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La storia
29 Giugno 2024 - 06:15
La Masseria Vaccarella e nel tondino Giuseppe Francobandiera
di Alberto Altamura
Ho molto apprezzato gli interventi del direttore Enzo Ferrari sul ruolo e le attività del Circolo di cultura (al tempo noto sotto il nome di Circolo Italsider) della Masseria Vaccarella diretto da Peppino Francobandiera e sull’importanza dell’archivio storico del Centro siderurgico di Taranto. Sono due interventi significativi, che mettono in luce una stagione importante della vita della Città e i protagonisti che l’hanno resa possibile, prima del definitivo declino.
Se il binomio industria/cultura può sembrare conflittuale e divaricante, si deve dire che non sempre è stato così e che, nonostante tutti i problemi che Taranto ha dovuto affrontare, c’è stato un periodo in cui l’industria ha prodotto cose buone per la città e l’ha proiettata in una dimensione nuova e ‘diversa’. Parlo, ovviamente, del periodo pre Riva. A dare una spinta importante a questo processo è stato un personaggio, di origine potentina, che ha fatto tanto per Taranto, a cui era legato, avendo alle spalle il colosso siderurgico: Peppino Francobandiera. Un signore fine e distinto, dalle buone maniere, innamorato della cultura, dell’arte, della musica e dello sport. E in proprio scrittore valente e critico d’arte raffinato.
Peppino è stato un validissimo operatore culturale, anzi direi uno ‘stratega culturale’, che si è adoperato tanto per svecchiare la vecchia cultura locale e promuovere quel salto di qualità che facesse di Taranto una città moderna, aperta alle novità e sensibile. Il suo merito principale è stato quello di guardare alla cultura in maniera globale, mostrando interesse per l’arte, il teatro, la musica, la letteratura, lo sport. Tutti questi settori sono stati visti insomma in un’ottica unitaria e includente. I primi cartelloni teatrali, realizzati dall’Orfeo, sono stati realizzati con il suo apporto, voglio dire del Circolo Italsider aprendo Taranto alle compagnie e agli attori più importanti che calcavano le scene nazionali. E qui sarebbe utile il contributo dei proprietari dell’Orfeo, al tempo anche attivi operatori del settore.
Una pagina a me molto cara, per i miei interessi culturali, è quella relativa alla organizzazione di prestigiose mostre d’arte presso i locali della Masseria Vaccarella. Peppino ebbe il merito e la capacità di portare a Taranto personalità importanti della vita artistica nazionale che, vincendo le iniziali ritrosie, accolsero l’invito e alla fine si mostrarono entusiasti di scoprire un Sud, che non solo non era chiuso nelle vecchie logiche e nei consolidati stereotipi, ma era pronto ad accogliere le tendenze più avanzate e colte dell’arte contemporanea. Tanti i nomi che si avvicendarono a Taranto, tra i quali mi piace ricordare alcuni: Giò Pomodoro, Mitoraj, Fazzini, Vespignani, Cantatore, Mattioli... Tutti artisti di grande rilievo sui quali ci sarebbe tanto da dire. Ho avuto il piacere e l’onore di incontrare quasi tutti questi artisti, perché il buon Peppino mi allertava, in occasione delle personali, e mi invitava a fargli compagnia e ad intrattenere gli illustri ospiti su temi di carattere culturale, storico e letterario. Non mancava, dopo una lunga mattinata, in cui assistevamo all’allestimento delle sale e interloquivamo con gli artisti, il giusto epilogo in un buon ristorante cittadino per far conoscere le delizie culinarie joniche, che naturalmente rallegravano gli illustri ospiti. Dimenticavo di dire che, su sollecitazione di Peppino, gli artisti realizzavano eleganti bozzetti scultorei o grafiche, che poi venivano messi in vendita a prezzo diciamo così politico, e in molte case tarantine entrarono molte opere, che servivano ad avvicinare all’arte il pubblico e a fidelizzarlo all’impegno del Circolo. La gente accorreva numerosa e mostrava non poco interesse per queste iniziative fuori dal comune. Insomma, qualcosa di importante si muoveva nel tessuto cittadino e faceva presagire interessanti sviluppi.
Accanto alle mostre d’arte un cenno meritano gli incontri con scrittori e poeti di livello nazionale; ricordo quelli con Camilla Cederna e Alfonso Gatto, in un clima e in un ambiente rilassato e confortevole, in cui ci si stringeva a cerchio, talora stando seduti per terra sulla moquette, in un ideale abbraccio con gli autori. Il dialogo era spesso spontaneo, vivace e non condizionato dalla loro statura. Insomma, si è trattato di una felice stagione, di cui si prova ancora rimpianto, perché conclusa tristemente, per una città come Taranto dove è difficile costruire e fare attecchire le cose belle e valide.
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