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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Giuseppe Mincuzzi, Maria Calenda e Stefano Corradetti

Poesia del Giorno

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate giovedì 16 ottobre 2025 sono:

  • Il puzzle dell'orrore di Giuseppe Mincuzzi da Roma;
  • Pioppi bizzarri di Maria Calenda da Campagna (SA);
  • L'accattone di Stefano Corradetti da Ascoli Piceno

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IL PUZZLE DELL'ORRORE

Nel silenzio più totale
rivoli di sangue colorano le pietre
...ormai sole
niente più vociare di innocenti ma
...il sottofondo straziante e lacerante
di urla di madri impazzite.
Pezzi di bimbi sparsi creano
...il puzzle dell'orrore
a ricordar l'oblio
l'oscurità... il buio
l'atroce e crudele sconforto.
Desolazione, regina del vuoto
avvolge con la sua ombra gelida
il silenzio, la solitudine
...il loro unico pianto

di GIUSEPPE MINCUZZI da Roma

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Recensione



La poesia racconta l’orrore della guerra con parole semplici ma forti, trasformando il dolore in memoria condivisa. Giuseppe Mincuzzi descrive un paesaggio devastato, dove il silenzio è pieno di grida che non si possono più ascoltare. Il verso “Pezzi di bimbi sparsi creano il puzzle dell’orrore” riassume in modo diretto e straziante il senso di una tragedia che ha distrutto tutto, lasciando solo sangue e pietre. Lo stile è essenziale, fatto di immagini brevi e immediate, che rendono il testo ancora più intenso. Le pause, segnate dai puntini, danno la sensazione di un respiro spezzato, come se il poeta stesso faticasse a dire l’indicibile. Le emozioni che emergono sono lo sgomento e la pietà, ma anche la volontà di ricordare. Non ci sono abbellimenti né retorica, solo la verità cruda di una scena che parla da sola. La parte finale, con “la desolazione che avvolge il silenzio, la solitudine, il loro unico pianto”, lascia nel lettore un senso di vuoto e di impotenza, ma anche la consapevolezza che la memoria è l’unico modo per opporsi all’oblio. È una poesia che fa male, ma serve a ricordare quanto l’uomo può distruggere – e quanto è necessario non dimenticare mai. In questi versi c’è la voce di chi osserva e non riesce a voltarsi dall’altra parte, un invito silenzioso alla coscienza. Perché solo ricordando si può davvero sperare in un futuro diverso.


   

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PIOPPI BIZZARRI

Le strade che attraversano
il deserto immenso,
tortuose e impercorribili.
Si plasma la mia figura
tra le ombre di quel caldo africano.
Il mio corpo
stanco e ormai vecchio
s’affievolisce dinanzi a pioppi bizzarri.
L’astuzia poi ne fa da padrona
travolgendomi nel silenzio di un pioppo.

di MARIA CALENDA da Campagna (SA)

Recensione


La poesia si apre come un viaggio dentro la solitudine, dove il paesaggio diventa specchio dell’anima. Maria Calenda costruisce un testo breve ma denso, in cui la fatica del vivere si riflette nelle “strade che attraversano il deserto immenso”, simbolo di un cammino interiore tortuoso e pieno di ostacoli. L’immagine del corpo che si plasma tra le ombre del caldo africano suggerisce un lento consumarsi, una resa lucida di fronte al tempo. Il verso “il mio corpo stanco e ormai vecchio s’affievolisce dinanzi a pioppi bizzarri” racchiude la consapevolezza di un’esistenza che si misura con i propri limiti, cercando ancora un senso in ciò che resta. Lo stile è semplice ma incisivo, fatto di frasi brevi, quasi sospese, che restituiscono il ritmo del pensiero e la lentezza di un viaggio fisico e spirituale. I “pioppi bizzarri” diventano presenza enigmatica: testimoni silenziosi della fragilità umana, ma anche figure di un destino che travolge. L’emozione dominante è la stanchezza, non come resa ma come forma di lucidità, un’accettazione matura di sé e del mondo. La chiusa, “travolgendomi nel silenzio di un pioppo”, trasforma la sconfitta in abbandono consapevole, quasi sereno. È una poesia che parla di viaggio e di attesa, di resistenza e fine, e che lascia nel lettore un senso di pace inquieta, come se il deserto e gli alberi custodissero insieme la fatica e la memoria del vivere.

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L'ACCATTONE

Sono stufo
stanco
non ce la faccio più
a raccogliere le parole per terra
buttate dalla gente
inconsapevolmente incivile
annoiata
morta
come un netturbino svogliato
ne raccolgo alcune
tento di rianimarle
pratico il massaggio cardiaco
poi le incollo su la carta
con lo sputo e le lacrime
non chiedermi di più
sono un poeta
mi pagano niente.

di STEFANO CORRADETTI da Ascoli Piceno

Recensione

La poesia è un grido sincero, diretto e senza filtri. Stefano Corradetti dà voce al disagio di chi vive la scrittura come una necessità vitale, ma anche come una fatica quotidiana, spesso non riconosciuta. Il tono è quello di una confessione amara, quasi urlata, che mescola rabbia, stanchezza e dignità. Il verso “a raccogliere le parole per terra buttate dalla gente inconsapevolmente incivile” restituisce con forza l’immagine del poeta-accattone, costretto a raccogliere ciò che gli altri scartano, trasformando lo scarto in creazione. Lo stile è volutamente crudo. Il ritmo spezzato, fatto di frasi brevi e sincopate, dà al testo un respiro affannoso, coerente con la stanchezza del protagonista. L’emozione che emerge è un misto di dolore e orgoglio: la consapevolezza di essere un poeta “pagato niente”, ma ancora capace di dare vita alle parole morte. La chiusa, secca e ironica, racchiude la protesta e l’essenza stessa del mestiere poetico, vissuto come missione e condanna insieme. È una poesia che parla con la voce di chi non si arrende, di chi, pur ferito, continua a cercare senso nei frammenti, rianimandoli “con lo sputo e le lacrime”. In questi versi c’è il ritratto autentico dell’artista contemporaneo, fragile e testardo, che continua a scrivere anche quando il mondo gli volta le spalle. Una dichiarazione di resistenza e d’amore per la parola, che sa farsi denuncia, mestiere e destino.

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