a Taranto, insieme alla Concattedrale di Gio Ponti e al mosaico di Ferruccio Ferrazzi nella chiesa di Sant’Antonio - è stata sfregiata da scritte spray che ne hanno deturpato i moduli «costruttivi» tipici della sua opera. Al contrario, Lisea è stata abbellita - si fa per dire - con inserti cromatici che hanno “vivacizzato” anche le sirene posate sugli scogli del Mar Grande, anch’esse opere dell’artigiano di cui sopra. È il contrasto stridente di una città che denuncia, anche attraverso questi gesti e queste operazioni, il suo mesto declino culturale: si disconosce il valore di un’opera d’arte e si esalta una statua - rifacimento di una precedente, sempre dello stesso autore, che l’ironia popolare aveva ribattezzato “Cinzella”, benefattrice di adolescenti e militari alla ricerca di momenti di particolare relax - frutto di quello spontaneismo “artistico” che a Taranto ha sempre incontrato comoda accoglienza, complice una politica di basso profilo che alla responsabilità di guidare la città verso prospettive culturali più alte ha sempre preferito adagiarsi su queste imbarazzanti proposte pur di raccattare facile consenso. Situazione che si sta ripetendo con la proposta di un momumento alle vittime dell’inquinamento. Proposta proveniente da una associazione che ha già scelto autore, soggetto e persino luogo dove collocare l’opera. Con il consiglio comunale che ha votato all’unanimità la proposta pur di non rischiare impopolarità e ingraziarsi le simpatie dei proponenti. Ovviamente a nessuno è venuto in mente di ascoltare il parere di esperti qualificati o di bandire un concorso di idee aperto ai più grandi scultori internazionali o ancora di aprire una riflessione sul significato di un momunento pubblico e sul contesto sociale e paesaggistico nel quale verrebbe eventualmente collocato. Nulla di tutto questo, troppo complicato per una politica che si muove su orizzonti decisamente più modesti. Sarebbe bastato un pizzico di buonsenso e senza pretendere di conoscere il pensiero di Giulio Carlo Argan, per il quale nemmeno un sindaco di sua esclusiva iniziativa può decidere di mettere un monumento da qualche parte a suo piacere, senza alcun rispetto per il valore degli spazi pubblici e senza alcuna cognizione di cosa sia l’arte pubblica.
A Taranto si preferisce ergere a monumento pubblico ogni spontanea iniziativa con presunzione artistica, esaltate come se si trattasse di opere michelangiolesche. Teniamoci allora gli sfregi a Carrino e godiamoci gli sbuffi cromatici di Cinzella e delle sue amiche sirenette (altro mestiere ma pur sempre seduttrici): è la tristezza di una città che non riesce ad alzare lo sguardo.
Ps: a dire il vero non si capisce neppure perché una santa Maria Goretti ante litteram venga rappresentata in pose più consone a ben altre figure femminili.
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