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Il processo

Ambiente svenduto, a luglio si decide per Potenza

La decisione sulla richiesta di trasferimento

Il processo Ambiente Svenduto

Il processo Ambiente Svenduto

di Annalisa Latartara

Si conoscerà a luglio la decisione della Corte d'assise d'appello di Taranto sulla richiesta di trasferimento a Potenza del processo Ambiente svenduto. La prima udienza del giudizio di secondo grado sul presunto disastro ambientale dell'Ilva targata Riva si è tenuta la mattina di venerdì 19 aprile. Dopo la costituzione delle parti, il presidente Antonio  Del Coco (a latere l'altro giudice togato Ugo Bassi e sei giudici popolari) ha calendarizzato le prossime udienze, tutte di venerdì giorno in cui è disponibile l'aula bunker della vecchia sede della Corte di appello, al quartiere Paolo VI.

I difensori hanno impugnato l'ordinanza di rigetto della Corte d'Assise della richiesta di trasferimento del processo nel capoluogo lucano, ritenendo i giudici di Taranto potenziali parti lese in relazione al danno sanitario e ambientale. In sostanza, quindi, ribadiscono la loro richiesta come hanno già fatto nella fase precedente del procedimento. Fra le istanze presentate anche quella della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.

Inoltre, questa mattina in aula, l'avvocato Pasquale Annichiarico, per la difesa dei Riva, ha presentato ulteriore documentazione fra cui anche dei supporti informatici, chiedendo che venga acquisita.

Il processo tornerà  in aula il 17 maggio, le successive udienze si terranno il 24 maggio, il 7, 14, 21 e 28 giugno e il 12 luglio. Nelle prossime udienze saranno discusse le questioni preliminari. Su tutte le questioni sollevate dalla difesa, la Corte d'assise d'appello si pronuncerà dopo l'udienza del 12 luglio prossimo.

Gli imputati sono complessivamente 41, di cui 3 società e 38 persone fisiche, una in meno; la Corte ha preso atto del decesso di uno degli imputati, Lanfranco Legnani, uno dei consulenti dei Riva. È il secondo imputato deceduto dall'inizio della vicenda giudiziaria dopo Emilio Riva, il capostipite della famiglia proprietaria di grandi industrie siderurgiche, morto il 30 aprile del 2014. Sotto accusa ci sono due figli, Fabio e Nicola Riva, insieme a dirigenti, fiduciari e altre figure apicali dell'acciaieria tarantina negli anni 1995-2012. Con loro anche esponenti politici di spicco come l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e della Provincia di Taranto Gianni Florido.

Ai politici sono stati contestati reati contro la pubblica amministrazione. Mentre i vertici dello stabilimento siderurgico dell'epoca devono rispondere, fra l'altro, di disastro ambientale doloso e di avvelenamento di sostanze alimentari.

Nel decreto di citazione a giudizio compaiono anche coloro che pur avendo chiuso il primo grado con una sentenza di prescrizione e non avendo quindi riportato alcuna condanna, si sono visti comminare delle provvisionali in favore delle parti civili -diverse centinaia- e addebitare anche le spese legali, per questo hanno impugnato la sentenza. I difensori dell'ex prefetto Bruno Ferrante, avvocati Lello Lisco e Raffaele Errico, malgrado l'assoluzione del loro assistito  – che i pm non hanno impugnato- hanno presentato appello contro la  sentenza per chiedere che venga cancellata la provvisionale. Ferrante, nominato presidente del cda dell'Ilva poche settimane prima del sequestro dell'area a caldo, è uno dei pochi, insieme all'ex sindaco Ezio Stefàno, usciti di scena con l'assoluzione.

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