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Ambiente svenduto
17 Settembre 2024 - 06:00
Lo stabilimento siderurgico di Taranto
Tre magistrati costituiti parte civile nel processo Ambiente Svenduto e sarebbe stata questa circostanza a obbligare la Corte d’Appello ad annullare la sentenza di primo grado e a rinviare tutto a Potenza. Nessun condizionamento ambientale, quindi, come si era ipotizzato in un primo momento, ma una precisa causa di incompetenza territoriale avrebbe viziato fin dall’inizio un processo iniziato nel 2016. Con tutte le conseguenze del caso, a cominciare dalla prescrizione che già ora copre gran parte dei reati contestati agli imputati. A chiarire questo aspetto è stato l’avvocato Gian Domenico Caiazza, difensore di Girolamo Archinà, l’addetto alla pubbliche relazioni della famiglia Riva, deceduto nei mesi scorsi. In una intervista rilasciata al Messaggero, l’avvocato spiega che già nel 2014, in fase di udienza preliminare, la difesa aveva sollevato questa eccezione. Sono tre infatti i magistrati che si erano costituiti parte civile, tra questi due giudici di pace. Due di questi magistrati sarebbero nel frattempo andati in pensione, un altro avrebbe ritirato la costituzione di parte civile nel corso del processo. Circostanze, queste, che secondo quanto riferisce l’avvocato Caiazza, non rilevano ai fini della competenza territoriale, così come previsto dall’articolo 11 del codice di procedura penale. Come lo stesso Caiazza riferisce nell’intervista, l’eccezione una seconda volta è stata presentata in corso di dibattimento. Anche in questo caso, senza trovare accoglimento. «Inspiegabile», afferma il legale nel tentare di dare una spiegazione al perché le eccezioni siano state respinte ed ora ci si ritrova nella condizione di dover rifare tutto daccapo. «La questione di incompetenza territoriale - ha dichiarato il legale di Archinà - era insuperabile. Il fatto è singolare, perché, in 50 anni non esiste una sola sentenza di Cassazione che vada in senso contrario. Lo avevamo detto, questo processo sarà annullato. Abbiamo buttato dieci anni».
Ora però bisogna attendere le motivazioni - attese fra una decina di giorni - per avere un quadro chiaro e definitivo del perché questo processo sia andato in fumo: dal disastro ambientale si è finiti al disastro giudiziario.
Tra gli imputati, a commentare la sentenza della Corte d’Appello è l’ex presidente della Provincia, Gianni Florido.
Florido ha affidato ad un post su facebook la sua amarezza per l’esito del procedimento: «Lo spostamento a Potenza del processo “Ambiente Svenduto” per quanto riguarda la mia posizione, in sostanza non modifica nulla. L’annullamento della sentenza di primo grado non cancella la condanna di primo grado poiché essa era stata cancellata dalla prescrizione intervenuta ben prima del processo di appello. Nonostante ciò con i miei legali avevamo proposto appello poiché speravamo che i giudici potessero entrare nel merito della sentenza di condanna e spiegarci quale utilità avrei avuto nei presunti comportamenti concussivi, visto che i giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza nel riconoscermi le attenuanti generiche affermavano che le “meritavo” poiché da incensurato, da ex sindacalista e da Presidente della Provincia avevo agito “… nella sola ragione pratica di tutelare l’occupazione dei dipendenti dell’Ilva…”. Quando il pm di Potenza dovrà fare i rinvii a giudizio, prenderà atto che il reato a me ascritto è prescritto e quindi dovrà archiviare la mia posizione. Dodici anni di sofferenza, l’onta di sette giorni di carcere e sei mesi di domiciliari».
«Oggi - ha scritto ancora Florido - mi assale la rabbia se penso che fin dalla prima udienza preliminare e per ben altre due volte, avevamo chiesto ai giudici di essere tirati fuori dal mastodontico processo per farci giudicare presto in altro apposito processo, per la sola ragione che mai a noi era stato contestato il reato di concorso o di disastro ambientale ma puri e presunti reati amministrativi. Così non è stato e per ben tre volte la nostra legittima e logica richiesta fu rigettata e sono rimasto incagliato in un processo al quale non dovevo neanche partecipare. Dodici anni che sono un tempo immenso e necessario a bruciarti la vita. Se ciò non mi è accaduto lo devo alla mia famiglia, ai tanti amici veri che mi hanno sostenuto e ad una larghissima solidarietà umana che ho sentito verso la mia persona. Come scriveva Kafka nel”Processo” la pena non è la pena stessa, ma la pena è il processo!»
«Ora - conclude l’ex Presidente della Provincia - scrivo non per autodifesa, ma per precisare che sto vivendo il post rinvio a Potenza senza sollievo ma con tristezza. Sentire affermare che due giudici togati e sei giudici popolari del primo grado erano degli eroi e che due giudici togati e sei giudici popolari del secondo grado sono affossatori della giustizia mi dà i brividi e mi fa rivivere quel clima di giacobinismo giudiziario che ha straziato la mia anima e accompagnato dodici anni della mia vita».
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