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05 Aprile 2024 - 06:15
Six Underground: su Netflix Taranto come una città del Medio Oriente
E' una relazione complicata, quella tra Taranto ed il cinema. Un discorso che per inciso si può allargare - anzi, restringere - al piccolo schermo, alle fiction ed ai film per lo streaming. Taranto è, per conformazione, paesaggi, storia, una città “cinematografica” che più volte è stata scenario se non addirittura co-protagonista di diverse pellicole. Ma spesso è stata mascherata, nascosta, spacciata per altro - e quando è lei, non sempre indossa il vestito migliore.
Nel recente kolossal di Netflix “Six Underground”, diretto da Michael Bay, sono state girate in Città Vecchia delle scene in cui ad essere portato in scena è però un immaginario borgo del Medio Oriente devastato dalla guerra civile. “Mondocane”, con Alessandro Borghi, è ambientato invece in un futuro distopico in cui Taranto (stavolta senza essere travestita da altro) è stata isolata dal resto del mondo a causa dei danni ambientali provocati dall’acciaieria: la città è scenario di violentissime lotte tra gang rivali e bande criminali. Ne “Il grande spirito” di Sergio Rubini la Taranto contemporanea è, soprattutto, terra di piccola malavita ed enormi pestilenziali fabbriche. Bellissima invece è l’ambientazione anni Trenta de "Il commissario Ricciardi": solo che in questo caso il fascino del capoluogo ionico viene attribuito a Napoli. Un film già visto per "Io speriamo che me la cavo" (1992, un’altra epoca) diretto da Lina Wertmuller. La stessa regista che in occasione delle riprese di Mannaggia alla miseria smontò letteralmente il set a Taranto per la storiaccia di un tentativo di estorsione, fuggendo a Brindisi. Molte polemiche accompagnarono nel 2015 l’immagine di Taranto data da "Belli di papà", con Diego Abatantuono.
Ad ogni buon conto, adesso con la denuncia sociale di “Palazzina Laf”, l’epica del “Comandante” e lo sguardo d’autore di “Disco Boy” Taranto si ritrova ancora sotto i riflettori, grande protagonista ai David di Donatello 2024. Le “cinquine” dei film candidati a quelli che vengono considerati gli Oscar italiani sono state svelate dalla presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano - Premi David di Donatello, Piera Detassis, durante la conferenza stampa in cui è stata presentata anche la cerimonia di consegna dei David, fissata per venerdì 3 maggio, in prima serata su Rai1. Per il miglior esordio alla regia sono in gara addirittura due tarantini: Michele Riondino per “Palazzina Laf” e Giacomo Abbruzzese per “Disco Boy”. Nella stessa categoria ci sono anche Paola Cortellesi che, con il suo “C’è ancora domani”, ha ottenuto il record di candidature (19), oltre a Micaela Ramazzotti, in corsa per “Felicità”, e Giuseppe Fiorello regista di “Stranizza D’Amuri”. In nomination per il David al Miglior Attore Protagonista ci sono Michele Riondino, sempre per “Palazzina Laf”, e Pierfrancesco Favino per “Comandante”, la storia di Salvatore Todaro ambientata durante la Seconda Guerra mondiale, con Taranto che ha ospitato gran parte delle riprese. Candidati anche Valerio Mastandrea (C’è ancora domani), Antonio Albanese (Cento domeniche) e Josh O’Connor (La chimera).
“C’è ancora domani” ha ottenuto complessivamente diciannove nominations; quindici sono le candidature di “Io Capitano”. In dieci categorie concorre “Comandante”, in cinque “Palazzina Laf”, in due “Disco Boy”. Quest’ultimo è stato già premiato al prestigioso Festival di Berlino con l’Orso d’argento per il “contributo artistico” a Helene Louvart, che ha diretto la fotografia del primo lungometraggio diretto da Abbruzzese, regista tarantino noto e apprezzato a livello internazionale per i suoi “corti”. Ad Abbruzzese è stato assegnato anche il Premio Kinéo e GCHR per i Diritti Umani, attribuito per la prima volta ad un autore italiano. Il filmmaker originario di Taranto era l’unico italiano in gara alla 73esima edizione della Berlinale con questa storia di un giovane immigrato che entra clandestinamente in Francia. Il ragazzo, il bielorusso Aleksej, si arruolerà nella Legione straniera, unico modo per avere un passaporto; approdato in Africa si confronterà con l’orrore della guerra.
Grande consenso ha avuto a Roma, all’ultima edizione della Festa del Cinema, un altro esordiente alla regia: Michele Riondino, che ha portato sul grande schermo la storia della “Palazzina Laf”. Il film si è anche aggiudicato tre Ciak d’Oro, l’unico premio del cinema italiano assegnato direttamente dal pubblico tramite una consultazione online. Lo stesso Riondino ha ottenuto i riconoscimenti come miglior attore e miglior regista esordiente. Premiato anche Diodato: è sua “La mia terra”, canzone colonna sonora del film. La pellicola, ambientata nel 1997, racconta la vicenda di Caterino, uomo semplice e rude, uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la troppa vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina Laf, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento.
“Comandante”, diretto da Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino, è stato invece il film d’apertura, dell’ottantesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, diretta da Alberto Barbera. «Nel quadro di un film d’epoca, risultato di un importante investimento produttivo del cinema italiano, l’opera di Edoardo De Angelis risuona di non ambigui echi contemporanei – le parole di Barbera – Il racconto dell’autentica vicenda del Comandante Salvatore Todaro che salvò la vita ai marinai sopravvissuti all’affondamento del mercantile nemico - mettendo a repentaglio la sicurezza del proprio sommergibile e dei suoi uomini - risulta come un forte richiamo all’esigenza di anteporre i valori dell’etica e della solidarietà umana alla logica brutale dei protocolli militari». Proprio nell’Arsenale Militare Marittimo di Taranto è stato ricreato - con grande maestria, in ogni dettaglio e a grandezza naturale - il sommergibile Cappellini, lungo 73 metri per 70 tonnellate di acciaio.
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