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La storia
09 Febbraio 2025 - 06:20
Erasmo Iacovone
In quella perla che è L’Eroe dei Due Mari, edito da Marsilio quasi quindici anni fa, lo scrittore tarantino Giuliano Pavone sembra quasi aver previsto tutto, quando fa parlare un immaginario usciere-factotum di Palazzo di Città ed un altrettanto immaginario sindaco a cui proprio non riesce il farsi piacere il football.
“Dottò, è un casino allucinante: stanno un sacco di tifosi qua fuori, incazzati neri! Ho cercato di calmarli!” Panìco sgranò gli occhi e si sforzo di padroneggiare la situazione. “Santino, stai calmo. Perchè sono incazzati?” “E perchè dottò, perchè quel coglione della Fanelli (sponsor anche questo rigorosamente immaginario del sempre immaginario ristrutturato stadio di Taranto, ndr) se ne è uscito e ha detto che il Campo d’ora in poi si chiamerà Fanelli Arena”. “Embè? Qual è il problema” Panìco continuava a non capire. “Dottò, qual è il problema?” Santino se è possibile si agitò ancora di più. “Ma voi ci siete o ci fate?”. “Santino, mi vuoi spiegare quale cazzo è il problema?” anche Panìco aveva perso la pazienza. “Scusate, dottò” Santino abbassò il tono, ma solo di poco. “Ma voi lo sapete come si chiama il Campo?”. “Santì, dobbiamo giocare agli indovinelli mentre quelli là fuori fanno la rivoluzione francese? Iacovone, si chiama Iacovone lo stadio!”. “Bravo, dottò, lo vedete che le sapete le cose? E Iacovone era il giocatore che ci stava portando in Serie A. E una sera morì perchè fece un incidente con uno stronzo che aveva fottuto una macchina e stava scappando come un pazzo a fari spenti. E gli fecero il funerale dentro al Campo, a Iacovone, che stava un sacco di gente pure che pioveva. E stavo pure io, che mi aveva portato mio padre perchè ero piccolo. E piangevo. E poi vidi che piangeva pure mio padre ma lui disse che non stava piangendo, che era la pioggia...”. Santino si interruppe commosso. “Dai, Santino, non fare così...” cercò di consolarlo Panìco. “...e il presidente Fico disse che il Campo, che prima si chiamava Salinella, si doveva chiamare Erasmo Iacovone, e subito cambiarono il nome. E mo’ fuori allo stadio hanno messo pure una statua. E i tifosi, pure che sono giovani e non l’hanno visto giocare, fanno sempre i cori a Iacovone”. L’usciere si fermò un attimo, come per riflettere. Sul suo viso la tristezza svanì per lasciare il posto alla rabbia. Quindi riprese con voce alterata: “E mo’, viene ‘stu milanese di merda e dice che il Campo si deve chiamare come a ‘nu stuezzo di plastica? Ma tengono ragione ad incazzarsi, anzi mo’ mi incazzo pure io!”.
Nel romanzo, il Taranto si ritroverà ripescato in serie B, con il migliore giocatore del mondo, l’immaginario (anche lui...) centravanti brasiliano Luis Cristaldi che sceglie di giocare in rossoblù. Non finirà bene. Nella realtà, oggi, il Taranto sta precipitando nel dilettantismo mentre vive la crisi più grave della sua storia; ma i lavori per rendere lo stadio un impianto all’avanguardia sono veri. E quando ricorrono i quarantasette anni in cui “uno stronzo che aveva fottuto una macchina” uccise il vero Eroe dei Due Mari e con lui i sogni - e l’innocenza - di una intera città, tornano in mente anche i rumors che girano da tempo, su una nuova denominazione per l’Erasmo Iacovone. Stadio del Mediterraneo, o Stadio della Magna Grecia: nomi che vorrebbero apparire suggestivi ma rischiano di essere solo banali, e che potrebbero essere poi sostituiti dallo stadium naming sponsor di turno, magari.
«So perfettamente che il calcio sta cambiando, e che sono tanti ormai gli stadi il cui nome è affiancato da uno sponsor. Però togliere Iacovone a Taranto è come togliere Maradona a Napoli». Gentile nei modi e chiara nei concetti, la moglie di Erasmo Iacovone e madre della figlia del campione, Paola Raisi, risponde con il consueto garbo sul tema. A Taranto, al Taranto, ed ai tifosi - è noto - Paola è rimasta legatissima. «Una sollevazione dei tifosi per conservare il nome di Erasmo? Sarei con loro, anche perchè sono sicura che sarebbe una ‘rivolta’, se così la vogliamo chiamare, assolutamente civile e pacifica, dettata dall’amore che dopo tanti anni i tarantini provano per Erasmo e che noi, come famiglia, assolutamente ricambiamo».
Paola Raisi davanti alla Curva Nord dello Stadio Erasmo Iacovone
Il rapporto tra la città e quel ragazzo schivo che la stava portando dove mai era stata rimane unico - e non è retorica. «Iaco-gol è una figura iconica per Taranto. Lo è anche fuori dalla città, portato dai fuorisede che rendono onore a Taranto in Italia e non solo. Non vorrei sembrare immodesta, ma è così» continua Paola, ed è impossibile non darle ragione. E se «il vostro santo è santo Ia-co-vo-ne» come ha urlato il rocker Piero Pelù in uno dei suoi concerti in riva allo Ionio, Paola Raisi dice che «Iacovone è il mio e il vostro angelo, che guarda Taranto»; e proprio Il volo dell’Angelo è il titolo del libro, profondo e toccante, scritto da Giovanni Camarda e pubblicato lo scorso novembre. Tornando allo stadio: come nel romanzo di Pavone, conservare il nome Erasmo Iacovone ed affiancare un eventuale sponsor potrebbe rappresentare un giusto compromesso.
Ma chi era, Iacovone? Cosa era, la Taranto che vedeva tramontare gli anni ‘70 e immaginava un’alba nuova? Una città in piena espansione economica, sociale, anche demografica. L’industria che ha portato lavoro, oltre ad uno strano fumo nero che pare all’epoca solo un segno di modernità. Le navi grigie della Marina Militare sono ormeggiate, malinconiche, in Arsenale. E c’è il calcio. Serie B. La vittoria contro il Bari, 1-0. Un pallonetto, anzi no, uno sberleffo al portiere barese. Stagione ‘77/’78. Eccolo, il primo e unico momento in cui Taranto ha pensato che la promozione in serie A fosse proprio lì, ad un passo. Quello nel derby più sentito è il gol che lega indissolubilmente un popolo ed un uomo.
Erasmo Iacovone
Quarantasette anni dopo quella notte tra il 5 ed il 6 febbraio 1978, la Taranto non solo calcistica pare caduta in disgrazia. Ma è rimasta tenacemente fedele a quel ragazzone che aveva solo 25 anni, quando venne sbalzato fuori dalla sua Dyane 2cv colpita - come da un proiettile - da una potente Alfa Romeo GT2000. La guidava un balordo, con qualche precedente penale, che l’aveva rubata poco prima. Corre velocissima, l’Alfa Romeo. A fari spenti, invisibile, per sfuggire ad un inseguimento della polizia sulla strada che unisce Taranto a Lecce. Nel buio, la Dyane si affaccia da una strada secondaria. Iacovone ha cenato in un ristorante ed assistito ad uno spettacolo dell’attore Oreste Lionello a San Giorgio, piccolo centro alle porte della città. Un modo per sbollire la rabbia dopo una partita storta. Alberto Ginulfi - che con la maglia della Roma aveva parato un rigore a Pelè - gli ha negato la decima rete in campionato nello 0-0 con la Cremonese. Dove non è arrivato il portiere, ci ha pensato il palo, due volte. Ma Iaco-gol, come lo chiamano i tifosi, è ancora capocannoniere del torneo. Magari Erasmo, con quel sorriso malinconico che i tarantini considerano ormai familiare, pensa che ci sarà modo per rifarsi.
Intanto, a Carpi lo aspetta la moglie Paola, sposata sette mesi prima dopo cinque anni di fidanzamento. Aspetta una bimba. Iacovone raggiunge lei ed il suo pancione tutte le settimane. Ma all’una di notte, Erasmo che a luglio diventerà papà e chissà, forse avrà guidato il Taranto nel paradiso del calcio, non può proprio vedere un bolide senza luci che va a 200 all’ora, e che termina la propria corsa sulla piccola Dyane. Il corpo senza vita del centravanti rossoblu verrà ritrovato a cinquanta metri da ciò che resta dell’utilitaria. Illeso, o quasi, il ladro d’auto che fuggiva a bordo della GT2000.
Non c’è internet, non ci sono i social. Ma la notizia si diffonde veloce a Taranto, quasi quanto quella maledetta Alfa Romeo. È il risveglio da un sogno. Anche quei pochissimi che in città non amano il “pallone” vedono nel Taranto il simbolo di una città che vuole farsi finalmente grande. Che vuole la serie A, e non soltanto nel calcio. Iacovone è il simbolo del simbolo. Non è il più talentuoso. Ma in una stagione e mezzo, da quando è arrivato in Puglia, ha dimostrato che i quattrocento milioni spesi per lui non sono stati troppi. Il suo è stato un acquisto “non da Taranto”.
Il presidente rossoblu è Giovanni Fico. Commerciante di carni, uomo ruvido e la fama di essere sin troppo attento ai conti, non solo della società. Eppure, Fico scommette su questo attaccante dal gioco un po’ sgraziato che in serie C, a Mantova, ha segnato 24 gol in due stagioni. Il primo anno tarantino di Iacovone è una stagione di crescita. Le sue reti sono otto. Contribuisce ad un campionato insolitamente tranquillo per un club abituato alla spola tra B e C. Soprattutto, Iacovone matura: migliora i movimenti, è più agile: non solo elevazione e colpo di testa, ma anche controllo di palla. Nel ‘77/’78, dopo venti partite, le reti sono già nove. Nessuno sino a quel punto ha fatto meglio in campionato. È senza dubbio il calciatore più amato dai tifosi. “Fino a un minuto prima è il tuo idolo insieme a Krol e un minuto dopo à mmuert’. Con la differenza che Krol se ne sta ad Amsterdam e Iaco invece giocava nel Taranto, gli piacevano le mie Orso d’Abruzzo, aveva segnato al Bari, non se la tirava, lo volevano la Fiorentina e la Roma, era in pratica al tempo stesso uno di noi e uno arrivato all’album Panini” scriverà nel 2004 lo scrittore tarantino Cosimo Argentina nel suo romanzo Cuore di cuoio.
Giovanni Fico ed Erasmo Iacovone
Sotto una pioggia battente, in quindicimila parteciperanno al funerale di Iaco nello stadio che era rimasto senza nome, chiamato semplicemente Salinella come il quartiere che lo ospita. Al termine del giro di campo, con la bara portata a spalla dai compagni di squadra, Fico si asciugherà le lacrime e pronuncerà poche parole: «Ho considerato e considero sempre i giocatori del Taranto come miei figli. Tu, Erasmo, eri il migliore. C’erano molte squadre che a novembre ti volevano. E io non t’ho ceduto. Se lo avessi fatto, ora tu saresti vivo. Perdonami, Erasmo. Questa folla ti applaude ancora e io m’impegno che per il futuro questo stadio si chiami per sempre Erasmo Iacovone».
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