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L'analisi di Legambiente
21 Settembre 2023 - 06:55
L'ex Ilva
La siderurgia europea viaggia verso la decarbonizzazione. Con una eccezione: Taranto. Ad affermarlo, l’associazione ambientalista Legambiente, tramite Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto e Daniela Salzedo, direttrice di Legambiente Puglia. Franco e Salzedo ricordano come in Austria la società VoestAlpine abbia avviato il cantiere per la costruzione di un forno ad arco elettrico a Donawitz: produrrà 850.000 tonnellate di acciaio nel 2027, senza utilizzare carbone. Prevista anche la costruzione di un secondo forno dello stesso tipo a Linz con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 di quasi 4 milioni di tonnellate all’anno, gettando le basi tecnologiche per la produzione dell’acciaio di domani, con un investimento complessivo di 1,5 miliardi di euro.
«L’ultimo tassello di un processo impetuoso che ha investito l’Europa e che ha come obiettivo la decarbonizzazione dell’acciaio» dicono Franco e Salzedo «in Italia invece siamo fermi e la decisione del Governo di non finanziare con i fondi PNRR la costruzione dell’impianto per produrre il preridotto a Taranto, demandandone genericamente la realizzazione all’uso dei Fondi di sviluppo e coesione, rende allo stato la decarbonizzazione un fantasma. Non si sa quando mai potrà realizzarsi e, peraltro, nella domanda di A.I.A. presentata da Acciaierie d’Italia, non ve n’è traccia. Nel contempo si pensa invece a ricostruire l’altoforno 5, per una produzione tradizionale, a carbone, di quasi 4 milioni di tonnellate annue di acciaio altamente impattante sia per le emissioni inquinanti che per quelle di anidride carbonica. Una scelta in controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo in tutta Europa: se attuata, invece che procedere in direzione della decarbonizzazione, si andrebbe a marcia indietro. Si ridarebbe vita ad un dinosauro».
Non solo Austria: Germania e Olanda. E al lavoro ci sono aziende italiane
Ma da Legambiente citano anche altri esempi, oltre a quello austriaco. In Olanda la Tata Steel ha assegnato - proprio alle aziende italiane Danieli e Tenova - l’incarico di progettare e realizzare un nuovo impianto per la produzione di acciaio tramite la tecnologia DRI presso il proprio sito di Ijmuiden, con lo scopo di ridurre l’impatto ambientale della sua acciaieria passando dall’utilizzo di altiforni tradizionali a quello di impianti DRI H2-ready, cioè pronti per utilizzare l’idrogeno verde come gas riducente al posto del metano, senza dover subire modifiche strutturali. La stessa cosa ha fatto Salzgitter Flachstahl nella Bassa Sassonia in Germania. Sempre in Germania Thyssenkrupp Steel ha chiesto alla Paul Wurth -SMS Group la costruzione di un impianto di riduzione diretta alimentato a idrogeno presso la sede di Duisburg con l’obiettivo di abbattere da subito le emissioni di 3,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. L’investimento ammonta a oltre 1,8 miliardi di euro. L’impianto avrà una capacità di 2,5 milioni di tonnellate di DRI, e il completamento è previsto entro la fine del 2026.
La Scandinavia low carbon
«La rivoluzione dell’idrogeno è già cominciata: in Finlandia, Blastr Green Steel vuole investire 4 miliardi di euro per costruire una acciaieria green ad Inkoo. L’obiettivo è produrre 2,5 milioni di tonnellate di acciaio low carbon dal 2026. La nuova acciaieria utilizzerà idrogeno verde, ottenuto sul posto con elettrolizzatori alimentati da fonti rinnovabili. Si punta a ridurre le emissioni complessive del 95% rispetto ai metodi tradizionali» sottolineano ancora Daniela Salzedo e Lunetta Franco. Restando in Scandinavia, «in Svezia avanza il progetto della H2 Green Steel di una acciaieria totalmente alimentata da idrogeno verde a Boden. L’obiettivo è produrre 5 milioni di tonnellate di acciaio pulito. La società ha già raccolto un finanziamento azionario di circa 1,5 miliardi di euro. L’avvio della produzione è previsto entro la fine del 2025 e la società ha già contratti per circa la metà della produzione pianificata, nonostante l’acciaio verde sia più costoso di quello ad alta intensità di CO2. Sempre in Svezia procede veloce il progetto HYBRIT con cui il gruppo siderurgico SSAB sta sviluppando un impianto pilota in grado di produrre acciaio ‘carbon free’ grazie all’utilizzo di idrogeno verde. E’ già in funzione a Svartöberget un sito sperimentale per lo stoccaggio di H2. La previsione è di produrre annualmente 1,3 milioni di tonnellate di DRI utilizzando idrogeno (una prima consegna è stata già effettuata alla Volvo) e 2,7 Mt/anno nel 2030».
In Spagna la rivoluzione ecologica di Arcelor Mittal: Gijón cambia pelle
Lo stabilimento di Arcelor Mittal a Gijon (foto dal sito flateurope.arcelormittal.com)
C’è un dato non trascurabile che viene dalla Spagna. A Gijón due altiforni tradizionali attualmente operativi nel locale stabilimento siderurgico saranno sostituiti da un forno elettrico ed un impianto per la produzione di preridotto. A mettere in pratica questa svolta green è Arcelor Mittal, in tempi rapidi: l’impianto dovrebbe entrare in funzione nel 2025 con una capacità di 2,3 milioni di tonnellate annue. E fuori dal Vecchio Continente, ad Hamilton, in Canada, è sempre Arcelor Mittal a stare realizzando un impianto per la produzione di preridotto con una capacità di 2,5 milioni di tonnellate all’anno, completamente ‘hydrogen ready’.
A Taranto manca la Valutazione di impatto sanitario
«Solo a Taranto non si muove nulla» è la amara constazione di Legambiente che definisce anche «scandaloso» come «a tutt’oggi il Ministero della Salute non abbia prodotto e reso nota la valutazione preventiva dell’impatto sanitario atteso per lo stabilimento siderurgico di Taranto». Quest’ultimo, ricordano la direttrice di Legambiente Puglia e la presidente di Legambiente Taranto è «un documento che attendiamo dal 27 maggio 2019, quando fu disposto il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, poi scaduta il 23 agosto di quest’anno, al fine di introdurre eventuali condizioni aggiuntive motivate da ragioni sanitarie, così come richiesto formalmente dal Sindaco del Comune di Taranto. Un riesame che non si è mai concluso. L’11 luglio 2022, il Ministero della Transizione Ecologica ha dato avvio alla fase finalizzata ad aggiornare le valutazioni sanitarie relativamente allo scenario emissivo post-operam, ma a tutt’oggi non abbiamo notizie». Legambiente ritiene «urgente ed irrinunciabile l’acquisizione in via prioritaria della valutazione preventiva di impatto sanitario redatta secondo le linee-guida dell’Istituto Superiore di Sanità, commisurata al quadro emissivo correlato ad una produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio effettuata con gli attuali impianti a valle degli interventi ambientali previsti dal Dpcm del 2017. I cittadini di Taranto non sono di serie B: hanno il diritto di sapere”.
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