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Acciaierie d'Italia

"L'ex Ilva di Taranto chiuderà, ecco perché". Torna a parlare Carlo Calenda

Le dichiarazioni dell'ex ministro che firmò l'accordo con il gruppo ArcelorMittal

Carlo Calenda

Carlo Calenda

Torna a parlare dell'ex Ilva Carlo Calenda. “Stiamo perdendo il più grande investimento dell’industria del sud” è il vaticinio che l'ex ministro fautore dell'accordo poi saltato con ArcelorMittal consegna ad una intervista al Foglio.

Proprio con la fine di quell'accordo, secondo Calenda, comincia la fase terminale della fabbrica che incombe alle porte di Taranto: “Che potesse finire così credo di averlo detto esattamente il giorno in cui il Conte II ha fatto saltare quello che era un accordo irripetibile, blindato, con il più grande produttore d’acciaio del mondo, che ha poi preferito investire in Francia invece che a Taranto”.

Sostiene, il titolare dello Sviluppo Economico al tempo del governo guidato da Matteo Renzi, che “In Italia vogliamo l’energia ma non i gasdotti. Vogliamo il lavoro e l’industria, ma solo in teoria. Perché poi quando c’è fare un impianto non lo permettono. Questo è il risultato di un paese che non fa i conti con la responsabilità”. Il riferimento pare al rigassificatore che Baku Steel vorrebbe nel porto di Taranto; e ancora, nell'intervista Calenda predice: “Quello che succederà adesso è che daremo la cassa integrazione all’80 per cento fino al pensionamento degli operai, inventandoci qualche accordo finto. Ilva chiuderà, è scritto ormai da anni. Ci resta solo da capire quanti miliardi butteremo nel frattempo”. E allora, che fare? “Se fossi al governo invece di ipotizzare cose stravaganti, penserei piuttosto a trovare i 15 miliardi necessari per fare le bonifiche quando l’acciaieria sarà definitivamente chiusa”.

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