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Il fatto
19 Aprile 2024 - 07:02
Il processo Ambiente Svenduto
Dopo circa tre anni dal verdetto di primo grado torna in aula venerdì 19 aprile il processo Ambiente svenduto. I vertici dell’Ilva targata Riva ed esponenti politici degli anni 2009- 2013 compariranno davanti alla Corte d’assise d’appello di Taranto (Sezione distaccata di Lecce), presieduta dal giudice Antonio Del Coco, con a latere il giudice togato Ugo Bassi e sei giudici popolari, nell’aula bunker della vecchia sede della Corte d’appello, al quartiere Paolo VI.
È la stessa aula che ha ospitato il dibattimento ad eccezione della requisitoria dei pm e della lettura del dispositivo della sentenza il 31 maggio 2021. Nel decreto di citazione a giudizio si contano 42 imputati, dei quali 39 persone fisiche e tre società. Per alcuni di essi, fra i quali alcuni assessori regionali dell’epoca, il reato contestato è stato dichiarato prescritto ma hanno impugnato la sentenza per la condanna al pagamento della provvisionale. Dopo il deposito delle motivazioni a fine novembre 2022, hanno fatto appello i difensori dei 26 imputati condannati, i responsabili civili e anche i pm per il mancato accoglimento di parte delle richieste di condanna e per l’assoluzione di Bruno Ferrante, al vertice dell’acciaieria tarantina per sole tre settimane prima dell’arrivo dei custodi giudiziari. Una parte dei difensori ha presentato appello, fra l’altro, anche contro l’ordinanza di rigetto della richiesta di rimessione del processo e quindi di trasferimento a Potenza.
L’istanza si basa sul presupposto che anche i magistrati residenti a Taranto sono potenziali parti lese in relazione al danno ambientale e sanitario. Fra le questioni procedurali sollevate, sulle quali adesso dovranno pronunciarsi i giudici di secondo grado, anche l’inutilizzabilità delle intercettazioni nei confronti di un legale, l’avvocato Francesco Perli, poiché si tratta di colloqui telefonici con i clienti, quindi, sostanzialmente in violazione del diritto di difesa. Il maxi processo ruota intorno al disastro ambientale provocato dal Siderurgico di Taranto dall’inizio della privatizzazione, il 1995, al 2012, del quale sono accusati i vertici dell’Ilva gestione Riva. I capi di imputazione più pesanti, di disastro ambientale doloso e avvelenamento di sostanze alimentari, gravano sui fratelli Fabio e Nicola Riva condannati rispettivamente a 22 e a 20 anni di reclusione.
Altre condanne pesanti sono state inflitte a dirigenti, funzionari dell’epoca e ai fiduciari dei Riva, fra i quali alcuni ex direttori generali come Luigi Capogrosso e Salvatore De Felice e l’ex addetto alle relazioni esterne Girolamo Archinà. Secondo la Corte d’assise, la fabbrica ha inquinato, avvelenando terreni e aria e provocando malattie e morti. Una gestione definita “sciagurata e criminale” dall’accusa, tesi accolta dalla Corte nella sentenza che i difensori hanno impugnato in appello. Fra coloro che sperano di ribaltare la sentenza di primo grado anche diversi personaggi politici di spicco fra i quali l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, anche lui finito nel calderone insieme al presidente della Provincia Gianni Florido, anche lui fra i ricorrenti in appello. Vendola si è visto comminare 3 anni e mezzo di reclusione per concussione nei confronti del direttore generale dell’Arpa Puglia professor Giorgio Assennato unico imputato ad aver rinunciato alla prescrizione, condannato a due anni a fronte di una richiesta del pm di un anno. “Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna.
Noi abbiamo imposto leggi all’avanguardia e posto fine a lunghi anni di complicità diffuse” era stata in sintesi la dura reazione di Vendola dopo il verdetto. Nel giudizio di appello la pubblica accusa non cambierà volto. In aula ci saranno gli stessi pubblici ministeri del processo di primo grado, Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano applicati al fascicolo. Si torna in aula dunque il 19 aprile alle 10 dopo il dibattimento durato ben cinque anni malgrado una o più udienze a settimana. Quanto durerà l’appello?
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