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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Martina Orsina, Linda Paoli e Maria Rosaria Di Stefano

Poesia del Giorno

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate giovedì 1 maggio 2025 sono:

  • Fra me e te di Martina Orsina di Catania;
  • Ora di Linda Paoli di Campi Bisenzio (FI);
  • Anima mia di Maria Rosaria Di Stefano di Santa Ninfa (TP).

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FRA ME E TE

Forse solo un frammento
tu
puoi vedere di me.
Solo un pezzo,
di un grande puzzle.
Solo un fiore,
di un immenso giardino.
Guardi da troppo vicino.
Solo se ti allontani puoi
percepire meglio.
L' immensità che c'è in me,
e dentro di te.
Che ci unisce,
nelle differenze.

di MARTINA ORSINA di Catania

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Recensione


La poesia esplora con delicatezza il tema della percezione e della distanza come chiavi per comprendere l’altro e se stessi. Il componimento si apre con un senso di frammentazione: l’io lirico si presenta all’altro come una figura parziale, percepibile solo a tratti, mai nella sua interezza. L’immagine del puzzle, così come quella del fiore in un giardino sconfinato, restituisce l’idea di una complessità che non può essere colta restando troppo vicini, come se l’intimità eccessiva impedisse di cogliere la totalità dell’essere. L’invito a “guardare da lontano” non è un allontanamento emotivo, ma una proposta di prospettiva: solo distanziandosi si può apprezzare la vastità interiore dell’altro e riconoscere quella che si riflette anche dentro di sé. L’immensità a cui la poetessa fa riferimento è ciò che ci accomuna pur nella diversità, una sorta di terreno condiviso che non si vede a occhio nudo, ma si intuisce quando si guarda con più ampio respiro. Il tono è lieve, ma profondamente meditativo. La forma è semplice e diretta, quasi confidenziale, e proprio per questo riesce a comunicare una verità che appartiene a tutti: comprendere davvero qualcuno richiede distanza, tempo e la capacità di vedere oltre ciò che appare. Martina Orsina offre una riflessione intensa sulla profondità dell’animo umano e sulla sottile bellezza che si cela nella capacità di riconoscere l’altro nella sua interezza, oltre i limiti dell’immediatezza.


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ORA

Sento
persiste
infuria la tempesta
l'inquietudine mi porta nell'oblio,
incatenandomi alla mia irruenza.
sento
persiste
infuria la tempesta
è la lotta invisibile di chi vuole resistere alla vita.
sento
persiste
infuria la tempesta
i sogni rimangono aggrappati alle palpebre,
e così non ho più scampo.

di LINDA PAOLI di Campi Bisenzio (FI)

Recensione

I versi conducono in un paesaggio interiore scosso e tumultuoso, dove l’inquietudine si manifesta come una vera e propria tempesta dell’anima. Il testo, costruito su una ripetizione ritmica – “Sento / Persiste / Infuria la tempesta” – scandisce un tempo interiore dilatato, quasi ossessivo, che rafforza l’idea di una condizione emotiva in cui il malessere non trova tregua. La poetessa affronta la tensione tra il desiderio di resistere e la forza travolgente dell’angoscia. L’“oblio” non è un rifugio, ma una deriva, e l’“irruenza” dell’io diventa catena, limite, fatica. Nella seconda strofa, la tempesta si fa metafora di una lotta invisibile, quella di chi continua a vivere, pur sentendosi attraversato da forze oscure e destabilizzanti. Non c’è una narrazione lineare, ma frammenti di percezione che si ripetono e si caricano di significato, rendendo evidente lo stato di allerta dell’anima. I versi finali – “I sogni rimangono aggrappati alle palpebre” – sono tra i più incisivi del testo: il sonno, che dovrebbe essere tregua, non libera dal peso del vissuto. I sogni, così, diventano prigione, e “non ho più scampo” è una resa sussurrata, più consapevole che disperata. Linda Paoli dà voce a un’esperienza di fragilità profonda e autentica, mettendo in scena un conflitto che molti possono riconoscere: quello tra la volontà di resistere e la forza sotterranea del disagio che continua, ostinato, a infuriare dentro.

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ANIMA MIA


Raggio d'amore
portami nei colori
dei tuoi occhi,
in quella primavera colorata.
Vestiamoci
come i giardini dell'anima
dove sentiremo ancora
i nostri respiri lì
dove le onde del mare
parlano alla bocca dei gabbiani
dove l’amore si imprigiona
tra tela e cuore.
Tu sei un nido di sguardi,
che mi ruba il cuore
con dei giochi romantici
e nell'anima assopisci
ogni lacrima che annega il mio viso.
Come un fiume,
ma tu sei il mio sogno
più bello per sempre.

di Maria Rosaria Di Stefano di Santa Ninfa (TP)

Recensione

Un paesaggio lirico in cui amore e natura si fondono in un’unica corrente emotiva, intensa e delicata. L’interlocutore amato diventa guida e rifugio, “raggio d’amore” che introduce la voce poetica in uno spazio intimo fatto di colori, respiro e bellezza. La primavera evocata non è solo stagione, ma simbolo di rinascita affettiva e spirituale. Maria Rosaria Di Stefano compone i versi come un abito fatto di immagini floreali e marine, dove i giardini dell’anima si intrecciano alle onde del mare e al volo dei gabbiani, in un dialogo sensoriale tra cielo, terra e cuore. L’amore, “imprigionato tra tela e cuore”, diventa opera d’arte vivente, sentimento che non si esaurisce, ma che continua a pulsare tra visione e realtà. Il tono è dolce e sognante, eppure attraversato da una vena di dolore che emerge nei versi finali: le “lacrime che annegano il viso” testimoniano una ferita, un’assenza o una malinconia trattenuta. Ma anche in questa tristezza si manifesta la forza dell’anima, capace di accogliere, di sognare, di scegliere la bellezza.

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