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Il caso
15 Settembre 2024 - 06:50
Un'udienza del processo Ambiente Svenduto
Proseguono le reazioni alla decisione della Corte d’Assise d’Appello di Lecce di annullare il processo “Ambiente svenduto” in svolgimento a Taranto e trasferirlo a Potenza. Di seguito una serie di interventi dal mondo politico e sindacale, a cominciare dal Governatore Pugliese:
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano : “Mi sto prendendo tempo per commentare la tragedia giudiziaria di un processo durato anni che è stato cancellato comunque da un errore. L'errore può essere stato quello del giudizio di primo grado, ma può essere anche quello della Corte d'Appello. Ovviamente ho le mie idee, ma non sto qui a giudicare. Quel che è certo è che il sistema giudiziario, in una vicenda decisiva, ha commesso un errore catastrofico che immagino colpirà al cuore la fiducia dei tarantini, dei pugliesi, e degli italiani in generale, sulla possibilità di avere giustizia in casi di questo tipo. Si tratta di una regola giudiziaria - quella sulla competenza che riguarda i processi dove sono parti i magistrati - che però coinvolge imputazioni poco rilevanti all'interno del castello accusatorio, che pur tuttavia ha determinato l'annullamento di una istruttoria e di un processo durato anni. Una catastrofe giudiziaria senza precedenti. Quali sarebbero state le conseguenze se un evento del genere avesse riguardato la politica, il governo, un sindaco? La risposta non spetta a me ma a chi ha la responsabilità dell'organizzazione del lavoro giudiziario”.
Il sindaco e presidente della Provincia di Taranto, Rinaldo Melucci: “In qualità di sindaco e presidente della Provincia di Taranto, accolgo con profonda preoccupazione ed amarezza la decisione della Corte d'Assise d’Appello di trasmettere gli atti del maxiprocesso “Ambiente svenduto” al Tribunale di Potenza. Questo procedimento, che rappresenta una delle pagine più dolorose e significative della nostra storia recente, che deve essere considerato un simbolo della lotta della nostra comunità per la giustizia ambientale e la tutela della salute pubblica, torna interamente in discussione con il pericolo che la prescrizione possa cancellare buona parte dei reati. La sentenza di primo grado, che aveva visto la condanna di 26 imputati, fra imprenditori, politici e manager dell’Ilva per il disastro ambientale che sarebbe stato causato dalla produzione industriale dello stabilimento siderurgico, era stata un passo fondamentale verso il riconoscimento delle responsabilità e la riparazione dei danni subiti dalla nostra città. Una città che sta ancora faticosamente, ma con orgoglio, cercando di svincolarsi da una monocultura industriale che ha fatto il suo tempo. Una città che sta affrontando un processo di transizione ambientale ed economica che è divenuto ineludibile, ma che rischia di fare ancora i conti con un passato che ritorna. Ribadisco il mio impegno e quello dell’amministrazione comunale nel continuare a lavorare affinché le famiglie e i cittadini di Taranto vedano tutelato il diritto a un ambiente sano e sicuro.”
Il presidente della Commissione Ambiente della Regione Michele Mazzarano: "La decisione della Corte d’Assise d’Appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto, di azzerare il processo contro l’inquinamento ambientale di Taranto (rubricato Ambiente Svenduto), è un oltraggio alle sofferenze dei tarantini e mortifica le aspettative di giustizia di una comunità intera". "Questo processo ha portato con sé un pesante carico di attese da parte di un territorio che ha pagato tanto in termini di vite umane e di occasioni di sviluppo alternativo perse. Per queste incontestabili ragioni, sono comprensibili e condivisibili le numerose manifestazioni di dolore e rabbia. In questo momento di amarezza e sgomento serve l’intervento, non consolatorio ma riparatore, delle massime cariche istituzionali perché la domanda di giustizia di Taranto esprime la domanda di giustizia di tutto il Paese per la violazione di diritti costituzionalmente protetti come la tutela della salute, del lavoro sicuro e non nocivo, e dell’ambiente".
Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico: “Anche se, con una decisione molto discutibile, la sentenza è stata annullata, la verità emersa dal processo “Ambiente svenduto” è incontestabile. Innanzitutto, ci auguriamo che il provvedimento della Corte d’assise d’appello di Lecce venga impugnato e che sul punto si esprima anche la Cassazione. Non soltanto per evitare che il processo si rifaccia daccapo e che intervenga la prescrizione per alcuni degli imputati ritenuti responsabili di reati gravissimi. Ma anche perché se dovesse passare definitivamente il principio fatto valere in secondo grado, si creerebbe un precedente pericoloso per tutti i processi in materia di reati ambientali gravi. Ciò che è importante ribadire anche in questo momento di generale scoramento è che questa vicenda non può e non dovrà incidere sul destino dell’ex Ilva. I danni mortali provocati dall’inquinamento dell’acciaieria non sono né un ricordo sbiadito, né un falso storico, ma il punto di partenza per garantire a Taranto un futuro diverso.”
Roberta Cambria, Delegato Ambiente e Salute della segreteria cittadina Pd Taranto: "Ambiente" o "vite umane" svendute? La domanda brucia sulla pelle di ogni tarantino. Non è forse appropriato parlare di “amarezza” perché i fatti parlano chiaro: la nostra città è stata nuovamente derisa e umiliata. A Taranto, la giustizia sembra essere un bene di lusso, accessibile solo a chi vive fuori dai confini del territorio jonico. I cittadini, avvelenati dall'inquinamento, sono considerati "parti offese", ma la loro voce sembra non essere ascoltata. I giudici, invece, sono "parti offese" solo se vivono a Taranto. Un controsenso che mette in discussione l'imparzialità del sistema giudiziario. È ora di cambiare le regole del gioco, perché a Taranto, la partita della salute non è una scommessa negoziabile. Dietro questa vicenda si nasconde una politica miope e indifferente, che ha sacrificato la salute dei cittadini sull'altare dell'industria. E ora fa finta di stupirsi di fronte alle conseguenze. A rendere ancor più grave e irrimediabile il tutto lo spettro della prescrizione che inevitabilmente va ad annullare e lascia impunite le importanti responsabilità. Ci auguriamo che i Giudici potentini sappiano comprendere che dietro questo processo c'è la storia, la sofferenza e il destino di un intero territorio e possano giudicare in serenità solo se effettivamente competenti secondo le regole processuali, sollevando anche il conflitto di competenza alla Corte di Cassazione se necessario".
Francesco Andrea Falcone (Con Taranto): "Nessuno ci restituirà i nostri cari, figli, genitori o semplici coetanei e questo era chiaro a tutti i tarantini quando il processo Ambiente Svenduto ha avuto inizio ma Taranto non può attendere così a lungo che si chiariscano gli aspetti legati all’inquinamento della città in una sede di giustizia. Trasferire a Potenza il giudizio e ricominciare ex novo ci amareggia profondamente, come cittadini e come genitori. Sono già decorsi oltre 10 anni dall’inizio degli eventi giudiziari e non sappiamo quanto ancora si dovrà attendere, nuovamente, per avere riconosciuto il diritto dei tarantini a vivere in un luogo non pericoloso per la propria salute. Tanto più che la vicenda legata alla cessione degli impianti continua a dilatarsi nel tempo senza certezze in materia di pianificazione ambientale. Assuefarsi ad una soluzione ancora rimandata nel tempo non sarebbe rispettoso per tutti noi, che abitiamo Taranto".
Nota congiunta Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom- Cgil nazionale e Francesco Brigati, segretario generale Fiom-Cgil di Taranto: "In attesa di leggere le motivazioni, che saranno rese note entro 15 giorni, ne prendiamo atto con estremo rammarico e preoccupazione, poiché le vittime dell’inquinamento meritano che il processo sia celebrato nella città di Taranto e confidiamo che la decisione venga portata all’esame della Corte di Cassazione e possa essere rivista. Un processo in cui la Fiom-Cgil nazionale e territoriale, rappresentata con gli avvocati Massimiliano Del Vecchio e Simone Sabattini, ha deciso di costituirsi Parte Civile, insieme a oltre 500 lavoratori dell’ex Ilva e dell’appalto, a tutela dell’interesse collettivo ma anche dei diritti individuali, a cui è stata riconosciuta una provvisionale a titolo di risarcimento del danno subito e che potrebbe essere messa a rischio dallo spostamento del processo presso il Tribunale di Potenza. Oltre il danno la beffa. Taranto ha bisogno di certezze sia sulla prospettiva industriale ed ambientale dell’ex ilva che sull’aspetto giudiziario rispetto a quanto avvenuto negli anni in cui i Riva hanno abusato di un intero territorio. Non possiamo permetterci di tornare indietro e quest’ulteriore colpo basso, ovvero lo spostamento del processo da Taranto a Potenza, non fa altro che continuare a dilaniare una città fortemente provata da anni di sofferenza. È giunto il tempo di dare certezze alla città di Taranto e a tutte le altre comunità dove insistono gli stabilimenti dell’ex Ilva, a partire dalla fase di ripartenza degli stabilimenti e della vendita in cui il ruolo del pubblico deve diventare centrale per garantire un serio processo di transizione ecologica ed evitare i disastri ambientali e gli errori del passato in cui il privato ha fatto profitti a discapito dell’ambiente, della salute e dell’occupazione”.
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