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Calcio. Tra campo e penalizzazione

La “febbre a novanta” di una città nel pallone

La squadra di Eziolino Capuano ha fatto innamorare di nuovo i tifosi rossoblù

Il Taranto calcio

Il Taranto calcio

«Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose. Dopo un po’ ti si mescola tutto nella testa e non riesci più a capire se la vita è una merda perché l’Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato a vedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono incazzato per l’Arsenal quando avrei dovuto incazzarmi per altre cose, ho preteso troppo dalla gente che amo... Ok, va bene tutto! Ma... non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro.

Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai due a uno in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient’altro nella testa... E poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un momento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio? E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio, che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante, se ci pensi».

Ecco, se al posto di “Arsenal” (eppure, c’era una volta l’ArsenalTaranto...) ci fosse scritto “Taranto”, queste parole di Paul, protagonista di Febbre a 90’, libro e film cult sul mondo del football d’Oltremanica, si adatterebbero quasi alla perfezione ai tarantini ed al rapporto con la loro squadra: il Taranto, nelle sue varie declinazioni, oggi Taranto Football Club 1927.

La nostra, dopo stagioni decisamente non facili e neppure felici, è tornata ad essere una città nel pallone - nel bene e nel male. Mercoledì sera in cinquemila, allo stadio Erasmo Iacovone, hanno festeggiato per la vittoria ottenuta proprio al 90’ nella partita con la Virtus Francavilla, successo che aveva portato la squadra rossoblù al terzo posto della classifica del girone C della serie C/Lega Pro, comunque il terzo torneo nazionale per importanza. Il giorno dopo però la doccia fredda dei 4 punti di penalizzazione “per violazioni di natura amministrativa” come spiegato dalla Federcalcio.

Una decisione pesante contro la quale la società ha comunque annunciato ricorso. Da parte sua, la squadra è chiamata a mantenere i nervi saldi in vista del prossimo appuntamento. Lunedì sera, alle 20.45, ci sarà infatti il big match in casa della Juve Stabia, la capolista che sta dominando il campionato, uno squadrone per la categoria. Paura? In realtà, neanche un po’, è quanto emerge dallo spogliatoio. Solo la voglia che arrivi presto, questo benedetto lunedì o monday night come si dice nel gergo del calcio moderno, per far tornare a parlare il campo. Perchè penalizzazione o meno, “violazioni amministrative” o meno, conta che «‘u Tard è fort» e la prima in classifica dovrà dimostrare tutto il suo valore contro undici tarantini tosti - e pure che non sono nati a Taranto, non importa, di fatto sono più tarantini di parecchi altri.

Del resto, chi oggi è più tarantino di un signore nato a Salerno 59 anni fa, originario di Pescopagano, nel Potentino, e che si chiama Ezio Capuano detto Eziolino? Uno che, giovanissimo tecnico emergente, era stato qui agli inizi del nuovo secolo, più di vent’anni fa, per sedere sulla panchina ionica solo cinque partite a causa di un esonero precoce e che ancora sente come un’ingiustizia. A settembre 2022 il ritorno, in corsa, dopo un altro esonero, quello patito da Nello Di Costanzo. Capuano eredita una squadra in difficoltà, che rischia la retrocessione, in un ambiente depresso e disamorato. Non sono in tanti a puntare sulla salvezza. E invece Capuano ce la fa.

Un passo alla volta, il suo Taranto ottiene la permanenza in serie C, un risultato che per come si erano messe le cose vale quasi quanto una promozione. Poi, nuovo campionato, nuovo Taranto. Ma lui resta, e anzi viene innalzato al ruolo di general manager, un allenatore che gestisce tutta l’area tecnica. Una bella responsabilità in una piazza, quella ionica, che sta riscoprendo l’ambizione nel difficile mondo del fútbol. Capuano non aspetta altro. Perchè ai tempi della prima, breve e sfortunata esperienza tarantina, l’allora patron Ermanno Pieroni lo definì «giovane, affamato, ambizioso». Giovane, vista l’età, non lo è più; ma Capuano è rimasto affamato ed ambizioso. E questo suo nuovo Taranto non vuole porsi limiti, anche sapendo di non essere la squadra più forte. Mercoledì la rete di Fabbro allo scadere è valsa l’ottavo risultato utile consecutivo.

Prima del derby con la Virtus Francavilla, Capuano aveva dichiarato: «Stiamo facendo qualcosa di importantissimo ed adesso è giusto che guardiamo la classifica. Ci rispecchiamo in tutto quello che di bello abbiamo prodotto: giocheremo per la vittoria, non faremo calcoli, aggrediremo dal primo minuto, consci del valore dell’avversario. Non ci poniamo limiti: saremo la scheggia impazzita nei play off. Sarà dura per tutti affrontare il mio Taranto».

Allo Iacovone è arrivata la conferma alle sue parole. E prima della gara Capuano aveva rimarcato proprio l’importanza ed il possibile impatto sulla partita del futuro match winner, Fabbro, «un ragazzo d’oro ed un giocatore forte: l’errore che si commette nel panorama calcistico è quello di etichettare superficialmente un atleta che non è schierato con continuità. Non abbiamo mai avuto intenzione di cederlo: era il più richiesto dopo Antonini durante la sessione di mercato invernale. Il direttore sportivo del Francavilla ha insistito sino alle otto di sera dell’ultimo giorno. Fabbro vanta caratteristiche diverse da quelle di altri esterni, anche se io lo considero più una seconda punta: lo faccio accentrare sempre sotto il terminale alto». Ma, a sottolineare quanto oggi Capuano sia la vera anima del Taranto presieduto da Massimo Giove - da sempre suo estimatore e che lo ha voluto fortemente per il dopo Di Costanzo - ci sono altre parole. Quelle, forti, con le quali il mister è intervenuto nella controversa questione stadio, nei giorni scorsi.

«L’ostracismo che ho visto da parte dell’amministrazione comunale verso il Taranto Calcio in questi miei due anni di permanenza non l’ho mai registrato in alcuna piazza in cui ho allenato. Il Taranto è dei tarantini e chi dovrebbe farlo rispettare è il sindaco. L’anno scorso ho compiuto un miracolo sportivo, ho salvato una squadra allo sbando e non ho ricevuto una telefonata di complimenti o ringraziamento. Ho garantito continuità agonistica, con lo sforzo economico della società e col sacrificio dei giocatori: il silenzio non è mai accaduto nella mia storia calcistica».

Non è mancato un passaggio sull’ormai famoso incendio allo Iacovone in occasione della sfida con il Foggia. «I facinorosi sono stati puniti, ma se il materiale stoccato e lasciato incustodito fosse stato raggiunto dalle fiamme a partita in corso, si sarebbe verificata una strage con diecimila spettatori.

E non è stata fornita ancora alcuna spiegazione. Da quel momento, non sapevamo dove allenarci, abbiamo accettato il campo neutro, pregato per esibirci almeno a porte chiuse: un giorno gli emissari del Comune volevano cacciarci, io mi sono ostinato e non mi sono mosso». Ancora, «abbiamo riportato la tarantinità, per ridare lustro ed amore ad un pubblico scettico. Lo stadio è di proprietà del Comune, i Giochi del Mediterraneo sono un privilegio, ma deve essere assicurata la continuità di esibizione ai colori rossoblu, Cosa centra la società, che ha subìto il disastro? L’anno scorso ho letto parole di allarmismo da parte del sindaco, eppure a noi non è mancato nulla sotto il profilo economico. Ho gestito lo spogliatoio e tutta la dirigenza è stata abile nello spendere giusto, nel creare plusvalenze. Non parlo solo da allenatore o da responsabile dell’area tecnica, ma da capo tifoso, chiamatemi anche capo popolo. Non tollero che si speculi sul Taranto».

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