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L'inchiesta
14 Luglio 2024 - 08:00
La cripta del Redentore
di Alessandra Basile
Dopo aver svolto una analisi introduttiva sulla tutela, sulla valorizzazione e sulla fruizione dei beni archeologici e sull’immenso patrimonio nel territorio, ecco la mappatura delle aree archeologiche con informazioni tratte dal sito della Pro loco di Taranto. Un elenco che potrebbe non essere esaustivo.
Tempio Dorico in Piazza Castello
Le recenti indagini, condotte allo scopo di restituire definitivamente alla fruizione pubblica i resti archeologici superstiti e l’intera piazza, non hanno fornito dati utili ad un riconoscimento della divinità cui era dedicato il tempio. Si conservarono tre colonne doriche scanalate relative al colonnato settentrionale, costruite con rocchi di pietra carparo, cavati in parte nelle più prossime vicinanze della struttura, come infatti si è confermato al di sotto del battuto pavimentale esterno al monumento con la presenza di blocchi parzialmente tagliati nel banco ed ancora in situ. I nuovi saggi hanno riscontrato la datazione dell’edificio sacro in età arcaica, nello specifico alla fine del primo venticinquennio del VI sec. A.C. Per la ricostruzione planimetrica dell’edificio non è emerso nessun dato rilevante, facendo ipotizzare una prima cella lignea.
Ipogei in città vecchia
Situati al di sotto del piano stradale, sono presenti in numerosissimi punti della città vecchia. Da via Cava a via Duomo a via delle Fogge, erano utilizzati come granai, depositi, cisterne, zone artigianali, ma anche per uso funerario, per rifugi evie di fuga con accesso diretto al mare.
Frammenti Architettonici nel giardino Caduti sul Lavoro
Sul lungomare Vittorio Emanuele III, nel giardino Caduti sul Lavoro, sono conservati diversi elementi architettonici di età romana imperiale, provenienti da una stessa area compresa fra Via V. Pupino, Via di F. Palma e Via C. Nitti, di cui non è possibile proporre una sicura posizione topografica in assenza di una sufficiente documentazione degli scavi effettuati nella zona dalla fine del secolo scorso fino agli anni ’50. Da quest’area derivano per prima cosa un gruppo di quattro statue di marmo acefale ed il ritratto dell’imperatore Augusto, rappresentato come pontefice massimo con il capo velato. Grazie a recenti interpretazioni questi reperti possono essere ricondotti a più fasi di un edificio templare inserito in una piazza porticata.
Santuario in Via Pitagora
All’interno dell’Ospedale Militare, in un incavo ipogeo è conservata una struttura monumentale rinvenuta nel 1901, durante cioè i lavori di sistemazione dell’Arsenale. L’edificio cultuale è costituito da una cella rettangolare costruita in paramento in blocchetti immersi nella malta cementizia, con faccia a vista irregolare (opus incertum), utilizzando materiale di spoglio più antico. L’accesso è aperto ad est per mezzo di una porta, di cui si sono conservati gli stipiti ottenuti in blocchi calcarei monolitici. All’interno le strutture sono ancora ricoperte, in alcuni tratti, di uno strato di intonaco con tracce di decorazione dipinta, di cui restano fasce verticali in rosso. In asse con l’ingresso s’individua, al centro, una struttura quadrata, un altare. La parte conservata non reca iscrizioni o rilievi, eccetto quella a sinistra della porta su cui è scolpita a bassorilievo una lunga torcia. La rara pratica rituale dell’altare interno ed il simbolo della torcia su una delle stele suggeriscono l’esigenza di un culto legato ad una divinità femminile ctonia, cioè Demetra o Artemide. La datazione dell’edificio si può supporre essere dell’età tardo repubblicana (II – I sec. A.C.) sulla base delle condizioni stratigrafiche e della tecnica costruttiva.
Tomba a camera di Via Nitti
Altra tomba importante è quella rinvenuta alla luce nel 1911 in Via Nitti, databile alla seconda metà del V sec. a.C. Si tratta di una tomba a camera che misurava 3.20 m di lunghezza per 2.40 m di larghezza e 2 m di altezza. Tutta la struttura poggiava su un pilastro decentrato, questo reggeva un architrave che, a sua volta, costituiva la base per la copertura a lastroni a doppio spiovente. All’interno vi erano tre sarcofagi ognuno dei quali conteneva un corredo funerario oltre a frammenti di chiodi relativi, forse, ai letti lignei (klinai). Come detto prima i tre corredi funerari erano diversi: infatti nel sarcofago di sinistra è stato trovato un vasetto acromo; in quello centrale un contenitore per gli unguenti (alàbastron), uno strigile in bronzo ed un boccaletto acromo; infine, sulla copertura del sarcofago di destra, sono state rinvenute due coppe (kylikes) ed un’anfora panatenaica. È anche l’ultima ad aver riunito tre aristocratici dediti all’attività sportiva. Questo è dimostrato dalla presenza dello strigile, dell’alàbastron e soprattutto dell’anfora panatenaica, riportata come premio negli agoni quadriennali ateniesi. Inoltre, questa è una delle poche tombe a mostrare resti pittorici. Infatti, all’interno, presenta, lungo le pareti, due linee in rosso e in azzurro, da cui si diparte un motivo a fiori di loto stilizzati.
Ipogeo “Genoviva” di Via Polibio 75
Nel 1968 durante lavori per la costruzione di un immobile per civili abitazioni, fu rinvenuto un nucleo di sepolture, fra cui un ipogeo funerario, che a scavo ultimato fu inglobato in un ambiente seminterrato al di sotto dell’edificio in costruzione al numero civico 75 di via Polibio.
La tomba monumentale è oggi accessibile autonomamente da un cortile parcheggio di proprietà privata, che prospetta sulla traversa che immette su via Pio XII. L’ipogeo, espressione di un nucleo familiare relativo ad un ceto sociale abbiente, sembra sia stato utilizzato fra il 330 a.C. ca. e il III secolo a.C. avanzato e costituisce pertanto una delle testimonianze più antiche del rinnovato uso, interrotto agli inizi del V secolo a.C., di monumentalizzazione della necropoli che caratterizzerà a Taranto l’età ellenistica, anche dopo la conquista romana.
Tomba a camera di Via Crispi
Una grande tomba a camera con sette sarcofagi, conservata in un ambiente a piano terra all’interno della Scuola Media “G. Mazzini”, all’angolo fra le Vie Pitagora e F. Crispi, fu rinvenuta e scavata in due fasi, nel Maggio del 1917 e Marzo del 1921. Si tratta del maggiore monumento dell’architettura funeraria tarantina di età arcaica (fine VI – inizi V secolo a.C.); di pianta quadrangolare, era del tutto costruita in opera quadrata e pavimentata con blocchi di carparo locale; la copertura, mancante al momento della scoperta, era probabilmente realizzata in lastroni e architravi di carparo e sostenuta da due colonne doriche disposte sull’asse centrale del vano. La tomba a camera di Via Crispi costituisce una vera e propria riproduzione di un andròn reale, poiché la porta di accesso è fuori asse per agevolare l’alloggiamento dei sette sarcofagi che, come le klinai, sono addossati tutt’intorno alle pareti, ad immortalare nella struttura tombale il tipo di rapporto che li identificava in vita, utilizzando una soluzione simbolica, quella dell’andròn, allusiva del loro livello sociale. Il ricco corredo che segue, rinvenuto all’esterno ed all’interno dei sarcofagi, definisce in maniera completa il modello rappresentativo della cultura aristocratica tarantina: atletismo e banchetto sono gli aspetti esibiti nella maniera più esplicita.
Portico e strutture muraria in Viale Virgilio
Sulla costa del Mar Grande, vicino al Circolo Nautico, si conservano i resti di un portico e di strutture murarie in opus reticulatum (opera reticolata: paramento regolare di tufelli a base quadrata che formano una trama a rete).bLe strutture conservate si riferiscono alle fasi di sviluppo urbanistico del municipio tarantino, all’epoca dell’imperatore Augusto, fra la fine del I sec. a.c. e gli inizi del I sec. d.C. In questo periodo è documentata in città la costruzione, nella stessa tecnica, dell’anfiteatro e dell’acquedotto proveniente da Saturo, i cui resti sono ancora conservati in Corso Italia, purtoppo alla merce dell’incuria dei cittadini.
Necropoli di via Marche (Età arcaica-classica-ellenistica)
Le ricerche condotte in via Marche, nell’area antistante il Tribunale, hanno permesso di individuare, nel corso di più campagne di scavo, circa centoquaranta sepolture riferibili a uno dei settori più rappresentativi della necropoli tardo-classica ed ellenistica, documentando una utilizzazione del sito, prevalentemente per usi funerari, già a partire dalla fine del VII – prima metà VI secolo a.C. Considerata la rilevanza del sito, con finanziamenti dell’Unione Europea si è provveduto alla conservazione dei resti, per la conseguente valorizzazione.
Tomba a camera di via Umbria (Istituto “Maria Ausiliatrice”)
Una vasta area di necropoli fu oggetto di indagine da parte della Soprintendenza Archeologica nel l’agosto del 1955, in connessione con i lavori di costruzione dell’Istituto salesiano “Maria Ausiliatrice”, in un’area già di proprietà Acclavio, a seguito di altre campagne di scavo condotte fortuitamente fra il 1952 e il 1954. Attualmente di tutte le tombe riconosciute nel complesso religioso, sono ancora visibili soltanto due strutture monumentali ipogee, conservate in un ambiente seminterrato Ausi1iatnice” accessibile dal corridoio di collegamento, adiacente a via Sardegna, fra i due cortili interni dell’istituto. L’accesso, in realtà non molto agevole, attraverso una botola in ferro che si apre all’esterno sul pavimento immette, per mezzo di una scala in ferro, allo stretto disimpegno da cui è possibile scendere nella camera funeraria meridionale e traguardare, con qualche difficoltà, dall’alto l’attigua camera funeraria, non accessibile in quanto conserva ancora in situ la porta monolitica in carparo. Si tratta di due tombe a camera gemme, affiancate e costruite contestualmente, destinate, quindi, ad uno stesso nucleo familiare. Ad entrambe le strutture monumentali si accede da est, attraverso un dromos a gradini nella parte superiore, a scivolo in quella adiacente al piccolo vestibolo.
Cinta difensiva in Via Emilia
Tra Corso Italia e Via Emilia sono ancora in situ alcuni tratti del circuito difensivo della città greca, relativi al settore sud-orientale che raggiungeva in linea retta la costa del Mar Grande, non lontano da Torre d’Ayala. Le indagini condotte nell’area nel 1968 e1980 sui resti emergenti, hanno consentito di ricavare dati importanti soprattutto sui diversi ripristini subiti dal circuito murario, in connessione con le note vicende storiche che hanno interessato la città nel corso del III sec. a.C. Si conserva un tratto di circa 70 metri, costituito da un doppio paramento di blocchi tufacei con riempimento (emplekton) interno e setti trasversali di collegamento disposti a distanza regolare. La struttura è impostata su un piano di argilla e pietrame; i due paramenti distano fra loro 4,20 metri. Diversi blocchi presentano incassi laterali per il sollevamento e segni di cava: lettere dell’alfabeto greco, simboli e sigle, con molta probabilità utilizzati in maniera più numerosa con valore di numerale, per favorirne la costruzione. Sia i dati epigrafici che stratigrafici consentono di collocare questa prima fase costruttiva fra il 450 e il 430 a.C.
Tomba a semicamera di Via Alto Adige
La zona intorno a Via Alto Adige è stata interessata più volte da scavi archeologici, che hanno evidenziato la presenza, in questo settore dell’abitato antico, di una vasta area di necropoli in prevalenza di età tardo classica ed ellenistica (IV – II sec. a.C.), rappresentata da sepolture di tipologia varia, fra cui tombe a camera e a semicamera, scavate nella roccia, individuate all’esterno da segnacoli (semata) e monumenti funerari a forma di tempietto (naiskoi). I resti del corredo e dei frammenti architettonici del monumento esterno suggeriscono una datazione della seconda metà del III sec. a.C.
Tomba a camera di via Dante
Tomba a camera rinvenuta nel 1934 in Via Dante risulta essere una delle tombe più antiche della necropoli di Taranto. E’ a pianta quadrata (3.5×3.5 m) realizzata e coperta con lastroni che poggiano su un architrave sorretto da una colonna dorica a fusto liscio. Per accedere alla tomba era necessario rimuovere alcuni lastroni del lato sud, in corrispondenza del quale all’interno insistevano tre gradini perpendicolari al muro. La struttura databile intorno al V-IV secolo a.C., il corredo funerario, costituito per la maggior parte da recipienti per il vino, fa pensare all’uso aristocratico del simposio. Per questo si potrebbe trattare di tre personaggi legati da una parentela o un’affinità di tipo gentilizio.
Tomba a camera di Via Acton
Nel 1982 fu rinvenuta, nel settore nord-orientale dell’abitato antico, cioè a qualche centinaia di metri dalle mura che circondavano ad oriente la città greca, un’area utilizzata per usi funerari caratterizzata da piccoli nuclei di sepolture. Essa è collegata ad una necropoli molto più ampia, di età ellenistica, di cui un altro settore comprende una tomba a camera con arco. In base ad analogie con altre sepolture monumentali della necropoli tarantina, le tombe si possono inquadrare nel III sec. a.C.
Cinta difensiva e Necropoli in zona Solito-Corvisea
La località Collepasso corrisponde al settore nord-orientale del Centro Antico, che coincide ancora oggi con un quartiere periferico di recente urbanizzazione; di tratta di una vera e propria isola risparmiata dall’invadente espansione edilizia in quanto area demaniale. Nel 1987, nel corso di una campagna di scavi, furono messi in luce i resti del circuito murario di età greca (V sec. a.C.), che proteggeva l’abitato verso est e che raggiungeva, in questo tratto, la costa del Mar Piccolo. Le mura, conservate oggi a livello di fondazione, erano costruite con blocchi di carparo, a doppio paramento, con setti trasversali di collegamento e riempimento (emplekton) interno. Nella stessa zona, verso l’interno della città, sono conservati diversi nuclei di sepolture risalenti alla fine del V e i primi decenni del IV sec. a.C. La frequentazione di età romana è documentata dalla presenza di una strada che attraversava perpendicolarmente le mura. Subito dopo Via C. Battisti sono visibili altri resti del circuito murario, noti come le mura di Solito-Corvisea. Sono state individuate delle torri e una porta in corrispondenza di un percorso viario. All’esterno delle mura è stata ipotizzata la presenza di un fossato difensivo largo circa 15 metri.
Fornace di Corso Annibale
Nel corso degli scavi condotti a Taranto sono state individuate diverse fornaci che rispondevano alle più varie richieste del mercato locale nel tempo. Delle produzioni di ceramica e di terrecotte figurate, infatti, sono testimoniate nella città già nelle fasi successive alla fondazione della colonia greca, cioè alla fine dell’ VIII sec. a.C.; queste attività artigianali si prolungarono in età romana. Nel 1980 fu ritrovato un impianto produttivo, di età romana imperiale, con la particolarità di avere una fornace e una serie di unità abitative e ambienti di servizio. La fornace, di tipo a corridoio centrale, con prefurnio e camera di combustione trapezoidale, è costruita con frammenti di tegole e mattoni legati tra loro con argilla. L’impianto risale al II sec. d.C., la cui attività dovrebbe essere stata basata sulla produzione di laterizi e ceramica di uso comune.
Cripta del Redentore in Via Terni
Originariamente una tomba a camera magnogreca, forse riutilizzata in epoca romana, la Cripta del Redentore è tra i siti archeologici di Taranto di elevato interesse e valore.
Lo studio della struttura, più volte riutilizzata nel corso dei secoli, ha permesso di tracciarne le varie fasi ed i cambi d’utilizzo.
Secondo la tradizione tarantina un piccolo gruppo di monaci di rito bizantino riutilizzarono l’antico spazio lontano dall’abitato come luogo di preghiera, l’inserendo un abside, creando un’apertura nella vicina grotta caratterizzata dal pozzo centrale e decorandone le pareti con alcuni affreschi. Il ciclo pittorico palinsesto, datato al XII sec. (circa) riproduce immagini tipiche del tempo con il “Cristo Pantocratore tra san Giovanni e la Vergine” nell’abside, e sulle pareti laterali cortei di Santi tra i quali è facile riconoscere “San Basilio” o “San Paolo” “Sant’Euplo” e “San Biagio” oppure “Santo Stefano”.
Villa romana e necropoli medievale sulla Circum Mar Piccolo
I resti di villa romana visibili lungo la costa del Mar Piccolo, nei pressi del complesso di S. Pietro Marrese, acquistano più rilevanza poiché sembrerebbero confermare una serie di notizie letterarie sulle origini della chiesa a Taranto.
Nella Storia di S. Pietro, scritta fra la fine del IX e gli inizi del X sec. d.C., viene infatti riportata la notizia che l’apostolo Pietro durante l’impero di Claudio (41-54 d.C.) partì con il discepolo Marco per Antiochia per raggiungere Roma; a Taranto si diresse sulle coste del Mar Piccolo, dove erano i giardini del Signore Eucadio, il cui custode Amasiano era gobbo dalla nascita. Dopo essere stato guarito da Marco, Amasiano si convertì al cristianesimo e successivamente divenne il primo vescovo di Taranto. Marco, dopo la partenza di Pietro, rimase a Taranto e, tra le tante cose, liberò dal demonio la figlia di Eucadio, il quale, per riconoscenza, fece costruire nel luogo in cui l’apostolo Pietro aveva predicato la parola di Cristo una chiesa a lui intitolata. Si conservano i resti del muro di terrazzamento, mentre le strutture murarie superstiti sono realizzate in opera quadrata nella parte inferiore e nella parte superiore presentano rifacimenti in opera laterizia, cioè con l’impiego di mattoni cotti e malta cementizia, risalenti al I-II sec. d.C. Risalendo fino alla Masseria S. Pietro si nota la presenza di un’area di necropoli di età medievale (XII-XIV sec. d.C.), con sepolture ricavate nella roccia.
Villa romana in località Saturo (Leporano)
Sull’altura presente tra Saturo e Porto Perone sono conservati i resti di una villa romana di età imperiale, distinti in due zone ai lati della torre del XVI sec. d.C. e collegati lungo la linea di costa da un portico in opera incerta. Ad est della torre ai vani di servizio si affiancano un edificio termale e alcuni ambienti residenziali con pavimento a mosaico policromo, uguale a quelli presenti su un atrio a quattro colonne (tetrastilo) di ordine dorico, al centro del quale è stato rinvenuto un impluvium (vasca per la raccolta delle acque piovane), con i sistemi per il drenaggio delle acque. A ridosso dell’insenatura di Porto Saturo è presente un complesso termale della villa: I resti visibili sono risalenti al III sec. d.C., usati fino all’età tardo antica.
Fin qui la mappa dei siti. Purtroppo, la maggior parte di questi siti sono, attualmente, chiusi al pubblico o, se a cielo aperto, soggetti all’incuria e al vandalismo dei passanti. Ma dall’Amministrazione si fa sapere che diversi di questi sono stati oggetto di significativi lavori di restauro e valorizzazione finanziati nell’ambito del “Piano di rigenerazione sociale per l’area di crisi di Taranto” – Fondi EX – ILVA. L’impegno per una adeguata promozione, pare sia garantito non solo per i siti di titolarità comunale, ma anche per quelli accessibili grazie al Protocollo d’Intesa, siglato con la Soprintendenza del Patrimonio Subacqueo. È recente, inoltre, la notizia diramata in merito alla fase conclusiva della gara per l’affidamento della gestione delle tombe a camera ad una cooperativa che avrà il compito di rendere nuovamente fruibili alla collettività questi importanti beni culturali, parte integrante dell’enorme patrimonio storico della città. Un appello, dunque, ai nostri concittadini che proteggano con piccoli gesti di attenzione e buona educazione le bellezze di Taranto, affinché possano essere simbolo e testimonianza di civiltà passata e presente.
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