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La storia
20 Agosto 2025 - 11:59
La siderurgia è in difficoltà
"Da anni l’acciaieria di IJmuiden è accusata di danneggiare l’ambiente e la salute delle persone. Ma finora il governo olandese ha privilegiato la difesa dei posti di lavoro". Per raccontare la crisi e le contraddizioni della siderurgia europea e mondiale, il celebre giornale statunitense New York Times è partito dai Paesi Bassi; ma quanto scritto dal quotidiano newyorkese dice molto, moltissimo, anche a Taranto, città (anche) dell'ex Ilva e della più grande fabbrica del Vecchio Continente.
Patricia Cohen, autrice di un luogo articolo pubblicato anche da Internazionale, evidenzia la "realtà con cui devono fare i conti tutte le acciaierie: gli impianti producono più acciaio di quello che il mondo può usare. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la produzione di acciaio in eccesso dovrebbe raggiungere i 721 milioni di tonnellate entro il 2027.
Una soluzione sarebbe semplicemente farne meno, ma c’è un problema: nessun paese vuole essere il primo a smettere di produrre un materiale considerato essenziale per l’economia e la sicurezza nazionali".
Il New York Times ricorda come "in Europa la consapevolezza di non poter più contare sugli Stati Uniti per la sicurezza del continente ha reso ancora più evidente l’importanza dell’acciaio nel campo della difesa. “L’acciaio è fondamentale per la forza industriale del Regno Unito, per la nostra sicurezza e per la nostra identità come potenza globale di primo piano”, ha detto al parlamento Jonathan Reynolds, segretario per il commercio e l’industria britannico, quando ad aprile il governo ha approvato una normativa d’urgenza per prendere il controllo degli ultimi due altiforni attivi nel paese.
Elisabeth Braw, del centro studi Atlantic council, ricorda che nessuno Stato può produrre tutto quello di cui ha bisogno. Ma l’acciaio, aggiunge, “fa sicuramente parte della lista” dei prodotti a cui un governo deve poter accedere in ogni momento".
"Nell’ultimo decennio" rimarca Cohen "l’acciaio a buon mercato della Cina ha inondato i mercati mondiali. L’enorme numero di impianti siderurgici cinesi – costruiti in parte con il sostegno del governo e spesso senza i vincoli ambientali richiesti in Europa – produce più acciaio (e alluminio) di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. Con il rallentamento dell’economia cinese, una quantità maggiore di questi metalli viene esportata all’estero a prezzi stracciati.
Il risultato è un crollo generale dei prezzi e dei profitti, con un conseguente aumento della disoccupazione nel settore. Misurato al chilo, l’acciaio oggi costa meno dell’acqua in bottiglia. A maggio l’Ocse ha avvertito che la riduzione dei guadagni sta rendendo difficile investire nelle tecnologie a basse emissioni di anidride carbonica, che sono essenziali per raggiungere gli obiettivi climatici". Un punto che a Taranto è dirimente.
Ancora dal Times: "L’anno scorso le acciaierie dei 27 paesi dell’Unione europea hanno tagliato complessivamente 18mila posti di lavoro, riducendo la capacità produttiva di nove milioni di tonnellate.
Nei primi sei mesi del 2025 la Germania (primo produttore europeo) ha registrato un declino dell’11,6 per cento nella produzione di acciaio (più di 17 milioni di tonnellate) rispetto allo stesso periodo del 2024".
Tra le cause della crisi, "oltre ai costi per la manodopera e l’energia, alle tecnologie ormai superate e alla competizione feroce della Cina, i produttori europei devono fare i conti anche con i dazi punitivi voluti da Donald Trump", che "non solo minacciano di ridurre significativamente la quantità di acciaio che l’Europa può vendere negli Stati Uniti, ma spingeranno altri produttori a esportare di più verso l’Europa, aumentando ulteriormente la concorrenza per le aziende del continente".
Ad essere cruciale - ed anche su questo il caso Taranto, che pure non viene citato dal New York Times, è paradigmatico - è chiaramente anche la questione ambientale, con il relativo impatto sulla salute. Sempre citando il New York Times: "L’anno scorso il governo britannico ha stanziato 500 milioni di sterline per sostenere la Tata Steel (che gestisce un grande impianto a Port Talbot, in Galles) nella transizione verso un altoforno elettrico meno inquinante che funziona riciclando l’acciaio.
In Olanda l’impianto della Tata Steel di IJmuiden è in condizioni migliori di quelli britannici. La struttura, vicino a una spiaggia pubblica, è la seconda più grande d’Europa (è grande come 1.100 campi da calcio) e, nell’industria, è tra i principali datori di lavoro nel paese.
L’impianto offre un panorama di enormi ciminiere e montagne di polveri di ferro e carbone. Entro il 2030 la Tata Steel vorrebbe convertire lo stabilimento (oggi alimentato a carbone) per usare idrogeno e gas naturale, e sta negoziando con il governo olandese per ottenere finanziamenti.
L’azienda continua a investire nella prossima generazione di lavoratori, coinvolgendo ogni anno 150-200 persone nei suoi corsi di formazione.
Ma anche l’impianto di IJmuiden deve affrontare diversi problemi. Le istituzioni olandesi hanno fatto causa alla Tata Steel per una serie di sanzioni non pagate e per chiudere un forno a coke che emette sostanze tossiche. La transizione verso una tecnologia a basse emissioni costerà miliardi di euro e avrà bisogno di molto tempo prima di essere completata.
Secondo varie stime, oggi produrre acciaio negli altiforni elettrici a idrogeno verde o con altri metodi ecologici riduce le emissioni, ma costa fra il 30 e il 60 per cento in più".
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