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Ex Ilva

Occhi americani sul futuro di Acciaierie d'Italia: Taranto e gli interessi internazionali

Entro venerdì le offerte vincolanti. Ecco come (e perchè) si muovono anche gli Stati Uniti

Occhi americani sul futuro di Acciaierie d'Italia

Occhi americani sul futuro di Acciaierie d'Italia

Bedrock Industries. Un (vero) fondo di investimento americano, headquarter a Miami, in Florida, lo Stato di adozione di Donald Trump che nella magnificenza di Mar-a-Lago ha costruito le sue campagne elettorali ed ha incontrato anche Giorgia Meloni.

Bedrock è l'ultimo nome accostato all'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia in Amministrazione straordinaria, la cui complessa procedura di ritorno sul mercato vivrà una scadenza decisiva venerdì 10 gennaio, quando scadranno i termini per la presentazione delle offerte vincolanti da parte dei possibili acquirenti degli impianti del gruppo, compreso lo stabilimento siderurgico di Taranto, l'asset più grande - ed in maggiore difficoltà.

Il fondo di Alan Kestenbaum potrebbe rilanciare le mosse a stelle e strisce su AdI, magari in partnership con l'italiana Arvedi. Kestenbaum ha seguito anche l'approdo dei canadesi di Stelco tra le braccia di Cleveland-Cliffs, acciaieri dell'Ohio, e proprio Stelco è tra i pretendenti dell'ex Ilva. 

Avvolta in una crisi che si avvita su se stessa da oltre un decennio, la Grande Fabbrica che incombe alle porte della città resta comunque strategica, per diversi motivi. La capacità produttiva, al momento solo potenziale; ma anche l'essere al centro del Mediterraneo, teatro economico (e geopolitico) in piena evoluzione, e le fibrillazioni del mercato siderurgico internazionale rendono l'acciaieria tarantina comunque un osservato speciale di multinazionali e non solo.

In un mondo social e stregato dall'high tech la metallurgia e la siderurgia restano imprescindibili e non a caso uno degli ultimi atti della presidenza di Joe Biden in USA è stato il veto all'acquisizione di U.S. Steel in piena crisi da parte dei giapponesi di Nippon Steel: "Ragioni di sicurezza" è stato detto dal governo statunitense.  

Joe Biden

"Come ho detto molte volte – ha spiegato Biden in una nota - la produzione di acciaio e i lavoratori dell'acciaio che lo producono sono la spina dorsale della nostra nazione. Una forte industria siderurgica di proprietà e gestione nazionale rappresenta una priorità essenziale per la sicurezza nazionale ed è fondamentale per catene di approvvigionamento resilienti. Questo perché l'acciaio alimenta il nostro paese: la nostra infrastruttura, la nostra industria automobilistica e la base industriale della difesa. Senza la produzione nazionale di acciaio e i lavoratori dell'acciaio nazionali, la nostra nazione è meno forte e meno sicura". Le parole dell'anziano leader che si appresta a passare il testimone a Trump rappresentano un monito importante, anche a e per Taranto. L'acciaio è uno dei pochi punti d'accordo tra il 46esimo ed il 47esimo (e 45esimo) presidente. Concordi nello sbarrare la strada ai giapponesi, pure se in presenza di aziende private.

Non è  allora un caso - come riportato anche da L'Espresso - da oltre Atlantico si guardi con inevitabile interesse a quanto sta accadendo in Italia, fronte meridionale dell'Occidente. Gli altiforni di Taranto, per quanto in difficoltà, restano un pilastro dell'industria europea che guarda all'amico americano.

Fa riflettere l'idea che sull'ex Ilva si possa alzare la bandiera di una potenza emergente ed ambiziosissima - anche a livello militare - come l'ex repubblica sovietica dell'Azerbaijan, tramite Baku Steel, o quella dell'India, in prospettiva competitor di USA e Cina nello scacchiere economico mondiale, che punta a Taranto con la Vulcan Green Steel di Naveen Jindal. La dynasty di Mumbai è tra l'altro una storia a sé: Naveen è fratello minore di Sajjan Jindal, sconfitto dai Mittal nella prima corsa a Taranto, e padre di Venkatesh, trent'anni ancora da compiere, fautore dello sbarco in Europa e con grandi programmi per Vulcan, che non ha legami aziendali con la Jsw dello zio. 

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