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Il caso

«L'arte è una cosa seria, fermiamo l'improvvisazione»

Il dibattito aperto dal nostro giornale sull'opera che si vorrebbe realizzare per ricordare le vittime dell'inquinamento

Un monumento alle vittime dell’inquinamento

Il bozzetto del monumento che si vorrebbe realizzare

Il dibattito aperto dal nostro giornale a proposito dell'opera che l'associazione "Genitori tarantini" vorrebbe dedicare  alle vittime dell'inquinamento. Oggi ospitiamo l'intervento di Silvano Trevisani, giornalista, scrittore e critico d'arte.

Condivido pienamente l'editoriale di Enzo Ferrari “Un monumento alla visione cimiteriale della città”.

Taranto forse è l'unica città italiana nella quale ci si può svegliare con l'idea di essere artisti e realizzare un'opera nel centro cittadino, anche (come avvenuto in passato) senza atti deliberativi e senza autorizzazioni della soprintendenza. Taranto non ha mai avuto un rapporto facile con l'arte e, siccome col passare del tempo le cose sono peggiorate, ne ha sempre avuto uno pessimo con l'arte contemporanea.

Dobbiamo sottolineare, infatti, che le opere artistiche-architettoniche più importanti presenti nella città le ha realizzate la Chiesa e trovano nella Concattedrale Gran Madre di Dio di Gio Ponti e nel maestoso e poco valorizzato mosaico di Ferruccio Ferrazzi di Sant'Antonio, i punti di maggiore consistenza, ma non unici. L'unico intervento importante di natura “laica” è la piazza Fontana ideata di Nicola Carrino, uno dei più grandi artisti del Novecento, ma sempre mal digerita e mal tenuta da amministrazioni e concittadini. Del resto, un'altra sua opera d'arte, la grande ellissi realizzata per la Scuola edile, fu ridipinta in giallo (forse ne ignoravano l'autore) cioè dello stesso colore della cancellata, mentre un'altra, sulla “Ringhiera” è sparita!

Prima di dilettarci nel prendere in considerazione il panorama urbano, dobbiamo fare un po' di storia e ricordare come la città abbia rifiutato interventi preziosi, come il progetto di Giò Pomodoro, questo sì uno dei più grandi artisti contemporanei, per la sistemazione di piazza Castello, e come abbia deciso di non realizzare il monumento a Paisiello, il cui concorso internazionale, l'unico svoltosi a Taranto, fu vinto, inutilmente, da un altro grande: Nino Franchina. Di cui si parlerà nei prossimi giorni.

Invece, si è lasciato che un ammiraglio, pur benemerito, collocasse su corso due Mari, un monumento, realizzato da uno scultore pressoché sconosciuto, Bosio, pur entrato ormai nel panorama immaginifico di Taranto. Si è consentito a una artista non certo presente sui manuali di storia dell'arte di decorare, con un lavoro discutibile, la palestra che si affaccia sulla ringhiera. Ma ben altro si è consentito, senza che mai nessuno, neppure la soprintendenza intervenisse: come la collocazione di statue non solo di dubbio valore artistico ma persino di dubbia fattura, o di scolpire scogli che sarebbero proprietà demaniale, o collocare fontane in giardini pubblici, per il solo fatto che qualcuno le ha donate, o di ospitare cosiddetti monumenti, a volta pagati altre no!

Molte delle collocazioni sono illegittime, perché mai deliberate o autorizzare.

Ma a Taranto è da sempre del tutto assente, quando non rimossa, una programmazione sia di arredo urbano che di cultura, tutto viene lasciato all'improvvisazione mentre la scarsa attrezzatura culturale degli amministratori che si sono avvicendati ha consentito di prendere per arte dilettantesche improvvisazioni. Lo spontaneismo domina incontrastato e quasi tutte le opere sono di scarso valore, al di là del “gusto”, e perciò  mai riscontrabili in pubblicazioni d'arte e architettura, come avviene del resto per i loro autori, volenterosi magari, a volte presuntuosi, cui basta il benvolere o l'ignoranza di amministratori e gente che conta per arrogarsi il diritto di lasciare propri segni nella città. Taranto è probabilmente l'unica città italiana nella quale questa sorta di spontaneistico trasforma l'arredo urbano e la presenza di segni artistici in una selva di segni inappropriati, spesso brutti, a volte insignificanti, comunque non in linea con l'andamento urbanistico di una città dal passato glorioso, ma dal presente modesto. Comunque sempre (o quasi) illegali.

Di solito, tutte le amministrazioni che si rispettino nominano commissioni di esperti di comprovata professionalità per giungere a votare un atto deliberativo che legittimi la realizzazione, allo stesso modo in cui nessuna amministrazione che si rispetti affiderebbero l'analisi dell'inquinamento agli spazzacamini o la sanità pubblica ai callisti. Perché non si adotta lo stesso metro con l'arte?

In un passato recente ci siamo impegnati per sventare un intervento realizzato da un sedicente scultore, del quale non abbiamo trovato notizie in alcuna pubblicazione, che affermava (in alcune interviste giornalistiche) di essersi svegliato una mattina con un'idea, di essere andato al Comune e di aver avuto il permesso di realizzare e collocare nella centralissima piazza Garibaldi un artistico gazebo. Lo ricordate? Dell'autore, E. M., mai avevamo mai avuto occasione di ammirare sue mostre significative.

Si trattava di un gazebo destinato a ospitare mostre di giovani artisti. Ma una rapida occhiata alla struttura, di fattura indefinibile, al di là della soggettività del gusto, mostrava chiaramente che non era assolutamente adatta a uno scopo del genere.

Per fortuna, dopo numerose prese di posizione, il gazebo scomparve. Ma non siamo stati sempre così fortunati.

Ci limitiamo a citare: il discutibile monumento ai mutilati del lavoro, il delfino dei Giardini Virgilio, il carabiniere ...senza fischietto (il cui autore era pure un mio amico!), la grande tela del forzuto incatenato che fa mostra di sé a Palazzo di città...

Ma bisogna anche essere prudenti nel parlare! Lo sottolineerà certo questo concetto Mario Guadagnolo che, per aver definito da sindaco una “autentica ca...” la scultura che un'associazione voleva imporre in città, fu querelato e dovette anche subire un'inchiesta che, naturalmente, lo vide completamente scagionato.

Ora si parla di un nuovo, enorme monumento, che si vorrebbe collocare in Città vecchia per le vittime dell'inquinamento. E si cita uno scultore di fama internazionale. (Artista che per altro, essendomi occupato da sempre di arte, conosco personalmente). Ma si fa presto a sbandierare titoli e fama quando ci si rivolge a un pubblico sprovveduto che non ha un bagaglio culturale adeguato per giudicare: sancire la validità di un progetto “a priori” - al di là delle motivazioni che possono essere le migliori - è sbagliato.

Come per tutte le attività che si rispettino, la progettualità artistica dovrebbe essere affidata a una commissione di esperti altamente qualificati, dal curriculum inequivocabile, in grado di valutare e orientare le scelte politiche. Dovrebbe essere poi avallata da un provvedimento motivato della soprintendenza ai Beni culturali.

La qualità dell’opera di un artista, il suo curriculum, l’esperienza nell’ambito della scultura monumentale e quindi pubblica: sono tutti aspetti che andrebbero valutati da un comitato di addetti ai lavori formato da critici d’arte, architetti, urbanisti. E non conta affatto neppure disporre, come è accaduto anche in passato, di risorse private per far fronte ai costi, sollevandone la pubblica amministrazione.

E invece a Taranto si agisce con estrema leggerezza. A tutti i livelli. L'arte è una cosa seria e non si possono certo inventare monumenti, rassegne internazionali, strutture culturali affidandosi ad amici e persone che si stimano, anche se animate da buone intenzioni, che non abbiano un curriculum consolidato e una visibilità internazionale. Forse bisognerebbe intendersi sul concetto di cultura, che non è profluvio di eventi. E cos'è? Basta consultare un dizionario per capirlo!

Silvano Trevisani

 

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