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Il caso

«Ma quella non è un'opera cimiteriale»

L'associazione "Genitori tarantini" replica al nostro giornale a proposito del monumento alle vittime dell'inquinamento

Un monumento alle vittime dell’inquinamento

La proposta di monumento alle vittime dell’inquinamento

Dall'associaizone "Genitori tarantini" riceviamo e pubblichiamo

Egregio dott. Enzo Ferrari,

nella normale dialettica democratica, ci consenta una replica a quanto da lei affermato in un recente intervento sulla sua testata giornalistica.

L’articolo in questione riguarda, naturalmente, il monumento dedicato alle giovani vittime dell’inquinamento industriale.

Intanto, ci consenta di essere d’accordo con lei su un punto: il provincialismo culturale, male assoluto per un territorio con una “Storia” così importante, è stato un freno per lo sviluppo delle menti di tanti tarantini, affascinati da quelle che lei definisce, a giusta ragione, “imbarazzanti prove artistiche”.

Anche il monumento al grande Giovanni Paisiello, come possiamo vederlo oggi, racconta poco e niente dell’immenso patrimonio culturale regalato dal nostro compositore più illustre. Senza ombra di dubbio, il progetto di Nino Franchina avrebbe contribuito a riconoscere a Paisiello l’importanza della sua musica.

Anche l’incuria dedicata alle opere contemporanee più importanti presenti nella nostra città descrive meglio di ogni altra cosa la grettezza culturale nella quale il tarantino è costretto a vivere, impotente in quanto non adeguatamente formato al bello.

Ciò premesso, veniamo al punto: il monumento dedicato alle giovani vittime dell’inquinamento industriale.

L’idea, forse eccessiva o forse pretenziosa, è di dedicarlo alle giovani vittime dell’intero pianeta, tenendo conto del fatto che Taranto, per questo particolare tema, si può considerare una capitale, purtroppo.

Non concordiamo sul fatto che, secondo la sua personale visione, l’opera rechi in sé “un’idea cimiteriale e grondante di luoghi comuni”. “Didascalica”, forse sì, come dovrebbe essere ogni rappresentazione che tratti particolari situazioni. E piena di simboli, come dovrebbe essere ogni opera che si erga a monito per le future generazioni di adulti.

Come in un racconto scritto, leggendo l’opera da sinistra verso destra gli occhi si posano su un enorme cerchio invaso, in alto, dai fumi di una ciminiera che hanno giusto in quel momento spezzato una corda di un’altalena (simbolo del gioco negato ai bambini, ma anche di giovani vite “spezzate”). Quel cerchio rappresenta il mondo (non quello geografico, direttore, ma quello dell’economia a tutti i costi che consente ai paesi ricchi, quelli dei tanti Nord industriali e faccendieri di calpestare i diritti dei paesi più poveri, considerati i Sud del mondo).

La figura centrale del racconto è una donna con un infante in braccio (una mamma o la terra madre di ogni popolo del mondo sacrificabile sull’altare del profitto, ogni popolo che vive -o, più probabilmente, muore- in ogni “zona di sacrificio” creata dalla collusione tra governi e imprese, come Taranto, per esempio). Questa donna scaccia, spinge via, rimanda al mittente le fonti inquinanti. Difende i propri figli!

Dietro di lei, il mondo nuovo, quello libero dai veleni, quello che permette ai fanciulli di giocare e di crescere in salute e in un ambiente salubre per diventare in futuro uomini responsabili che sappiano prendersi cura delle future giovani generazioni.

Un’ultima considerazione: la scelta del luogo su cui installare la scultura (in bronzo su basamento in pietra, perché l’opera non dovrà essere inquinata da neppure un milligrammo di acciaio) non è casuale, in quanto alle spalle del monumento si dovranno intravedere le ciminiere, quelle vere, dell’acciaieria che, e questa è la nostra speranza, saranno definitivamente andate in pensione.

Questa è un’opera che parla di lotta e di vita, direttore! Questo è un inno alla vita!

Cosa ritrovi lei di tanto “cimiteriale” o quali “luoghi comuni” riesca a percepire resterà per noi un mistero, pur considerando le personali interpretazioni che un’opera d’arte può stimolare in ognuno di noi. In quale parte dell’opera lei rileva autocommiserazione?

Tenga in considerazione che quello presentato è solo uno dei tanti bozzetti prodotti dalla sensibilissima mente del maestro Carmelo Conte. A questo proposito, avevamo pensato a un concorso internazionale di idee (tenga conto che l’idea del monumento ha compiuto ormai cinque anni e mezzo), ma, francamente, l’associazione non poteva assolutamente sostenere il peso economico di tale passaggio. Poi, come la vita ci insegna, si fanno degli incontri, a volte casuali, altre volte indirizzati. Il maestro Carmelo Conte è scultore di fama internazionale, quanto di più lontano dal provincialismo da lei paventato. La sensibilità di questo artista ci ha affascinati più di quanto il cuore stesso potesse consentirci. “È la persona giusta”, ci siamo detti e tanto è bastato, almeno a noi.

Infine, visti i materiali da utilizzare e le dimensioni, il costo dell’opera sarà importante. Per questa ragione, tantissimi cittadini, non solo di Taranto, ci stanno inviando contributi, quindi approfittiamo per chiedere anche a lei, direttore, di fare la sua parte, qualora lo volesse.

Nella speranza di vedere pubblicata questa nostra replica, la ringraziamo per l’attenzione.

Associazione Genitori tarantini

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