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Il processo

Ambiente Svenduto, decisione clamorosa: tutto da rifare

Deciso il trasferimento a Potenza

Il processo Ambiente Svenduto

Il processo Ambiente Svenduto

La Corte di Assise d'Appello accoglie le istanze presentate da alcuni legali degli imputati e per il processo Ambiente Svenduto arriva la decisione più clamorosa: il trasferimento a Potenza, soprattutto ricominciando da zero, ripartendo dall'inizio. Il procedimento - come noto - è quello in cui è sfociata la maxi inchiesta sul presunto disastro ambientale causato dall'Ilva durante la gestione della famiglia Riva, e che in primo grado aveva portato a 26 condanne. 

Alla base della pronuncia della Corte d’Assise d'Appello di Taranto il fatto che i giudici tarantini i quali hanno emesso la sentenza di primo grado sono da considerare come «parti offese» del disastro ambientale; in pratica, vittime dello stesso reato che sono stati chiamati a giudicare. Da qui il trasferimento ad altra sede: Potenza, appunto.

La «preoccupazione» di Melucci

«In qualità di sindaco e presidente della Provincia di Taranto, accolgo con profonda preoccupazione ed amarezza la decisione della Corte d'Assise d’Appello di trasmettere gli atti del maxiprocesso “Ambiente svenduto” al Tribunale di Potenza. Questo procedimento, che rappresenta una delle pagine più dolorose e significative della nostra storia recente, che deve essere considerato un simbolo della lotta della nostra comunità per la giustizia ambientale e la tutela della salute pubblica, torna interamente in discussione con il pericolo che la prescrizione possa cancellare buona parte dei reati».

Così in una nota Rinaldo Melucci.

«La sentenza di primo grado, che aveva visto la condanna di 26 imputati, fra imprenditori, politici e manager dell’Ilva per il disastro ambientale che sarebbe stato causato dalla produzione industriale dello stabilimento siderurgico, era stata un passo fondamentale verso il riconoscimento delle responsabilità e la riparazione dei danni subiti dalla nostra città. Una città che sta ancora faticosamente, ma con orgoglio, cercando di svincolarsi da una monocultura industriale che ha fatto il suo tempo. Una città che sta affrontando un processo di transizione ambientale ed economica che è divenuto ineludibile, ma che rischia di fare ancora i conti con un passato che ritorna.

Ribadisco il mio impegno e quello dell’amministrazione comunale nel continuare a lavorare affinché le famiglie e i cittadini di Taranto vedano tutelato il diritto a un ambiente sano e sicuro».

La rabbia degli ambientalisti

«È con profonda delusione che abbiamo assistito all’esito dell’udienza di oggi. Lo spostamento del processo d’appello Ambiente Svenduto a Potenza ha conseguenze gravissime per l’intera comunità tarantinaInfatti lo spostamento comporta l’annullamento del processo di primo grado e questo significherebbe un allungamento dei tempi della giustizia e un rischio concreto di prescrizione per reati gravissimi come la concussione e, probabilmente, l’omicidio colposo. Lo spettro dell’impunità incombe sul processo».

A dichiararlo, per Peacelink, sono il presidente Alessandro Marescotti e Fulvia Gravame, responsabile del 'nodo' di Taranto. 

«Ricordiamo» continuano «che i Pubblici Ministeri, nel corso delle udienze, si sono espressi in modo chiaro e deciso contro il trasferimento del processo, sottolineando l'infondatezza delle eccezioni delle difese degli imputati. La lotta contro l'inquinamento dell'Ilva prosegue comunque. Continueremo a garantire la nostra presenza in tutte le iniziative utili a proteggere la popolazione. Saremo sempre dalla parte delle vittime in quella che l'ONU ha definito Zona di Sacrificio».

 «E’ una decisione sconvolgente: ingiustizia è fatta – dichiarano Stefano Ciafani, Daniela Salzedo e Lunetta Franco rispettivamente presidenti nazionale, regionale e tarantino di Legambiente - Ovviamente occorrerà  leggere le motivazioni della sentenza, ma la sostanza è che si ricomincerà tutto da capo, che una buona parte dei reati è già prescritta, che altri reati andranno in prescrizione nel corso del nuovo processo e che chissà quando vedremo una sentenza definitiva.

Ma la gravità di ciò che è avvenuto a Taranto non è messa in discussione dalla sentenza di oggi che riguarda solo aspetti procedurali. Legambiente si costituirà con i suoi legali Eligio Curci e Fulvio Saracino quale parte civile anche nel nuovo processo a Potenza, in nome del popolo inquinato di Taranto».

"Con Taranto": «Non possiamo attendere giustizia all'infinito»

«Nessuno ci restituirà i nostri cari, figli, genitori o semplici coetanei e questo era chiaro a tutti i tarantini quando il processo Ambiente Svenduto ha avuto inizio ma Taranto non può attendere così a lungo che si chiariscano gli aspetti legati all’inquinamento della città in una sede di giustizia. Trasferire a Potenza il giudizio e ricominciare ex novo ci amareggia profondamente, come cittadini e come genitori. Sono già decorsi oltre 10 anni dall’inizio degli eventi giudiziari e non sappiamo quanto ancora si dovrà attendere, nuovamente, per avere riconosciuto il diritto dei tarantini a vivere in un luogo non pericoloso per la propria salute. Tanto più che la vicenda legata alla cessione degli impianti continua a dilatarsi nel tempo senza certezze in materia di pianificazione ambientale. Assuefarsi ad una soluzione ancora rimandata nel tempo non sarebbe rispettoso per tutti noi, che abitiamo Taranto». Lo dichiara Francesco Falcone, "Con Taranto".

Il Codacons: «Delusione»

Grande delusione viene espressa dal Codacons per la decisione della Corte d'assise d'appello di Lecce che ha annullato la sentenza di primo grado del processo Ambiente Svenduto. L'associazione - si legge in una nota - presenterà ora un esposto.

La storia: un processo lunghissimo

Un processo, Ambiente Svenduto, che come detto fa perno intorno all'accusa di disastro ambientale provocato dal Siderurgico dall’inizio della privatizzazione - era il 1995 - al 2012, anno della deflagrazione dell'inchiesta, con gli arresti ed i sequestri. I fratelli Fabio e Nicola Riva vennero condannati rispettivamente a 22 e a 20 anni di reclusione nella sentenza di primo grado, emessa il 31 maggio 2021 ed ora annullata.

L'ex governatore Nichi Vendola si è visto comminare una pena a tre anni e mezzo per concussione nei confronti del direttore generale dell’Arpa Puglia professor Giorgio Assennato, condannato a due anni a fronte di una richiesta del pm di un anno. «Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna. Noi abbiamo imposto leggi all’avanguardia e posto fine a lunghi anni di complicità diffuse» era stata in sintesi la dura reazione di Vendola dopo il verdetto. 

E' l'ottobre del 2013 quando la Procura di Taranto chiude le indagini; a luglio 2015 arrivano i rinvii a giudizio, ma il procedimento viene annullato e deve ripartire dall'udienza preliminare. Dodici mesi dopo, luglio 2016, si riparte. Poi, dopo tre anni dalla sentenza, scocca l'ora dell'Appello. E si giunge al clamoroso colpo di scena di oggi, 13 settembre 2024.

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