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Il Siderurgico
12 Settembre 2024 - 06:15
Acciaierie d'Italia
Si alza un coro: no all'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia, in mani (solo) private. Lo Stato deve restare, anche quando sarà ultimata la procedura del bando di gara il cui primo fondamentale step sono le manifestazioni di interesse da presentare entro il 20 settembre.
Lo ha detto chiaramente, ieri, mercoledì, l'Usb, Unione Sindacale di Base, in una nota di Francesco Rizzo e Sasha Colautti: «Insistiamo con forza e decisione sulla necessità che lo Stato non solo sia all'interno della nuova società che andrà a gestire l'acciaieria, ma anche sul fatto che dovrà farlo garantendo una presenza costante ed uno sguardo lungo e attento sulle eventuali irregolarità, non appena si presentano». Si vuole evitare un bis dell'esperienza con ArcelorMittal, ed inoltre «la presenza del socio pubblico deve far sì che lo stesso sia regista delle operazioni da svolgere e gancio per incasellare in maniera razionale l'attività dello stabilimento siderurgico nelle politiche industriali nazionali. Soprattutto il Governo deve garantire subito che si eviti il rischio del cosiddetto "spezzatino" dei lavoratori. Attendiamo intanto nuove convocazioni da parte del Governo e dei commissari, perché si discuta dei temi di diretto interesse dei lavoratori, di Adi, Ilva in As e appalto, cioè di coloro che fino ad ora, hanno subito le conseguenze delle grandissimi errori fatti nella vicenda Ilva».
Rizzo e Colautti esprimono anche «grande preoccupazione per le sorti di Ilva in Amministrazione Straordinaria, la cui struttura dirigenziale risulta fortemente impoverita rispetto al passato. Al distacco, necessario, dell'ingegnere Quaranta, ha fatto seguito quello di altri dirigenti fino all'ultimo in ordine di tempo, di Rosario Fazio, con la ovvia perdita di un considerevole patrimonio di esperienza e competenza. Va detto che le organizzazioni sindacali non hanno ancora avuto la possibilità di incontrare i commissari insediatisi sette mesi fa. Ribadiamo che i lavoratori Ilva in As hanno per noi la stessa, identica dignità degli altri. Per noi infatti continuano a rappresentare un bacino unico di lavoratori».
«Siamo a un punto centrale della vertenza, noi pensiamo che il governo debba prendere una decisione, quella di entrare nel capitale dell’ex Ilva per impedire quello che è accaduto in passato. E’ necessario avere un piano industriale di rilancio produttivo e occupazionale garantendo la salute dei cittadini e la sicurezza dei lavoratori» ha dichiarato martedì il segretario nazionale della Fiom Michele De Palma a margine dell’incontro “Uniti per la dignità: lavoro contratto diritti” promosso a Bari dall’organizzazione sindacale nell’ambito della campagna si assemblee regionali di delegate e delegati della categoria dei metalmeccanici. In precedenza, era stato il leader della Fim Cisl, Valerio D'Alò, a bocciare l'ipotesi di una "vendita spezzatino": «Per noi resta prioritario che si parli di un "unico blocco" e che quindi si possa garantire la piena occupabilità di tutto il gruppo in tutti i siti ma anche soprattutto quali saranno, da parte dei nuovi investitori, i progetti industriali per il rilancio degli impianti, il rientro dei lavoratori della cassa integrazione, e quali sono gli obiettivi dal punto di vista ambientale e del ciclo produttivo».
«Lo Stato, chiunque dovesse essere il nuovo acquirente della fabbrica, conservi quote azionarie di minoranza che possano fungere da garanzia – e clausola sociale – per l’area jonica, le sue imprese, la totalità dei lavoratori impegnati, sia quelli diretti che indiretti». E' l’appello venuto nei giorni scorsi, parlando del futuro dello stabilimento ex Ilva, dall’associazione delle imprese dell’indotto Aigi. Le aziende riunite nell’associazione chiedono anche «un Piano Industriale degno di questo nome, capace di coniugare il fabbisogno di acciaio in Italia, che quest’anno ha fatto già registrare con i suoi 24,4 milioni di tonnellate sin qui prodotti un balzo in avanti del 4,8% rispetto al 2023, per un fatturato complessivo pari a 60 miliardi di euro, con la sostenibilità ambientale e la sicurezza sui luoghi di lavoro». Lanciata anche una proposta per «un salto culturale nelle dinamiche produttive»: «la nascita in loco di processi industriali dediti alla trasformazione dell’acciaio. Farlo attraverso il reimpiego dei lavoratori considerati in esubero, con l’ausilio delle imprese che costituiscono e rappresentano l’indotto locale».
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