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rubrica poetica
15 Maggio 2025 - 06:00
La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare.
Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:
Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.
Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social.
Le tre poesie pubblicate giovedì 15 maggio 2025 sono:
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Sono tornata convertita,
ma non ci sei,
salvami dal dolore
grave,
assoluto,
meritato.
Ecco! Mi sei davanti mordace.
Sarcastico! Ma non te ne andare.
Dove sono i capelli color ossidiana?
Cerco gli occhi rifulgenti,
le spalle ampie,
l'abbraccio aperto,
il mio rifugio.
Cerco il tuo perdono,
il tuo disamore è il mio castigo,
la pena l'ho voluta.
di PAOLA PISATI di Melegnano (MI)
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Recensione
Il testo si apre come un grido sommesso, una supplica nuda che attraversa il dolore con parole spigolose, asciutte, che non chiedono pietà ma riconoscimento. La voce poetica si presenta “convertita”, come chi ritorna dopo una lunga assenza o un errore compiuto, ma trova il vuoto: l’altro non c’è più, o forse è presente in una forma distante, corrosiva, quasi crudele. La poesia gioca su questo slittamento tra presenza e assenza, tra ciò che si cerca e ciò che risponde con indifferenza o sarcasmo. Paola Pisati incide i versi con immagini precise, emotivamente forti: i capelli color ossidiana, gli occhi rifulgenti, le spalle ampie sono dettagli corporei che diventano simboli di una relazione idealizzata e ormai corrotta dal distacco. Emerge con forza un bisogno di perdono, ma anche un’ammissione netta di colpa: “la pena l’ho voluta” è una chiusa potente, che disarma e lascia sospesi. La stima perduta del titolo non è solo quella dell’altro verso la protagonista, ma anche quella di sé verso sé. L’intera poesia è una messa a nudo in cui il dolore è riconosciuto come “meritato”, un’autopunizione accettata come inevitabile. La forza del testo sta proprio nella sua sincerità disarmante, nella capacità di non difendersi.
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Tramesta la bora con i tuoi capelli
di fronte al mare
i piedi scalzi a riordinare ciottoli
non ci pensi al male che fai
sfreghi le mani e gratti via i ricordi
mi chiedi dove andrò
più lontano tra germogli di aptenia
potrebbe scaturire una forza impervia
filtrerà le sinapsi che suggeriscono
moti alla marea più alta
si estingue ora questo abbraccio
fende l’ostacolo in vista dell’unico porto.
di LUCIANA POTENZA di Civitavecchia (RM)
Recensione
C’è un movimento sotterraneo, fatto di vento, di mare e di memoria, che attraversa questa poesia con forza sommessa ma inesorabile. I versi si muovono come onde o folate improvvise: non lineari, ma ricchi di increspature emotive, sospensioni, vibrazioni. La bora diventa qui più di un fenomeno atmosferico: è un agente simbolico, una presenza quasi intima che “tramesta” — verbo ricercato e vibrante — i capelli e i pensieri, rimescolando le emozioni e il passato. Il paesaggio marino è sfondo e corpo stesso della vicenda interiore. I piedi scalzi a riordinare ciottoli suggeriscono un gesto di cura, forse di tentata ricomposizione, mentre il dolore e il ricordo si sfregano tra le mani, come per cercare di staccarsene fisicamente. La tensione del testo nasce proprio da questo conflitto fra ciò che sfugge e ciò che resta, fra lo slancio verso “l’unico porto” e lo sforzo di trattenere l’abbraccio che “si estingue”. Luciana Potenza usa immagini precise ma non didascaliche, che toccano corde profonde senza forzarle. La marea, le sinapsi, i germogli d’aptenia — una pianta che cresce in ambienti estremi — compongono un paesaggio psichico e fisico in continuo mutamento, attraversato da moti invisibili e da una forza “impervia”, capace però di filtrare, di condurre, forse di salvare. La chiusa lascia intravedere uno spiraglio, una possibilità di approdo, dopo il disorientamento.
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Ella mostrò il suo primo amore,
mentre il sole morente giaceva
ad un passo dall’ultimo roseto nato.
Le mani a coppa, a contenerne il
pianto sfocato del cielo plumbeo,
l’aroma sapiente della sua terra natìa.
Ella non ricevette mai la carezza materna,
il sussurro di Dio, il sorriso del padre.
E lei migrava come quegli uccelli
delle mancate stagioni,
sorvolava i cieli come gli aeroplani.
A lei fu consentito mietere il grano,
parlare agli animali e costruire rose ad effetto.
A lei fu permessa la vita, la morte,
la resurrezione.
Lei promise e crebbe forte,
taciturna fata di un bosco d’incanto
sanguigno.
di ROBERTA CANU di Porto Torres (SS)
Recensione
In questi versi si sente un’atmosfera che mescola sacralità e fiaba, dove la figura della donna si unisce al dolore e alla speranza di riscatto. Il testo è un ritratto che sfiora il mito, in cui la protagonista appare come una figura antica e universale, ma anche profondamente umana. Il linguaggio usato è elevato, quasi come una preghiera, e accompagna immagini forti, come “il pianto sfocato del cielo plumbeo”, “l’aroma sapiente della sua terra natìa”, “taciturna fata di un bosco d’incanto sanguigno”. Nella scrittura di Roberta Canu c’è un’attenzione all’epica intima, a una storia fatta di mancanze profonde — come l’affetto materno, il sorriso del padre — ma anche di poteri conquistati, come la capacità di parlare agli animali o di trovare bellezza anche nel dolore. I versi di Roberta Canu celebrano la forza femminile come qualcosa di primitivo, silenzioso ma invincibile. La figura descritta è una viaggiatrice delle emozioni e delle stagioni, una persona ai margini ma che ha il controllo di sé. Il passaggio tra vita, morte e resurrezione dà al testo una profondità spirituale, come se la protagonista attraversasse un cammino personale per emergere non come una santa, ma come una persona viva.
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Testata: Buonasera
ISSN: 2531-4661 (Sito web)
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