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L'inchiesta
13 Giugno 2024 - 06:00
Il lungo viale che si apre tra filari di querce e muretti a secco accompagnava diritto verso una piccola oasi: campi da tennis e campetto di calcio, campi di basket e pallavolo, campo di bocce, pista di pattinaggio che, all’occorrenza, si trasformava in arena per le rassegne cinematografiche estive. Auditorium, uffici, biblioteca, palestra e sale che accoglievano mostre di pittura, fotografia, scultura. E poi tanto verde, il profumo dei pini e l’ombra degli ulivi, i colori di bougainvillea e passiflora e tanto prato, quello dove si celebravano i famosi e ineguagliati “Concerti sull’erba”. Era la masseria Vaccarella, circolo Italsider. Oggi, superato il passaggio a livello che segnava il confine tra il mondo di qua e quel gioiello di storia, natura e attività sportive e culturali, lo spettacolo è desolante: quell’angolo che era stato simbolo di vitalità e benessere è una giungla di arbusti che crescono indisturbati fino a divorare i campi sportivi che, di fatto, non esistono più. Barriere di transenne e reti metalliche sono il tentativo di proteggere la masseria dalle incursioni dei vandali. Troppo poco per impedire la distruzione degli uffici, della palestra, dell’auditorium. Rottami ovunque, un tappeto di ferraglia e vetri rotti tra i quali assumono le sembianze di una installazione d’arte contemporanea i barattoli giganti di nutella lasciati insieme ad una bottiglia di spumante come traccia di una surreale merenda consumata tra porte e finestre divelte e pavimenti logori e sudici. Sembra di essere al centro di un romanzo distopico. Rovine e abbandono dopo la distruzione. Sì, c’era una volta la masseria Vaccarella.
Emilio Riva fu chiarissimo. A chi gli chiedeva se avrebbe sostenuto la squadra di calcio o tenuto in vita gli internazionali femminili di tennis rispose in modo inequivocabile: «Sono qui per fare produzione, non promozione». Stop. Fine delle trasmissioni. Il circolo Italsider Vaccarella, di fatto, è morto quel giorno lì, quando il nuovo proprietario dello stabilimento siderurgico si presentò alla città dalle sale dell’associazione degli industriali, in via Dario Lupo. Correva l’anno 1995.
Errore tragico di Riva, pietra tombale su quella che fino a quel momento era stata una cerniera fondamentale nel cucire il rapporto tra città e industria. Con quella traumatica cesura, Riva decideva di chiudersi a riccio isolandosi dal territorio che lo ospitava. Il suo sarà uno stabilimento dalla straordinaria produttività e dagli utili netti oggi neppure immaginabili, ma con quella ottusa scelta isolazionista non aveva intuito che stava scavando un solco che si rivelerà incolmabile con quella città che aveva vissuto, piuttosto bene, con la siderurgia di mano pubblica. Un solco che poi sarà la sua condanna sociale prima ancora che giudiziaria.
La masseria Vaccarella fino a quel momento era stata un glorioso punto di riferimento per la cultura, l’arte, le attività sportive. Non solo centro dedicato e riservato ai lavoratori del siderurgico ma straordinario motore culturale della città. Poi il mesto declino: quel motore pian piano si spegne. Addio internazionali di tennis, addio concerti sull’erba, addio grandi mostre, addio attività sportive per i ragazzi e per i dipendenti Italsider-Ilva. Da allora trent’anni di lento e progressivo processo di consunzione, che la gestione di Fim, Fiom e Uilm con la Fondazione Vivere Solidale non è riuscita ad arginare. Anni nei quali hanno provato ad allungare lo sguardo su quella masseria imprenditori privati, come Armando Parnasso, e persino l’Automobil Club Italia che alla vigilia delle elezioni comunali del 2017 annunciò con il suo presidente Pino Lessa – in quella circostanza candidato sindaco - di volerne assumerne la gestione per riportarla agli antichi splendori. Tutto miseramente naufragato, compreso il tentativo, più recente, di abbozzare un progetto di riqualificazione con il Comune per farne un luogo simbolo dei Giochi del Mediterraneo. Niente. Così oggi i veri padroni di quello che fu il glorioso circolo Italsider sono le sterpaglie che hanno divorato quel che resta dei campi sportivi e i vandali che hanno devastato tutto il devastabile. Fino ad un paio di anni fa una palestra in attività garantiva un minimo di decoro e di sorveglianza. Chiusa la palestra è andato tutto in malora. E uscire dal tunnel non è così semplice.
Ma cosa è stata la masseria Vaccarella e perché è stata così importante per Taranto? Facciamo un po’ di storia.
La Vaccarella, a suo modo, è stata la metafora della trasformazione di Taranto e della sua provincia. Ha rappresentato la metamorfosi dalla civiltà agreste a quella industriale. Masseria del ‘700, nucleo di coltivazioni agricole e di pastorizia, una prima svolta nella sua storia arriva nei primi anni ’40 del Novecento, quando Cesare Contegiacomo, importante imprenditore tessile di Putignano, acquista la masseria: 550 ettari che le qualità imprenditoriali di Contegiacomo trasformano in una efficiente azienda agricola: vite a tendone, cantina, coltivazione di agrumi, moderne stalle con animali selezionati. I dipendenti sono circa trecento ai quali sono assegnati anche degli alloggi. Si tratta in parte di lavoratori della fabbrica tessile di Putignano che in periodi di rallentamento dell’attività produttiva tessile Contegiacomo trasferisce a Taranto. La Vaccarella è un gioiello dell’agricoltura ionica, al punto da ricevere un riconoscimento ufficiale dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (bibliografia: Marina Comei, La Fabbrica degli abiti – Cesare Contegiacomo e la sua impresa, Editori Laterza).
Una veduta aerea della Vaccarella negli anni Cinquanta, quando era la fiorente azienda agricola della famiglia Contegiacomo. Di fronte, i terreni sui quali sorgerà il quartiere Paolo VI
Il sogno di trasformare Taranto in una capitale industriale però avanza e nei primi anni ’70 la Vaccarella viene acquisita dall’Italsider che dal 1973 vi trasferisce il suo Circolo, fino ad allora ristretto negli uffici di Corso Umberto.
Intorno alla Vaccarella si era giocata una avvincente partita a scacchi tra la stessa Italsider e le lobby dei proprietari terrieri tarantini per l’acquisizione dei suoli dove far sorgere il siderurgico e, successivamente, quello che sarà il quartiere Paolo VI, il centro abitato da destinare a residenza dei dipendenti del colosso siderurgico. Una partita brillantemente raccontata da Alessandro Fantoli, dirigente Italsider inviato a Taranto proprio per porre le basi per la nascita dello stabilimento. Il suo “Ricordi di un imprenditore pubblico” (Rosenberg&Sellier) contiene pagine illuminanti sulle dispute che hanno deciso speculazioni e sviluppo urbanistico della città.
In ogni caso, nel 1973 la Vaccarella avvia le proprie attività culturali come Circolo Italsider. L’illuminata direzione di Giuseppe Francobandiera trasforma la Vaccarella in un centro propulsore che Taranto non ha mai più potuto vantare. Se il siderurgico è la fabbrica dell’acciaio, la Vaccarella è la fabbrica della cultura. Alle attività sportive, in particolare il tennis, riservate alle famiglie degli italsiderini, si affiancano infatti momenti di altissimo profilo culturale: il circolo ospita le opere di artisti del calibro di Arnaldo e Giò Pomodoro, Pericle Fazzini, Igor Mitoraj, Giuseppe Capogrossi, Umberto Mastroianni, Nicola Carrino.
La musica diventa la regina della Vaccarella con la strepitosa stagione dei “Concerti sull’erba”: sul prato della masseria si esibiscono mostri sacri come Gilbert Becaud, Charles Aznavour, Juliette Greco, Chet Baker, Gino Paoli e Ornella Vanoni, Renzo Arbore e stelle del cinema come Roberto Benigni e Alberto Sordi.
Momenti culturali ai quali si affiancano le magnifiche pagine sportive degli Internazionali Femminili di Tennis: i campi della Vaccarella ospitano campionesse di levatura mondiale come Steffi Graf e Raffaella Reggi, solo per citarne alcune.
Andato in pensione Giuseppe Francobandiera, la direzione del circolo viene affidata a Elio Donatelli al quale va il merito di proseguire nella politica di qualità che sin dagli inizi aveva distinto le attività della Vaccarella. È sotto la sua direzione, infatti, che si aprono collaborazioni importanti che porteranno sull’erba della Vaccarella cabarettisti come Alessandro Bergonzoni, Enrico Brignano, Giobbe Covatta, Biagio Izzo e tanti altri.
«La serata forse più memorabile – ricorda commosso Elio Donatelli – fu quella con Alberto Sordi, che venne a presentare il film “Nestore, l’ultima corsa”: seimila spettatori con gente arrampicata persino sugli alberi. Oggi qui vedo solo desolazione. Che tristezza».
Tristezza alla quale si aggiunge altra tristezza intinta di giallo: «Umberto Mastroianni ci propose uno scambio: una fornitura di acciaio per realizzare una scultura che avrebbe poi donato all’Ilva. Il direttore dello stabilimento, Sergio Noce, accolse molto volentieri la proposta di Mastroianni. Così gli fornimmo acciaio per un valore di 50 milioni di lire. Lui realizzò una scultura il cui valore fu stimato in 450 milioni di lire. La scultura fu collocata all’ingresso della direzione dell’Ilva, sulla via Appia. Ebbene di quell’opera non si è saputo più nulla. Sparita. Non si sa che fine abbia fatto. Ho chiesto ai direttori che si sono succeduti e nessuno ha saputo dirmi nulla».
Il bozzetto della scultura scomparsa di Umberto Mastroianni
Il declino della Vaccarella segue di pari passo quello della città. La privatizzazione dell’Ilva rompe quel patto sociale che aveva fatto convivere la città con l’industria. Riva si chiude a riccio, a lui interessano solo gli asset industriali. La Vaccarella e il Centro Nautico in viale Virgilio passano nelle mani di Fim, Fiom e Uilm attraverso la Fondazione Vivere Solidale. Un passaggio avvenuto non senza polemiche, ma che in ogni caso non servirà a mantenere il profilo che prima Francobandiera e poi Donatelli avevano disegnato per quello che era stato il Circolo Italsider.
Quel che resta del campo centrale della Vaccarella
Il 2012, anno in cui esplode la tempesta giudiziaria che estromette la famiglia Riva dalla proprietà dello stabilimento, segna la fine anche della Vaccarella. Non porta a nulla l’approdo di Arcelor Mittal e nemmeno il tentativo di includere la Vaccarella nei progetti per i Giochi del Mediterraneo. Riportare in vita quello che fu il Circolo Italsider è tutt’altro che facile: imprenditori privati che volessero acquisirne la gestione dovrebbero comunque rispettare i principi e le finalità sociali fissate nello statuto della Fondazione Vivere Solidale. Impegno di non poco conto quello di mettere in secondo piano le legittime aspettative di profitto a fronte degli enormi investimenti necessari a restituire decoro alla masseria.
Elio Donatelli
«Nel ’95 fui l’ultimo a lasciare la Vaccarella», ricorda Elio Donatelli. «Impacchettammo l’archivio con tutta la documentazione sull’attività svolta in quei vent’anni di lavoro. Tutto quel materiale sigillato venne mandato nei magazzini dello stabilimento siderurgico. A distanza di anni, sollecitato da un amico giornalista che voleva raccontare quello che era stato il Circolo Italsider, chiedemmo alla nuova proprietà di accedere a quella monumentale documentazione: ci risposero che purtroppo tutto quel materiale era stato divorato dai topi. La testimonianza di vent’anni di attività distrutta per sempre».
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