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Comune - La crisi
19 Febbraio 2024 - 06:00
Rinaldo Melucci
Sembra che l’ultimo disperato tentativo di Rinaldo Melucci per evitare il secondo default consecutivo della sua esperienza alla guida della città sia quello di mettere in piedi una sorta di governo di salute pubblica: tutti dentro (o quasi) e tirare a campare. Ma Melucci non è Draghi e non è un drago. Il presupposto per una operazione di questo tipo è quello di possedere una spiccata capacità di dialogo con tutte le forze politiche e con la città nel suo complesso. Ma proprio l’assenza di questa capacità è stato il limite più vistoso che Melucci abbia potuto manifestare in questi anni, spesso con insopportabile supponenza. Un sindaco, soprattutto il sindaco di una città maledettamente complicata e profondamente in crisi, deve innanzitutto saper ascoltare, deve saper sentire il respiro, gli umori della sua gente, deve saper farsi carico delle sofferenze, cercare di intuirne le cause e provare a proporne i rimedi o quantomeno a farsi sentire al fianco di chi è in difficoltà. Invece, giusto per restare alle ultime settimane, abbiamo avuto un sindaco che è riuscito ad entrare in conflitto con le già stremate imprese dell’indotto siderurgico e persino con la società di calcio. Di salute pubblica, quindi, ci vorrebbe un sindaco prima ancora che un governo. E Melucci non ha dimostrato di poterlo essere. Oggi Melucci vive in un regime di autarchia: chiuso nel suo bunker autoreferenziale, senza più partiti di riferimento, isolato anche rispetto ad altri livelli istituzionali, circondato dal suo nuovo cerchietto magico e da un fisiologico sciame di adulatori interessati alla propria sopravvivenza.
La sua prima amministrazione si concluse in anticipo per le dimissioni dei famigerati diciassette, quei “traditori” che in alcune componenti oggi sono nella sua rabberciata e ipotetica maggioranza. Oggi la situazione è ribaltata, perché i diciassette, se ci saranno, vestiranno i panni degli eroi. E chi ieri accusava gli altri di tradimento, oggi è dalla parte degli sfiducianti. Sono le involontarie e beffarde ironie della politica. Fatto è che per la seconda volta consecutiva Melucci rischia di vedersi mandare a casa anzitempo: un record. Ma soprattutto la certificazione della sua inadeguatezza politica al ruolo. E se dovesse resistere, finirebbe per essere perennemente ostaggio dei tanti “diciassettesimi” pronti a fargli pagare il prezzo del proprio determinante peso numerico. Comunque vada, un fallimento politico.
Taranto ha invece urgente necessità di una amministrazione comunale autorevole, che abbia altrettanto autorevoli riferimenti nei partiti, alla Regione, nel Governo. Taranto ha bisogno di uscire dal pericoloso isolamento nel quale Melucci l’ha condotta, perché Taranto, da sola, non potrà andare da nessuna parte se non lasciarsi risucchiare ancora di più nella sua drammatica spirale di depressione. La voce della città è persino scomparsa dalla madre di tutte le vertenze: quella dell’ex Ilva, rispetto alla quale il Comune - che dovrebbe rappresentare la sintesi delle istanze del territorio - è ormai del tutto assente. Taranto, in questa battaglia epocale, non conta più nulla. E la città non può permettersi tutto ciò. Ecco perché oggi è il giorno della verità: capiremo se c’è davvero determinazione a voltare pagina o se, fino ad oggi, qualcuno ha voluto fare solo ammuina ma, alla resa dei conti, preferisce tenersi stretto alla poltroncina all’insegna del più misero “tengo famiglia”. Non ci saranno sofismi giuridico-politici a giustificare scelte incoerenti: oggi, ferma restando la legittimità di ciascuna scelta, o si sta da una parte o dall’altra. Non ci sono mezze misure. Oggi davanti ad un notaio si apre l’elenco delle dimissioni volontarie di almeno diciassette consiglieri per provocare lo scioglimento del consiglio comunale e far calare il sipario sulla seconda “amministrazione Melucci”. A quanto pare, l’unico in bilico sarebbe il consigliere comunale e segretario cittadino della Lega, Francesco Battista. A lui il peso della responsabilità se mantenere a galla Melucci o se decidere di offrire alla città una nuova opportunità.
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