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La vertenza
16 Luglio 2024 - 16:25
La protesta sotto la Prefettura
Non si ferma la lotta dei lavoratori della sede stattese della multinazionale Hiab. Già lunedì si è tenuto uno sciopero di otto ore, con la mobilitazione «che ha registrato l’adesione totale della forza lavoro dello stabilimento ed ha visto i lavoratori riuniti in presidio presso la sede della Prefettura di Taranto» si legge in una nota di Fim, Fiom e Uilm. Nell’occasione i segretari delle sigle metalmeccaniche, insieme ad una delegazione di lavoratori, sono stati ricevuti nella sede istituzionale dove hanno ribadito le motivazioni della protesta, «registrando la piena disponibilità ad un intervento in grado di favorire ogni possibile soluzione della vertenza».
Come detto, la mobilitazione non si interrompe e proseguirà nei prossimi giorni, a conferma dello stato di agitazione già proclamato ed attualmente in essere. Inoltre, in concomitanza all’incontro richiesto dai sindacati al Comitato di Monitoraggio del Sistema Economico Produttivo delle Aree di Crisi della Regione Puglia e da questo convocato a riguardo per discutere della situazione attuale e delle possibili prospettive del sito di Statte, nella giornata di martedì 23 luglio è previsto un nuovo sciopero di otto ore, con presidio dei lavoratori presso la sede della Presidenza della Regione Puglia, a Bari, a partire dalle 10.
«Il futuro di altre 102 famiglie è a rischio perché Hiab ha annunciato la delocalizzazione del suo stabilimento di Statte , con la conseguenza dell'apertura di una procedura di proroga della cig per i lavoratori. Ci domandiamo se a Palazzo Chigi capiti mai di parlare della desertificazione industriale di Taranto, quando il territorio si avvia a perdere un altro tassello del tessuto imprenditoriale» dice il senatore Mario Turco, Vicepresidente del MoVimento 5 Stelle, nonché Coordinatore del Comitato Economia, Lavoro e Impresa. Per Turco, «a Taranto si sta consumando una carneficina sociale senza fine nell’indifferenza totale. Non dimentichiamo che questo Governo è stato capace, prima, di mettere in cig 5.000 lavoratori di ex Ilva; poi, di deferire a dicembre la vertenza dei lavoratori portuali; così come di non porre rimedio alla cassa integrazione di oltre 1.200 lavoratori dello stabilimento Leonardo di Grottaglie e, infine, di dimenticare del tutto i lavoratori ex Cementir. Per non parlare del guazzabuglio saldato attorno alle imprese dell'indotto ex Ilva ed ai relativi dipendenti: tali aziende attendono ancora i pagamenti dei crediti maturati e la procedura di factoring con Sace presenta criticità, laddove esclude sia le aziende non bancabili, con il Durc negativo, che quelle non ammesse in prededuzione nella procedura concorsuale. E, a tutto questo, ora si aggiungono altri 102 lavoratori il cui futuro diventa un'incognita».
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