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L'intervista
08 Settembre 2024 - 10:00
Roberto Cacciapaglia (foto dal sito ufficiale dell'artista)
C’è un suono che inaspettatamente riempie il teatro: il pubblico intona il la voluto dal maestro per sperimentare sensazioni che evocano emissioni primordiali. L’effetto è straordinario. Roberto Cacciapaglia, pianista, compositore, sperimentatore, complice di intrepide avventure musicali con Franco Battiato sin dagli anni ’70, è l’artefice di questo unisono di vibrazioni sonore e sentimenti.
Fra pochi giorni, il 14 settembre, parteciperà, all’Auditorium della Nuvola, a Roma, al concerto dedicato a Giuni Russo, a vent’anni dalla scomparsa di una delle voci più preziose della musica italiana.
Intanto si può già ascoltare Alma, il nuovo singolo che precede l’uscita del suo prossimo album. Abbiamo incontrato Roberto Cacciapaglia a Martina Franca, al termine del suo concerto al Teatro Verdi di qualche settimana fa.
Maestro, il coro del la che si è levato dal pubblico è stato uno dei momenti di maggiore intensità della serata. Cosa rappresenta questo esperimento?
È una cosa che faccio in vari paesi, l’ho fatto in Cina, Russia, America. A Martina Franca ho trovato una risposta straordinaria: questo la era pieno; mentre in altri posti c’è più timidezza, qui ho percepito una rilassatezza e coraggio straordinari. Si è realizzata una unione speciale attraverso il suono, qualcosa che rimanda ai circoli pitagorici. Si vede che la Puglia è un luogo che aiuta l’essenza. Ho sentito una qualità enorme emergere in un mondo carico di tensioni e nella musica lo vediamo.
La sua musica non è un esercizio di stile, ma una forma di ricerca interiore e il pubblico questo lo avverte.
Questo è il più grande complimento che mi si possa fare. Faccio musica per questo, la musica è fonte di crescita, conoscenza, evoluzione interiore. La direzione è quella: attraverso il suono e l’essere si può crescere, pur nella distrazione e nel chiasso che possono distrarre. Immaginiamo cosa potrebbe pensare un grande maestro tibetano se dall’esterno sentisse tutte le onde radio che si propagano. Va benissimo l’intrattenimento, ma ci deve essere anche spazio per qualcosa di più profondo.
Con Franco Battiato ha condiviso non solo percorsi musicali, ma anche sentieri di ricerca interiore.
Con Franco abbiamo viaggiato in molte esperienze. La mia esperienza primaria, condivisa con Franco, è stata quella della scuola di Gurdjieff. Sono stato dieci anni nei Gruppi e ho suonato molto per i Movimenti. Da lì c’è stato tanto altro, anche di puramente musicale. È interessante poter trasferire esperienze culturali. Anche senza averne troppa consapevolezza, molta musica porta lì. L’essere umano ha dentro di sé tutto, puoi esserne più o meno cosciente ma è lì che bisogna tornare.
A proposito di Battiato: si avverte la sua mancanza?
Franco è stato un carissimo amico, un fratello. Ed è stato molto importante per la mia carriera. Manca? In fondo siamo sempre uniti, al di là della forma. Come uomo, come persona straordinaria, manca. Ma ne sentiamo la presenza e la sentiremo per sempre.
Nel concerto tributo all’Arena di Verona, dopo la morte di Franco, lei ha eseguito al piano L’oceano di silenzio. È stato un altro momento di grande intensità.
Sì, chiesi al pubblico di non applaudire e di restare in raccoglimento: poi è venuto da me il fratello Michele e mi ha ringraziato.
A proposito di tributi, il 14 settembre c’è quello per Giuni Russo, altra artista con la quale lei ha collaborato.
Franco mi aveva chiesto di registrare il piano per Morirò d’amore, la canzone che Giuni presentò a Sanremo. Lei era già molto malata, ma facemmo tutto alla vigilia di Natale con Franco, Antonietta (Sisini, compagna d’arte e di vita di Giuni, ndr) e naturalmente la stessa Giuni.
Lei ha composto anche delle opere: Generazioni del Cielo è stata riportata in scena di recente, a quasi quarant’anni dalla sua prima rappresentazione. Altre, come Un giorno x, con Gianni Nannini, non hanno visto la pubblicazione su disco. È possibile recuperare l’ascolto di questi lavori?
Abbiamo un progetto con la regista Eleonora Capitani. Stiamo pensando proprio di fare come per il video di Generazioni del Cielo, per poi passare a tutte le altre opere. Un giorno x ha avuto un problema perché sono andati persi i nastri.
Intanto ecco Alma, rielaborazione di Heimat, brano di riferimento proprio di Generazioni del Cielo. Di cosa si tratta esattamente?
Heimat aveva un senso in quell’opera. L’ho cambiato in Alma, anima, che rappresenta un passaggio ulteriore. Alma è una parola che basta e avanza per tutto. Ora il brano è disancorato dall’opera.
Anni fa lei si cimentò anche in un album di canzoni. L’esperienza sarà ripetuta?
Non penso. L’esplorazione è interessante, ma ormai vado in una direzione in cui la musica perde le proprie radici, nel senso che vai in uno spazio dove non importa più da dove arrivi. Come per i percorsi di ricerca, non importa più se arriviamo dal cristianesimo o dal buddismo, arriviamo in un punto in cui è tutto luce, tutto spazio, nessuno più ti chiede il passaporto. Lo stesso è per la musica: non importa se arrivi dal folk, dal jazz o dal rock, arrivi in un punto in cui tutto è purezza, è pura luce, attenzione, eternità. Nella Divina Commedia le anime leggono nel pensiero, non c’è più bisogno di parlare.
La musica può essere considerata uno strumento di salvezza? Per tutti o per pochi?
Prima o poi ci dobbiamo salvare tutti, non solo gli uomini, ma anche le piante, gli animali. L’evoluzione dell’universo è lì, dal buio verso la luce, nessuno può evolvere senza gli altri, nessuno può pensare di evolversi lasciando gli altri nelle sofferenze, nell’inferno. La musica può essere un aiuto, però se si tratta di musica che fa distrarre, che è fatta in modo automatico, non serve a niente.
Cosa pensa della musica leggera attuale?
La musica è manifestazione esteriore di uno stato interiore, quello che esce fuori ti fa vedere cosa c’è dentro. Possono esserci spazi di intuizione, ma c’è tanta distrazione, tanto ego. La motivazione per cui uno fa musica è importante, se hai una motivazione pura, la musica è come una preghiera e si sente. Se fai musica perché vuoi guadagnare, puoi fare anche bella musica, ma metti tutto il tuo lavoro in quella direzione lì e si sente e non serve ad andare oltre. Lo stesso vale per altre cose della vita: c’è perdita di consapevolezza, c’è una deriva consumistica e spregiudicata.
Quali sono i suoi autori preferiti?
Consideriamo Battiato fuori concorso. Lucio Battisti è stato geniale, ma in genere mi piacciono i nostri cantautori. Tra i giovani mi sembra interessante Madame.
Negli anni ’70 sulle copertine dei dischi più arditi di allora lei compariva come “Ruby Cacciapaglia”. Ecco, cosa è cambiato da Ruby al Roberto di oggi?
È cambiata l’esperienza, c’è una consapevolezza diversa. Ruby aveva sedici anni e me lo porto dietro sempre, ma l’essenza è la stessa.
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Testata: Buonasera
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