Nella seduta per revocare il mandato di presidente del consiglio a Piero Bitetti la maggioranza ha fatto registrare una compattezza non usuale. Sì, ha perso per strada Bianca Boshniaku - a quanto pare riavvicinatasi al Pd - ma i voti per approvare la mozione sono arrivati tutti, compreso quello del sindaco. Rientrati, almeno per il momento, anche i malumori manifestati nei giorni scorsi da Luigi Abbate, il consigliere al quale sarebbe stata promessa la presidenza del consiglio dopo il suo salvataggio dell’amministrazione nel febbraio scorso, quando rifiutò di apporre la sua firma all’atto che avrebbe prodotto lo scioglimento del consiglio comunale.
Rincuorato dalle parole che il sindaco Rinaldo Melucci ha speso per lui in questi giorni, Abbate è rincasato dopo l’impulsiva uscita dalla fatidica chat che ormai segna il perimetro tra chi è dentro e chi è fuori l’area di fiducia di Melucci. Abbate evidentemente deve aver ricevuto rassicurazioni. Ora, però, si apre una nuova partita. Perché, al di là delle tensioni stemperate con Abbate, in verità le ambizioni a ricoprire la ben remunerata presidenza del consiglio si allargano ad altri consiglieri. Non è infatti tramontata la candidatura di Paolo Castronovi, sembra aver fatto un passo indietro Giuseppe Fiusco, mentre adesso si spiffera anche di un possibile coinvolgimento nella partita di Adriano Tribbia. Ipotesi, quelle di Castronovi e Tribbia, che inevitabilmente porterebbero ad un ulteriore rimescolamento dei rapporti di forza anche all’interno della giunta comunale, visto che entrambi hanno già in quota propria degli assessori nell’esecutivo.
Ora bisognerà vedere se la calma manifestata nel votare la sfiducia a Bitetti sia apparente o di sostanza e se accompagnerà questi giorni che dovranno condurre all’elezione del nuovo presidente.
Sul fronte opposto, niente affatto memorabile la prestazione delle opposizioni. È mancato un coordinamento ed è mancata omogeneità di strategia che forse l’occasione avrebbe richiesto. Così Svolta Liberale con Musillo, Cosa e Festinante ha preferito abbandonare l’aula, cosa che hanno fatto anche Battista (Lega), Vietri e Toscano (Fratelli d’Italia), mentre Di Cuia (Forza Italia), Maiorino (Partito Liberale) e Lenti (Verdi) in aula sono rimasti per votare un chiaro “no” alla mozione. I distinguo non sono mancati, con i consiglieri usciti dall’aula che hanno contestato a Bitetti di non essersi dimesso da presidente dopo quel 19 febbraio, quando firmò anche lui per lo scioglimento del consiglio. Nell’ansia di smarcarsi dalla maggioranza e dallo stesso Bitetti non sono mancate alcune uscite poco decifrabili in quel contesto, come il veemente attacco al Pd arrivato da Fratelli d’Italia: più che incalzare la maggioranza la mira è stata diretta verso i piddini. Come sparare sulla Croce Rossa. Fermo restando che il Pd ha moltissimo da farsi perdonare, forse si è perso di vista l’obiettivo della seduta: contestare la mozione e non un partito che ora è tra i banchi dell’opposizione. Bersaglio sbagliato, a concedere la buona fede. Insomma, si è finito per offrire una immagine piuttosto frantumata della minoranza. Un passo indietro rispetto al documento di alcuni giorni fa nel quale era emersa la volontà di coordinare i gruppi di opposizione almeno sui temi fondamentali. Non compattarsi su un provvedimento che suona come una ritorsione politica alla quale sono state piegate le istituzioni è stata forse una occasione mancata.
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