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L'inchiesta

Beni archeologici: la ricchezza sepolta

La mancata valorizzazione dell'enorme patrimonio archeologico di Taranto. Cosa dicono i dati e le leggi

La necropoli di Taranto

La necropoli di via Marche

di Alessandra Basile

La Puglia, oggi, anche attraverso la forza trainante degli ultimi eventi politici, sta vivendo un momento di forte interesse a livello internazionale, che si spera venga accompagnato anche da un’importante fase di sviluppo culturale e turistica.

Lontani dai fasti di Egnazia, però, sono ancora numerosi i siti archeologici che meriterebbero non solo un numero ben più importante di turisti, ma soprattutto un’importante attenzione da parte del nostro sistema culturale. Si tratta di capire se si vuole prendere ad esempio un modello virtuoso oppure limitarsi a guardare dove le cose vanno peggio che qui per giustificare le proprie mancanze. Il compito delle Amministrazioni è, nonostante le ristrettezze cui ci hanno ridotto i governi, quello di trovare le risorse per fare i lavori indispensabili alla tutela dei beni culturali; il dovere o almeno l’impegno della cittadinanza è quello di dimostrarsi sensibile alla bellezza intrinseca del bene culturale archeologico. Perché  se non c’è un interesse verso una tematica, non ci sarà un’attenzione da parte di chi investe su queste attività nel contesto pubblico o nel contesto privato. Ne deriva che aumentare l’interesse verso l’archeologia da parte dei cittadini implichi un interesse verso la materia da parte dei decisori pubblici. Se ciò che oggi interessa di più è la sostenibilità o la capacità di generare flussi turisti, allora è giusto che si punti principalmente su questi livelli. Non perché debbano prendere il sopravvento sugli aspetti scientifici (che ne sono il fondamento), ma perché debbano essere “strumenti” per diffondere una maggiore consapevolezza. Tutti a favore della cultura quando è il momento di cercare di raggiungere qualche finanziamento europeo, così da immettere liquidità nell’economia cittadina attraverso i meccanismi degli investimenti, salvo poi ignorare che qualsiasi investimento è tale soltanto se genera maggior valore, altrimenti è consumo o, in alcuni casi, spreco. Non va dimenticato che la valorizzazione di queste aree, anche attraverso azioni integrate, ha obiettivi differenti a seconda del target: se per il turista sono un modo per arricchire la propria esperienza di viaggio, per i cittadini sono un modo per arricchire la propria consapevolezza, e la propria persona. I siti archeologici e i luoghi di rilevanza storica costituiscono importanti attrazioni per i turisti di tutto il mondo. Taranto, grazie alla presenza di un immenso patrimonio archeologico e storico-culturale, si dovrebbe posizionare tra le mete favorite da chi desidera realizzare un’esperienza culturale appagante. Si potrebbe parlare di turismo archeologico date le caratteristiche ed i contesti di fruizione accessibili al pubblico globale dei turisti, poiché l’archeologia necessita dei turisti che fruiscono del reperto archeologico e contribuiscono all’aumento dei fondi destinati alla preservazione del sito stesso e alla creazione di un nuovo sistema economico di valore per le comunità locali. Il turismo archeologico può essere definito come un viaggio che si focalizza sulla visita e sull’esperienza di antichi siti e luoghi storici, un fenomeno complesso da identificare, che spesso si tende a ridurre a sottocategoria del turismo culturale e alla sola visita di musei e aree archeologiche, escludendo in questo modo altre attività che potrebbero invece essere incluse come parchi focalizzati su temi storici o archeologici, la partecipazione a tradizionali danze, festival e altri eventi. Un’altra tendenza che si riscontra nella pratica del turismo archeologico è il fatto che spesso venga identificato come “turismo del nulla”, perché in effetti, alcuni spazi diventano soggetti alla visita archeologica proprio per la loro incompletezza e l’assenza di alcuni elementi, d’altronde è noto che ciò che si visita spesso siano delle rovine, resti di ciò che effettivamente c’era in passato, ma le riproduzioni e ricostruzioni virtuali possono facilmente sostituire o affiancare i reperti originali e potenziare la sensazione di immersione nell’alterità del passato che il turista ricerca. Si può quindi comprendere facilmente il motivo per cui i musei archeologici virtuali, che includano esperienze di coinvolgimento, partecipazione e intrattenimento, si posizionino ormai come prima scelta di visita archeologica dei turisti contemporanei. L’apporto della tecnologia in questo settore risulta particolarmente interessante per cogliere la molteplicità di sfide e opportunità che stanno rinnovando le modalità di fruizione del patrimonio archeologico. Queste mettono in evidenza non solo le attuali esigenze dei turisti, ma anche una serie di approcci innovativi, in continua evoluzione, offerti dalla tecnologia come supporto alla visita.

Qualche dato interessante

Nel nostro paese i beni culturali archeologici rappresentano una consistente parte del patrimonio culturale. Secondo alcuni dati presentati dal Touring Club nel corso della ventiduesima edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, su quasi 5000 luoghi della cultura aperti al pubblico, 282 sono classificati come parchi e aree archeologiche, 613 come musei archeologici e 38 come monumenti d’archeologia. Quasi la metà (41%) si trova nel Sud Italia, dove l’offerta archeologica attira ogni anno quasi 11 milioni di persone, confermando il primato della zona per la presenza di questo tipo di patrimonio culturale. Inoltre, i beni archeologici sono anche le attrazioni culturali maggiormente visitate in Italia e pertanto una considerevole fonte di guadagno economico. L’obiettivo principale della BMTA è “favorire la commercializzazione, contribuire alla destagionalizzazione e incrementare le opportunità economiche”. Con importanti sostenitori come il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, la World Tourism Organization, Unesco e Iccrom, la BMTA collabora con Invitalia, Enit, European Economic and Social Committee e l’Istituto di Scienze del Patrimonio culturale per promozione della tutela, della valorizzazione e della fruizione dei beni culturali archeologici.

Cosa dice la normativa

 Risulta utile specificare in primis cosa si intenda per tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali, in particolare archeologici, per soffermarsi successivamente nelle nuove modalità con cui tali attività vengono oggi assicurate e offerte. A questo scopo la Costituzione Italiana, Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e il Codice del Turismo costituiscono i riferimenti legislativi imprescindibili. Il pilastro fondamentale su cui si basa la legislazione dei beni culturali è l’articolo 9 della Costituzione Italiana che dichiara quanto segue: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Questo articolo sottolinea, sancisce e afferma l’impegno dello Stato italiano a svolgere un ruolo attivo nel promuovere e sviluppare la cultura e la ricerca e nel tutelare i beni culturali e il paesaggio. E la disposizione dell’articolo 9 suggerisce che lo sviluppo della cultura avvenga anche grazie alla possibilità di godere del patrimonio culturale, ma ciò può avvenire solo nel caso in cui esso sia visto e condiviso dalla collettività. Pertanto, la valorizzazione costituisce il processo indispensabile per questa finalità in quanto permette ai valori del bene di produrre un effettivo arricchimento culturale. Sebbene la Costituzione Italiana del 1948 si dimostri già consapevole dell’importanza della tutela e della promozione del patrimonio culturale, la legislazione italiana ha acquisito piena consapevolezza di ciò solamente negli ultimi decenni. Nel 1998 si ritrova una prima distinzione tra valorizzazione e tutela. La tutela veniva definita come “attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali”, mentre la valorizzazione come “ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione”. Il successivo Testo Unico 490/1999 sancisce esplicitamente l’importanza della valorizzazione dedicandovi alcune disposizioni intitolate “Valorizzazione e godimento pubblico”. Il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio del 2004 ribadisce il fatto che la tutela e la valorizzazione siano le funzioni tramite cui la Repubblica attua l’articolo 9 della Costituzione. La compenetrazione tra queste due attività, tuttavia, può talvolta renderne difficoltosa la distinzione. Il Codice pertanto tenta chiarirne le rispettive finalità. La tutela viene definita all’articolo 358 nel seguente modo: “1. La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. 2. L'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale”. Nel Codice, inoltre, si sottolinea esplicitamente quale sia il suo obiettivo specifico, ovvero rendere il bene culturale fruibile dalla collettività. La tutela in questo senso viene intesa non solo come un’attività indispensabile per la sopravvivenza del patrimonio culturale, ma anche come attività chiave per fare in modo che questo possa ricoprire un ruolo attivo nella vita dei cittadini, garantendogli così anche un futuro. Quest’ultima visione cominciò ad essere contemplata nel momento in cui si comprese che il patrimonio culturale poteva rivestire un ruolo attivo come fattore di miglioramento della qualità della vita. Come dichiarato dal Codice l’obiettivo della valorizzazione è quello di assicurare la diffusione e la conoscenza della cultura da parte della collettività, nonché il godimento, ovvero la sua fruizione. Inoltre, rientrano nelle attività legate alla valorizzazione anche la promozione e il sostegno della tutela.

Le tre funzioni (tutela, valorizzazione e fruizione) si trovano pertanto strettamente legate tra loro per realizzare un unico progetto organico di gestione, in un rapporto di coesistenza e collaborazione. A questo punto entrano in ballo tanto le esigenze di una futura comunicazione del valore storico-culturale del patrimonio, tanto quelle legate all’offerta di un’esperienza di visita archeologica da inserire nell’economia turistica  locale. Pertanto, come sostiene Salvatore Settis nel suo libro “L 'assalto al patrimonio culturale”, il concetto di valorizzazione racchiude in sé una doppia prospettiva: da un lato la promozione del contenuto culturale, dall’altro uno strumento che porta a ricavare anche un guadagno economico. Data questa coesistenza, egli sostiene che sarebbe stolto ignorare completamente il possibile valore economico apportato dal patrimonio culturale. Una volta garantita la valorizzazione, il bene assume un ruolo attivo nella società, non essendo più limitato alla sola sopravvivenza. Questo si realizza in particolar modo quando il bene entra a far parte di un’offerta turistica incentrata su esperienze autentiche e partecipative da parte dei visitatori, coinvolti anche, come abbiamo detto, da proposte che fanno uso della realtà virtuale e della realtà aumentata su diverse e innovative tipologie di devices.

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