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09 Aprile 2024 - 06:15
La Stazione Navale di Taranto
Una “sofferenza organica” per quanto concerne il personale militare, mentre sul versante civile “permane la forte criticità degli organici e dell’età media molto avanzata”. Ha un problema, la Marina Militare: la carenza di personale.
E’ quanto emerge dalle pagine del Rapporto 2023 della Forza Armata, reso pubblico nei giorni scorsi. Mancano uomini e donne, militari e civili. Un esempio viene proprio da Taranto, dove Cisl Fp, Cgil Funzione Pubblica, UilPa, Usb Pubblico Impiego e Flp Difesa hanno organizzato per domani, mercoledì 10 aprile, dalle 8 alle 10, un sit-in ed un’assemblea sindacale all’ingresso di Maristanav, la Stazione Navale. Rsu e organizzazioni sindacali hanno proclamato la mobilitazione ed indetto le iniziative annunciate proprio per lamentare la carenza di personale. Già a gennaio, in occasione della visita a Taranto del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino, la rappresentanza sindacale unitaria aveva sottolineato in un documento come “entro il 2024 l’organico del personale civile” della Stazione Navale “sarà ridotto alla metà pregiudicandone la capacità operativa. Le gravi carenze organiche sono ora divenute trasversali in tutti gli elementi di organizzazione e in tutti i profili con accentuate criticità nei profili tecnici, nel settore nautico, nella vigilanza e nella falegnameria. Ma pochissimi sono stati i nuovi colleghi transitati per motivi di salute nel 2023, e completamente ignorato l’ente all’interno delle procedure concorsuali. Insomma, la più importante base navale del Paese è, nei fatti, dimenticata nelle programmazioni del personale civile necessario”.
“Appare ora indispensabile - ancora i sindacati - che la Marina Militare assicuri a Maristanav uno spazio di rilievo nei concorsi in atto e in quelli programmati realizzando, altresì, un raccordo più stringente nelle assegnazioni dei nuovi colleghi transitati secondo le necessità dell’ente. Il tempo delle attese e dei rinvii è finito. I lavoratori aspettano risposte immediate per impedire la deriva di una realtà economica e produttiva di assoluto rilievo, nel territorio e nel panorama nazionale”. Da qui il sit-in previsto per domani. «Bisogna riconoscere con i fatti il ruolo imprescindibile per la nostra Marina Militare del Comando Stazione Navale di Taranto. E la riduzione del personale civile prevista per quest’anno non va di certo in questa direzione» aveva aggiunto Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico, sulle questioni sollevate dalla rappresentanza sindacale unitaria della Stazione Navale.
«Chiediamo che il Ministro Crosetto - era stata la richiesta dell’onorevole Pagano - assuma un impegno serio a riguardo, ascoltando le rappresentanze sindacali quando chiedono di assicurare a Maristanav un ruolo maggiore nei concorsi futuri e in quelli in essere, assicurando l’attinenza necessaria tra l’assegnazione dei nuovi assunti e le esigenze della struttura. Non si può continuare a trattare Taranto, e in questo caso la più grande base navale del Paese, come una “cenerentola”».
Infografica dal Rapporto 2023 della Marina Militare
Dal Rapporto 2023 della Marina emerge ancora come lo scorso anno abbia visto “l’implementazione del nuovo sistema di reclutamento dei volontari delle Forze Armate, introdotto dalla Legge 119/2022 che istituito la figura del volontario in ferma iniziale (VFI), con accesso tramite concorso, e del volontario in ferma triennale (VFT), con concorso interno riservato ai VFI. In attuazione della citata legge è stato definito, per tutte le Forze Armate, un incremento organico di 10.000 militari, in servizio permanente, tra volontari e personale ad alta specializzazione, in particolare: medici, personale delle professioni sanitarie, tecnici di laboratorio, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti e dei materiali, informatici e commissari. Tale provvedimento ha previsto per la Marina 3.250 unità aggiuntive, per un organico complessivo che passa dalle 26.800 unità a 30.050. Questo intervento certamente migliora la sofferenza organica della Forza Armata, ma non è risolutivo a fronte dell’esigenza minima utile a fronteggiare gli impegni, calcolata in almeno 35.000 unità. Il modello di riferimento ritenuto adeguato a seguito di studi approfonditi basati sull’esperienza inducono a perseguire il raggiungimento di 39.000. Relativamente al personale civile, permane la forte criticità degli organici e dell’età media molto avanzata. La soglia minima dovrebbe attestarsi intorno alle 9000 unità”.
Lo scorso anno, si legge nello stesso Rapporto, “è stato avviato un processo di rivisitazione e standardizzazione di procedure e strumenti di lavoro per meglio sfruttare la tecnologia a vantaggio di rapidità e qualità dei processi lavorativi, sostenibilità dei carichi di lavoro e fruibilità di servizi e informazioni da parte del personale. È un progetto fondato sul conseguimento di capacità informative integrate, basate sull’economia e la cultura dei dati, secondo il principio che il dato (anagrafico, personale, logistico, etc...) debba essere inserito una volta sola nel ‘sistema Marina’ e poi recuperato dai vari applicativi di gestione di cui ci stiamo dotando, per soddisfare le specifiche esigenze del singolo o della forza armata. All’atto pratico, l’effetto più immediato che si intende conseguire è di modernizzare strumenti e procedure di lavoro affinché in tutti i settori, i processi di richiesta, validazione, autorizzazione, disposizione, movimentazione e variazione, nonché tutte le pratiche amministrative routinarie, siano effettuati direttamente e unicamente su applicativi di gestione, attraverso le opportune chiavi di sicurezza e deleghe”.
Infografica dal Rapporto 2023 della Marina Militare
Per quanto riguarda unità navali e sottomarini si punta sulla ‘Multi Capability Carrier’: hub strategici, “facilmente dislocabili dove serve e quando serve, in grado di generare localmente massa critica ed effetti rilevanti”. Questi mezzi, spiega il Rapporto, “assolveranno funzioni di lancio, ricovero e centrale logistica per mezzi unmanned operanti in aria, sulla superficie del mare, sott’acqua e dal mare su terra con payload diversificati, che potranno essere controllati direttamente dai sistemi di comando e controllo di bordo. Queste unità garantiranno lunghe permanenze in mare, elevati standard abitativi per l’equipaggio ed imbarcheranno equipaggi molto ridotti. La concezione stessa di ‘equipaggio’, inteso come team che consente l’esercizio delle capacità operative, sarà ripensata, in quanto parte delle attività potranno essere svolte in remoto. Anche la manutenzione potrà essere remotizzata e virtualizzata, integrandola con la possibilità di realizzare parti di rispetto direttamente a bordo con sistemi di stampa 3D. L’adozione di soluzioni innovative dal punto di vista dello ship design, dell’allestimento e dell’impiego di materiali, la realizzazione di un gemello digitale del mezzo (digital twin) contribuiranno ad abbassare il numero di ore di lavoro necessarie alla gestione del mezzo e, più in generale, a innalzare la qualità della vita e del lavoro a bordo. Tali aspetti saranno centrali sin dalla fase di progettazione di base. I sistemi di comando e controllo saranno pienamente integrabili, anche grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, per garantire tutto lo spettro di missioni operative richieste dallo scenario”.
L'ammiraglio Credendino
«Il 2023 è stato per la Marina Militare un anno particolarmente sfidante» spiega l’ammiraglio Credendino nella sua introduzione al Rapporto. «Sono ulteriormente cresciute competizione e tensione nel Mediterraneo allargato, effetto del proseguire della guerra in Ucraina e dell’aggravamento della crisi israelo-palestinese. Persiste nel Mediterraneo la presenza di navi e sommergibili russi, con un atteggiamento a tratti imprudente; è immanente il rischio cui sono sottoposte le infrastrutture critiche sottomarine che trasportano informazioni ed energia; sono latenti le contese tra stati rivieraschi per lo sfruttamento delle risorse il cui accesso è legato al mare e ai fondali; è sempre più consistente la minaccia costituita da mine e droni – aerei, di superficie e sottomarini – dal basso costo e facile impiego contro navi mercantili e militari, come dimostrato dai perduranti attacchi in Mar Rosso. Tra i riverberi di questa situazione, nel 2023 sono stati ben evidenti gli effetti dell’interruzione o del condizionamento dei traffici marittimi, ben percettibili anche dal “comune cittadino”, come nel caso della crisi alimentare scaturita dal blocco dei flussi di grano dal Mar Nero o degli impatti degli attacchi dei ribelli Houthi contro le navi in transito nel Mar Rosso. Come conseguenza, alcune grandi compagnie di navigazione hanno deciso di circumnavigare l’Africa per raggiungere Europa e America, col derivante incremento di costi al consumo, tempi di approvvigionamento delle merci e rischio di marginalizzazione dei porti del Mediterraneo».
L'ammiraglio Credendino ha definito il 2023 un anno «molto sfidante» per la Marina Militare italiana
Per il Capo di Stato Maggiore della Marina, «in tale scenario, anche nel 2023 la Marina Militare ha operato su più fronti, con uno schema di manovra concepito per avere le nostre Unità sempre posizionate al posto giusto, in modo da impiegarle dove serve e quando serve, per produrre sicurezza e assicurare alla Nazione libertà d’azione sul mare e nell’ambiente subacqueo, essenziali per il nostro benessere e prosperità. Nel 2023 la Forza Armata ha prodotto uno straordinario output operativo, quantitativo e qualitativo: ogni giorno è stata impiegata in attività una media di 30 navi, 2 sommergibili, 12 sezioni aeree e 10 squadre di abbordaggio, per un totale di circa 4.000 marinai. Questo impegno ha raggiunto il suo picco il 27 aprile 2023, quando sono state schierate ben 42 navi, 4 sommergibili e 18 sezioni aeree, per un totale di 7.324 marinai. I numeri del 2023 assumono valore ancora superiore se si considera che la Marina è stata presente senza soluzione di continuità in tutte le aree dove insistono interessi nazionali, anche in supporto alle alleanze strategiche: Mediterraneo, Golfo di Guinea, Artico, Oceano Indiano, Mare del Nord e Baltico. Di estremo rilievo e valore sono state anche le campagne di proiezione di Nave Morosini in Estremo Oriente, del Fasan negli Stati Uniti e l’avvio del Giro del Mondo di Nave Vespucci che si concluderà nel 2025. Tra i segni più tangibili del rilievo acquisito sul piano internazionale, nel mese di aprile 2023 tre delle nostre Unità di prima linea erano contemporaneamente integrate in altrettanti gruppi portaerei alleati operanti rispettivamente in Atlantico, Pacifico e Mediterraneo. Anche nel 2023 il nostro strumento operativo ha dimostrato grande valenza in termini di prontezza, versatilità e flessibilità di impiego. Si pensi, ad esempio, all’invio di Nave Vulcano in Mediterraneo Orientale per scopi umanitari ad inizio novembre, avvenuto in sole 48 ore dalla decisione politica, o al tempestivo invio di Nave Fasan in Mar Rosso per proteggere i mercantili nazionali dalla minaccia Houthi, avvenuto in meno di una settimana dalla decisione del Vertice del Dicastero Difesa».
Credendino evidenzia come «altrettanto immediati ed efficaci sono stati gli interventi in occasione dell’alluvione in Libia e del terremoto in Turchia, dove le nostre Unità anfibie hanno portato in brevissimo tempo aiuti e componenti nazionali di soccorso, militari e civili» mentre, riguardo alla «dimensione subacquea», «l’attenzione sull’underwater è stata mantenuta con determinazione anche attraverso l’impegno nell’operazione Fondali Sicuri per la protezione delle infrastrutture critiche subacquee nazionali, attraverso un innovativo modello di cooperazione messo a punto dalla Marina che vede la sua sintesi nel “Critical Undersea Infrastructure Surveillance Centre” costituito presso la Centrale Operativa Multi-Dominio a Santa Rosa. Tutto questo ha comportato un elevatissimo livello di impegno, su tutti i fronti, con tempi di ricondizionamento di personale e mezzi ben inferiori a quelli che dovremmo assicurare. D’altro canto, ridurre la presenza aprirebbe opportunità per l’iniziativa di Paesi che stanno investendo molto in marittimità, a scapito dei nostri interessi come sistema Paese: fallire nel mantenere il vantaggio strategico marittimo renderebbe la Nazione più vulnerabile. Alla base della capacità della Marina di esprimere questo impegno con questi risultati ci sono donne e uomini, militari e civili, che silenziosamente operano a bordo e presso le basi, gli arsenali, gli istituti di formazione e gli enti che supportano e governano la Forza Armata».
«Un “equipaggio” unico che deve essere supportato al meglio, e verso il quale è in atto un rinnovato impulso affinché, attraverso la modernizzazione di strumenti e procedure e una crescente attenzione al welfare e al benessere organizzativo, siano migliorate la qualità del lavoro e la disponibilità, divulgazione e fruibilità dei servizi di supporto, a partire dagli alloggi», scrive ancora Credendino. «Parimenti, è in atto una forte spinta per affrontare il bilancio impegni-risorse tenendo conto degli acceleratori tecnologici e organizzativi, utili a ponderare disponibilità ed obiettivi. Ciò sulla base di una rinnovata attenzione all’ “economia del tempo” e alla “cultura del dato”, funzionali al miglioramento delle condizioni economiche, infrastrutturali, tecnologiche, normative e comunicative della Forza Armata. È stato elaborato un nuovo approccio agli strumenti di lavoro volto ad una semplificazione delle procedure anche attraverso l’opportunità di intervenire direttamente sulle direttive interne già consolidate».
FOTO MARINA MILITARE
E' chiaro che l’impegno della Marina italiana non può essere disgiuto da quello dell’Alleanza di cui l’Italia fa parte: la NATO. Il Trattato del Nord Atlantico, conosciuto anche come Patto atlantico, ha compiuto in questi giorni 75 anni. Il trattato che ha fondato la Nato, l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, venne firmato il 4 aprile del 1949 a Washington ed è composto da 14 articoli, il più importante dei quali è il 5, che prevede la mutua difesa degli alleati, sia pure con una formulazione frutto di un compromesso tra le esigenze costituzionali degli Usa e le richieste degli europei. “Le parti concordano - recita - che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area Nord Atlantica”. E’ stato applicato finora solo una volta, su richiesta degli Usa, dopo l’attentato alla Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Il trattato nacque grazie ad una risoluzione presentata al Senato americano dal presidente della commissione Esteri, Arthur Vandenberg. La Nato ha avuto 12 Paesi fondatori, molti dei quali affacciati sull’Atlantico, ma non solo: Usa, Regno Unito, Canada, Francia, Portogallo, Islanda, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Italia. Nel tempo si è allargata: nel 1952 entrarono Turchia e Grecia; nel 1955 la Germania Ovest, che tuttora ospita il grosso delle truppe Usa presenti in Europa; nel 1982 la Spagna, tornata alla democrazia dopo il Franchismo. Nel 1999 hanno iniziato ad aderire i Paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria; nel 2004 è stato il turno di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia; nel 2009 Albania e Croazia; nel 2017 il Montenegro; nel 2020 la Macedonia del Nord; nel 2023 è entrata la Finlandia. Quest’anno è stata la volta della Svezia. Oggi i membri dell’Alleanza sono trentadue.
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Testata: Buonasera
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