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Il caso

Sfiducia a Bitetti, c'è il ricorso

La contromossa del presidente del consiglio comunale

Piero Bitetti

Piero Bitetti

Piero Bitetti è già passato al contrattacco. Il presidente del consiglio comunale ha presentato ricorso al Tar contro la modifica al regolamento che ha abbassato da 20 a 17 i voti necessari per sfiduciare il presidente del consiglio. È la risposta alla mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata da 17 consiglieri di maggioranza (tutti tranne Bianca Boshniaku). La mozione dovrebbe essere discussa in aula giovedì 7 novembre, nella seduta consiliare fissata per le ore 15.

Il condizionale è d'obbligo, perché il ricorso di Bitetti, per quanto prevedibile, mette in guardia da possibili conseguenze anche rispetto ad eventuali richieste di risarcimento danni. Resta infatti da vedere quale effetto avrà sui consiglieri la mossa legale del presidente del consiglio in carica.

L’atto della maggioranza appare in modo abbastanza inequivocabile come il suggello del patto politico stretto con Luigi Abbate, il consigliere che nel febbraio scorso salvò l’amministrazione comunale facendo mancare la propria firma dal notaio nell’iniziativa promossa dalle opposizioni per provocare la fine anticipata della consigliatura. In quella occasione Bitetti firmò per lo scioglimento del consiglio e oggi Melucci gli presenta il conto

Proprio Abbate è ora l’indiziato numero uno per subentrare a Bitetti, nel caso la mozione dovesse essere approvata. Non sfugge la trama tessuta in questi mesi con la riduzione del quorum per sfiduciare il presidente attraverso la modifica del regolamento. Un modifica passata innanzitutto dalla commissione affari generali, presieduta guarda caso da Abbate, e poi approvata in consiglio comunale. La vecchia norma prevedeva che la mozione di sfiducia verso il presidente dovesse essere approvata dai 3/5 dei consiglieri. In altre parole, sarebbero serviti 20 voti. Numeri che la maggioranza di Melucci non ha. Ecco allora l'escamotage: modificare il regolamento e ridurre a 17 i numeri per sfiduciare il presidente. Diciassette voti: giusto quelli di cui oggi dispone la maggioranza del sindaco per portare a compimento la ritorsione politica nei confronti di Bitetti.

In questi mesi l'area Melucci ha sempre sostenuto che la modifica della norma serviva ad equiparare la sfiducia al presidente a quella del sindaco, per la quale, appunto, sono sufficienti 17 voti. Una argomentazione apparentemente logica, ma che si scontra con il diverso ruolo di sindaco e presidente del consiglio. Il sindaco, infatti, è comunque espressione di parte, di una coalizione che si è presentata agli elettori con quel candidato. Il presidente del consiglio - sebbene sia consuetudine che venga eletto tra i consiglieri di maggioranza - ha comunque una funzione di garanzia verso l'intero consiglio, non verso una parte di esso. Questo spiegava perché fosse necessaria una maggioranza più ampia per sfiduciarlo.

Nella mozione di sfiducia a Bitetti viene contestato di non essere stato imparziale nella conduzione dei lavori e vengono citati una serie di episodi che a detta dei firmatari della mozione dimostrerebbero la parzialità dell'attuale presidente. Prevedibile che, dopo aver fatto ricorso contro la modifica al regolamento, Bitetti faccia ricorso anche contro l'eventuale atto di sfiducia. Prepariamoci ad assistere ad una doppia battaglia: politica e legale. 

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