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Al Comune la presidenza del consiglio è una carica a rischio. Ecco perché

L'aula del consiglio comunale

L'aula del consiglio comunale

ll prossimo presidente del consiglio comunale sarà un ostaggio. Che si chiami Luigi Abbate, Paolo Castronovi o chissà chi altri, finirà per essere un ostaggio.

Nel clamore e fra le polemiche di questi giorni, è infatti sfuggito un dato politicamente rilevante. Dal momento in cui è stata approvata la modifica al regolamento sull’elezione del presidente del consiglio, sono sufficienti 17 voti - ormai è risaputo - per sfiduciare chi siederà sulla poltrona più alta dell’assemblea. I diciassette voti (diciotto con quello del sindaco Rinaldo Melucci) che appunto sono stati sufficienti per defenestrare Piero Bitetti. Sono i voti sui quali poggia l’attuale maggioranza, che con abilità sartoriale ha cucito sulla propria taglia la norma che le ha consentito di sfiduciare Bitetti. Ma quei diciassette voti saranno ora sufficienti per revocare chiunque si andrà ad accomodare su quello scranno liberato con un atto di forza sulla cui legittimità saranno i tribunali a pronunciarsi. In altre parole, i futuri presidenti del consiglio finiranno per essere ostaggio della maggioranza che andrà ad eleggerli. Basterà entrare in rotta di collisione col sindaco o con pezzi di coalizione per rischiare di essere messi alla porta con soli diciassette voti.

Con la vecchia norma di voti ne servivano 20, una maggioranza qualificata che metteva il presidente del consiglio al riparo di eventuali ritorsioni proprio per blindare la funzione di garanzia del presidente dell’assemblea.

Riepilogando: 1) il regolamento è stato modificato, riducendo a 17 voti la soglia per sfiduciare il presidente; 2) i lavori per portare a compimento questo disegno sono stati avviati subito dopo la scelta di Bitetti di firmare per lo scioglimento del consiglio comunale; 3) la norma è stata modificata, approvata e resa esecutiva da subito (un po’ come se in una partita di calcio il regolamento venisse modificato durante i novanta minuti di gioco).

Risultato: con soli diciassette voti per determinarne la sfiducia, sulla testa del presidente del consiglio penderà la classica spada di damocle: se sgarra rischia di essere fatto fuori. E questa situazione mette a rischio proprio la funzione di garanzia del presidente. Si può essere del tutto imparziali sapendo che sulla propria testa pende quella famigerata spada nelle mani di sindaco e appena altri sedici consiglieri?

Le argomentazioni usate a sostegno della sfiducia a Bitetti dimostrano che ci vuol molto poco a montare l’accusa di non aver svolto in modo imparziale la propria funzione.

In altre parole, la postazione di presidente del consiglio sarà di fatto pari a quella di un qualsiasi assessore, la cui sorte è nelle mani del sindaco: si può perdere il posto in qualsiasi momento. Ostaggi, appunto.

 

 

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