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Il caso

«Opera inopportuna e non solo per questioni artistiche»

Il dibattito sul monumento proposto per ricordare le vittime dell'inquinamento

Un monumento alle vittime dell’inquinamento

Il bozzetto del monumento che si vorrebbe dedicare alle vittime dell’inquinamento

Il dibattito aperto dal nostro giornale sul monumento proposto dall'associazione "Genitori tarantini" per ricordare le giovani vittime dell'inquinamento. Ospitiamo l'intervento di Pasquale Vadalà, opinionista, scrittore e poeta.
Ho letto con interesse, sostanzialmente concordando, gli interventi di Aldo Perrone e Silvano Trevisani sul futuro monumento pubblico dedicato alle giovani vittime dell’inquinamento. I quali hanno ben delineato l’idea razionale per cui non si possa decidere la costruzione di un’opera d’arte su suolo pubblico senza una commissione di esperti e, aggiungerei, la partecipazione importante della popolazione che quel monumento dovrà "godersi" in ogni ora della sua quotidianità. Magari proponendo un referendum con più opzioni fra cui decidere, o soggetti che dir si voglia. Spezzerei infine una lancia a favore degli ormai celebri "Marinai": nonostante la ridotta notorietà dell’autore hanno un che di "Futurismo" mai troppo spiaciuto ad alcuno, almeno che ricordi. Ma ciò semmai dimostrerebbe che, talvolta, si può "aver culo": andare avanti sperando di averne sempre, o anche solo spesso, è invece autolesionismo. Come i numerosi esempi addotti dai succitati hanno chiarito, al di là di ogni ragionevole dubbio.
Ma non è solo per questo che l’idea del monumento in questione mi pare così inopportuna. È il senso proprio della cosa, insomma il suo significato intrinseco ed ancor più quello che si potrebbe emotivamente attribuirle, che trovo inquietante. Per di più in netto contrasto con gli intendimenti e gli scopi, dichiarati così spesso da divenir retorici, della medesima guida politica amministrativa di Taranto che oggi avalla l'opera nell'assise comunale.

La questione dei danni alla salute determinati dall’inquinamento – e per esso intendiamo in primis quello prodotto dalla più grande acciaieria dell’Occidente, seppur non il solo - è gravissima ed essenzialmente acclarata. La perizia della dottoressa Todisco è infatti divenuta giudicato cautelare, quindi resistente alla recente sentenza che "cancella" tutto quanto avvenuto in primo grado di giudizio. Da oltre un decennio in essa possiamo leggere come numerose gravi afflizioni, incluse alcune tipologie neoplasiche, siano ascrivibili alle emissioni siderurgiche. Che hanno colpito ahinoi anche i più giovani, ai quali il monumento sarebbe dedicato. Ma un monumento alla sofferenza non ha ragione d'essere se la sofferenza non è cessata, non è superata. Un monumento è la musealizzazione di un'esperienza, non la sua cronaca. Nel caso di specie si tratterebbe d'eternare l'evidente fallimento di una comunità, l'inutilità dei suoi sforzi, la prosecuzione dei suoi dolori. Se riteniamo a giusto titolo che l'inquinamento abbia causato vittime, non è coi monumenti che si interviene o, peggio, risarcisce. L’arte non può e non deve avere simili pretese: per citare altri, "così non si rispetta né l’arte né il dolore". Ciò può avvenire solo ex post, quando la ritenuta fonte di malattia e di morte sia cessata, o resa innocua al massimo delle umane possibilità. Temo sinceramente che tale presenza statuaria potrebbe rivelarsi solo disforica per la popolazione locale. Inoltre, quale effetto potrebbe avere sui visitatori (e torniamo sia alle speranze degli abitanti, orfani di un’economia sana, sia ai programmi della politica), quale conseguenza sui turisti la visione di un’opera evocante senza sosta il rischio attuale che ogni famiglia corre a far soggiornare i suoi bambini e ragazzini nella città dei due mari? La notorietà del monumento, la sua presenza sui media e nelle fotografie che ormai a milioni tutti scattiamo e poi postiamo, non diverrebbe forse ulteriore notorietà universale del dramma corrente, del rischio presente, della sconfitta di una collettività?

Se un giorno riuscissimo a venire realmente a capo di questa situazione, un giorno in cui non fossero ancora pendenti processi di ogni genere e persino "sospensive" frutto di pesanti - e recenti! - sentenze della Corte Europea di Giustizia, inseguite negli anni dai cittadini più determinati, solamente allora potremmo dare al dolore delle famiglie il conforto di un ricordo tangibile dei loro giovani cari, nella Taranto in cui sono nati e che purtroppo non ha saputo proteggerli. Ed insieme a tutti noi la memoria di un trauma che s’è saputo relegare nel passato.
Ma quel giorno non è ancora arrivato.
  
Pasquale Vadalà
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