Cerca

Cerca

Il focus

Suicidi e sovraffollamento: dentro le criticità del carcere

Il dossier dell'associazione Antigone e il penitenziario di Taranto

Il carcere di Taranto

Il carcere di Taranto

Spiccano due dati, leggendo il lungo ed articolato Rapporto sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone, giunto alla ventesima edizione. Quello sui suicidi, e quello sul sovraffollamento. Il carcere di Taranto viene citato in riferimento ad entrambi.

«Dopo il 2022, l’anno da record con 85 suicidi accertati, il 2023 e il 2024 continuano a registrare numeri impressionanti. Nel 2023 sono state almeno 70 le persone che si sono tolte la vita all’interno di un Istituto di pena. Nei primi mesi del 2024, almeno 30. “Almeno” perché numerosi sono i decessi con cause ancora da accertare, tra i quali potrebbero quindi celarsi altri casi di suicido. Seppur in calo rispetto all’anno precedente, i 70 suicidi del 2023 rappresentano un numero elevato rispetto al passato. Il più elevato dopo quello del 2022. Guardando agli ultimi trent’anni, solo una volta si è andati vicini a questa cifra con 69 suicidi nel 2001. Ancora più allarmante è il dato relativo al 2024. Tra inizio gennaio e metà aprile sono stati 30 i suicidi accertati. Uno ogni 3 giorni e mezzo. Nel 2022 – l’anno record – a metà aprile se ne contavano 20. Se il ritmo dovesse continuare in questo modo, a fine anno rischieremmo di arrivare a livelli ancor più drammatici rispetto a quelli dell’ultimo biennio». Così scrive nel Dossier sui suicidi in carcere nel 2023 e nei primi mesi del 2024 Sofia Antonelli, laureata in Diritti Umani all’Università di Padova, dal 2020 ricercatrice presso l’Associazione Antigone e coordinatrice dell’ufficio del Difensore Civico. «Gli Istituti dove sono avvenuti il maggior numero di suicidi tra il 2023 e il 2024 sono le Case Circondariali di Roma Regina Coeli, di Terni, di Torino e di Verona. In ognuno dei quattro Istituti si sono verificati 5 casi di suicidio. Sia a Terni che a Torino i casi sono stati quattro nel 2023 e uno nel 2024, mentre a Verona sono stati tre nel 2023 e due nel 2024. A Regina Coeli sono avvenuti tutti nel 2023, rappresentando così l’Istituto con il maggior numero di suicidi nel corso dell’anno passato. Seguono, con 4 casi di suicidi, le due grandi Case Circondariali cittadine di Milano San Vittore e Napoli Poggioreale. A San Vittore i suicidi sono avvenuti tutti nel 2023, mentre a Poggioreale uno nel 2023 e gli altri tre, nel giro di una settimana, a gennaio 2024. Vi sono poi sette Istituti dove i casi di suicidio sono stati 3: Cagliari, Milano Opera, Parma, Pescara, Santa Maria Capua Vetere, Taranto e Venezia. In tutti gli Istituti citati si registra una situazione più o meno grave di sovraffollamento. In dieci Istituti su tredici il livello di sovraffollamento supera la media nazionale, pari – a fine marzo 2024 – al 119,3%» aggiunge ancora Antonelli. Che rileva come «il sovraffollamento non è solo mancanza di spazi, ma anche di risorse. In alcuni Istituti si registra una significativa carenza di personale, come ad esempio a Verona dove vi è un Funzionario giuridico pedagogico ogni 193 persone detenute, a Taranto dove il rapporto è di uno a 116 e a Parma dove è di uno a 101. Vi sono poi Istituti dove i servizi di salute mentale sono praticamente inesistenti, come ad esempio a Santa Maria Capua Vetere dove per ogni 100 persone detenute le ore settimanali di servizio psichiatrico sono 0,63 e di servizio psicologico 4,34, o dove sono poco presenti, come a Taranto dove le ore settimanali di servizio psichiatrico sono 4,57 e di servizio psicologico 4,7».

I suicidi

Nel Dossier viene anche tracciato un profilo di chi arriva a togliersi la vita in cella. «Dalle biografie di queste persone emergono in molti casi situazioni di grande marginalità. Molte le persone giovani e giovanissime, molte le persone di origine straniera. Molte anche le situazioni di presunte o accertate patologie psichiatriche. Alcune provenivano da passati di tossicodipendenza, altre erano persone senza fissa dimora. Delle 100 persone che si sono tolte la vita in carcere, 5 erano donne. Un numero particolarmente alto se consideriamo che la percentuale della popolazione detenuta femminile rappresenta solo il 4,3% del totale. Nell’estate del 2023 tre donne si sono tolte la vita all’interno della sezione femminile della Casa Circondariale di Torino. A dicembre la quarta donna nella Casa Circondariale di Trento. A marzo 2024 la quinta donna, la prima dell’anno, all’interno della Casa Circondariale di Bologna. L’età media delle persone che si sono tolte la vita è di 40 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni, con 33 casi di suicidi. Segue quella tra i 40 e i 49 anni, con 27 casi. Vi è poi la fascia dei più giovani, con 17 suicidi commessi da ragazzi con età comprese tra i 20 e i 29 anni, e la fascia di persone tra i 50 e i 59 anni, anch’essa con 17 suicidi. Chiudono i 5 casi di persone tra i 60 e i 69 anni. Il più giovane in assoluto era un ragazzo detenuto nella Casa Circondariale di Teramo solo da pochi giorni. Si è tolto la vita il 13 marzo 2024, nel giorno del suo ventunesimo compleanno. Il più anziano era un uomo di 66 anni detenuto, da meno di un mese, nella Casa Circondariale di Imperia. Le persone di origine straniera erano 42. Tenendo conto che la percentuale di stranieri in carcere è ad oggi leggermente inferiore a un terzo della popolazione detenuta totale (31,3%), ciò implica che il tasso di suicidi è significativamente maggiore nelle persone detenute di origine straniera rispetto agli italiani. Per quanto riguarda le aree geografiche, 19 persone provenivano dal Nord Africa (10 Marocco, 5 Tunisia, 3 Egitto, 1 Libia); 13 dall’Europa orientale (4 Ucraina, 2 Albania, 2 Romania, 1 Bosnia, 1 Macedonia, 1 Moldavia, 1 Russia, 1 Slovacchia); 3 dall’Asia centrale e meridionale (1 Afghanistan, 1 Bangladesh, 1 India); e 3 dal Sud America (1 Brasile, 1 Ecuador, 1 Perù). Oltre ai dati anagrafici, da alcuni articoli che raccontano i tragici epiloghi di queste persone è possibile raccogliere informazioni relative a trascorsi di vita e a patologie sofferte. Si tratta di un terreno delicato, in cui, in assenza di maggiori strumenti di verifica, l’utilizzo del condizionale è d’obbligo. Dai dati a disposizione, sembrerebbe, dunque, che almeno 22 delle 100 persone decedute soffrissero di patologie psichiatriche. Almeno 12 pare avessero già provato a togliersi la vita in altre occasioni. Emergono almeno 7 persone con un passato di tossicodipendenza. Erano invece almeno 6 le persone senza fissa dimora».

In Italia oltre 60.000 detenuti

Al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute in Italia, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Le donne erano 2.619, il 4,3% dei presenti, e gli stranieri 19.108, il 31,3%. Il dato emerge dalla sezione “I numeri della detenzione” del XX Rapporto di Antigone. «Dalla fine del 2019 alla fine del 2020, a causa delle misure deflattive adottate durante la pandemia, le presenze in carcere erano calate di 7.405 unità. Ma sono subito tornate a crescere. Prima lentamente, con un aumento delle presenze di 770 unità nel 2021, a cui però è poi seguita una crescita di 2.062 nel 2022 e addirittura di 3.970 nel 2023. Nell’ultimo anno dunque la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un tasso di crescita allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 ci porterebbe oltre le 65.000 presenze entro la fine dell’anno. Tanto per fare un confronto, si tenga presente che il Consiglio d’Europa ha chiuso la procedura di esecuzione della sentenza Torreggiani contro l’Italia, accogliendo con favore gli interventi realizzati dalle autorità italiane, il 9 marzo 2016. A fine febbraio 2016 erano presenti nelle carceri italiane 49.504 detenuti in 52.846 posti. Come detto sopra, a fine marzo 2024 i detenuti erano 61.049 in 51.178 posti. Cresce dunque le presenze e quindi cresce anche il tasso di affollamento ufficiale, che raggiunge a livello nazionale il 119,3%».

Il triste primato della Puglia

I tassi di affollamento più alti a livello regionale si continuano a registrare in Puglia (152,1%), in Lombardia (143,9%) e in Veneto (134,4%). Me si si guarda alle altre regioni preoccupa molto la crescita delle presenze ad esempio in Friuli-Venezia Giulia, crescita che è stata del +14,9% nell’ultimo anno, o in Basilicata (+16,4%) a fronte di una crescita media nazionale del +7,7%. «Il sovraffollamento, che come sempre si presenta prima nelle maggiori aree metropolitane del paese, si sta ormai diffondendo quasi ovunque» spiega l’associazione Antigone. Non manca, di nuovo, il nome di Taranto. «A fine marzo i singoli istituti più affollati erano Brescia Canton Monbello (209,3%), Lodi (200%), Foggia (195,6%), Taranto (184,8%), Roma Regina Coeli (181,8%), Varese (179,2%), Udine (179%), mentre complessivamente gli istituti che avevano un tasso di affollamento superiore al 150% erano ormai 39, sparsi in tutta Italia, ed insieme ospitavano 14.313 persone». «Questi calcoli sul tasso di affollamento» si legge ancora nel Rapporto «sono fatti utilizzando la capienza ufficiale del nostro sistema penitenziario, ma sappiamo bene che in ogni momento diverse migliaia di posti non sono disponibili a causa di manutenzioni o ristrutturazioni. Il dato disponibile più recente, ricavato dalle schede trasparenza del Ministero della giustizia, ed aggiornato al 6 giugno 2023, parla di 3.640 posti non disponibili. Misurare il tasso di affollamento di oggi sottraendo i posti non disponibili allora sarebbe metodologicamente sbagliato, questi sono numeri che oscillano nel tempo. A leggere però la Relazione del Ministero sull’amministrazione della giustizia relativa all’anno 2023, si scopre che il numero di posti non disponibili dovrebbe tendere nella migliore delle ipotesi verso una “soglia fisiologica del 5% di posti indisponibili, quota percentuale legata all’espletamento dei normali cicli di manutenzione ordinaria dei fabbricati (cadenza ventennale)”. Almeno 2.500 posti detentivi in meno in ciascun momento sono dunque inevitabili. E se questa fosse la situazione attuale, e si tratta di una stima al ribasso, significa allora che abbiamo un tasso di affollamento medio nazionale del 125,6%, mentre in Puglia siamo in effetti al 160,1%, in Lombardia al 151,4% e in Veneto al 141,5%. Numeri che dovrebbero imporre misure straordinarie immediate che al momento non si vedono».

Morire in carcere

Se il numero dei suicidi è allarmante, Antigone evidenzia anche come «aumenta anche il numero di morti in carcere per cause diverse dal suicidio. Sono 42 alla data del 15 aprile 2024, quando erano stati 88 in tutto il 2023. Anche qui siamo davanti ad un numero altissimo, senza precedenti. Nel frattempo, guardando ai dati raccolti durante le 99 visite fatte dall’Osservatorio di Antigone nel corso del 2023, si vede come resti allarmante il numero degli eventi critici registrati. Gli atti di autolesionismo sono 18,1 ogni 100 detenuti, i tentati suicidi 2,4, le aggressioni al personale 3,5 e le aggressioni verso altri detenuti 5,5, il tutto sempre ogni 100 detenuti. Un bollettino di guerra».

Le donne

Alla fine di febbraio 2024 le donne in carcere in Italia erano 2.611, pari al 4,3% della popolazione detenuta totale, una quota che negli ultimi decenni ha visto solo piccole oscillazioni. La media di presenze femminili nei paesi del Consiglio d’Europa è pari, secondo l’ultimo dato disponibile, al 5,4%, si scrive nel Rapporto. La percentuale di donne in carcere è pari all’1,2% in Albania, al 2,8% in Azerbaijan, al 3,7% in Bulgaria, al 3,9% in Turchia, mentre è pari al 4,5% in Danimarca, al 5,6% in Germania, al 6% in Svizzera, al 6,2% in Austria, al 7% in Portogallo, al 7,1% in Spagna, all’8,1% Repubblica Ceca, all’8,3% in Islanda. Proporzioni non precisamente allineate l’una all’altra, che tuttavia testimoniano di una netta residualità della detenzione femminile. A livello mondiale, la presenza di donne in carcere è pari al 6,9% della popolazione carceraria globale. Le carceri interamente femminili sul territorio italiano sono solo quattro (a Roma, Venezia, Pozzuoli e Trani). In esse sono recluse 646 donne (di cui 366 nel solo Rebibbia femminile a Roma, il carcere femminile più grande d’Europa), meno di un quarto del totale delle donne detenute. I restanti oltre tre quarti si trovano in sezioni femminili all’interno di istituti a prevalenza maschile. Attualmente sono 45 (dove nel carcere di Turi è da poco ospitata una sola donna, probabilmente in via provvisoria), alcune delle quali di dimensioni molto ridotte: il carcere di Reggio Emilia ospita 14 donne a fronte di 259 detenuti uomini, quello di Piacenza ne ospita 16 a fronte di 392 uomini, quello di Mantova 9 a fronte di 134 uomini, quello di Barcellona Pozzo di Gotto 5 a fronte di 233 uomini. Situazioni nelle quali la separazione diurna tra uomini e donne rischia di influire negativamente sull’offerta di attività significative verso il reparto femminile. La stessa cosa si può dire delle sei sezioni per detenute transessuali (che si trovano a Roma Rebibbia Nuovo Complesso, Como, Ivrea, Reggio Emilia, Belluno e Napoli Secondigliano). Le detenute transessuali, che sono circa 70 nelle carceri italiane, vengono allocate dall’Amministrazione Penitenziaria secondo il loro sesso biologico, dunque in istituti maschili, ma vengono tenute separate dal resto della popolazione reclusa. A questi spazi si aggiungono inoltre i tre Icam (Istituti a custodia attenuata per madri) attualmente in funzione, a Milano, Torino e Lauro. In essi sono recluse oggi complessivamente 12 donne con i loro figli. L’Icam di Lauro, che ha una capienza di 50 posti, ospita solo 4 detenute madri. Complessivamente, tra Icam e sezioni nido di carceri ordinarie, 19 donne vivono attualmente in carcere con i loro 22 bambini

I minori

Alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia. Una cifra che sta rapidamente crescendo. Solo due mesi prima, alla fine del 2023, si attestava sulle 496 unità. Alla fine del 2022 le carceri minorili italiane ospitavano 381 ragazzi. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%. Se alla fine del 2022 i minori e giovani adulti in carcere rappresentavano il 2,8% del totale dei ragazzi in carico ai servizi della giustizia minorile, oggi tale percentuale è pari al 3,8%. Dopo il calo delle presenze dovuto alla pandemia da Covid-19, i numeri stanno rapidamente risalendo. Dei 523 giovani detenuti alla fine di febbraio, 312 erano minorenni e 211 giovani adulti. Le ragazze erano solo 18, di cui 7 straniere. Gli stranieri in generale costituivano il 51% del totale. Il numero dei giovani detenuti varia dalle 63 presenze di Milano alle 8 di Quartucciu (Cagliari). Pontremoli è il solo Ipm interamente femminile d’Italia e ospita attualmente 13 ragazze. Solo 30 ragazzi, il 5,7% del totale, sono in carcere solo in espiazione di pena. Un altro 27% ha una posizione giuridica mista, con almeno una condanna definitiva e altri procedimenti a carico. La restante percentuale, di gran lunga la maggioranza, è in carcere senza alcuna condanna passata in giudicato ma solo per custodia cautelare. Nel corso del 2023, solo il 22,7% dei reati che hanno comportato la reclusione in carcere riguardava reati contro la persona, tendenzialmente la categoria più grave. Ben il 55,2% riguardava invece reati contro il patrimonio, una categoria che comprende fattispecie meno gravi.

Il 41-bis

Quanti sono i detenuti in 41-bis? Si tratta di un numero alto, che si mantiene stabile nell’ultimo decennio. «Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia aggiornati all’11 dicembre 2023, il numero dei detenuti presenti è di 733 – di cui 12 donne presso la Casa di Reclusione de L’Aquila e 7 internati presso la Casa Circondariale di Tolmezzo – dislocati nelle 12 sezioni 41-bis presenti nel territorio nazionale. Al 4 aprile 2024, secondo dati del DAP, i detenuti in 41-bis sono 721. In virtù del principio di separazione, volto a garantire le finalità di ordine e sicurezza, a ciascun detenuto in 41-bis viene assegnata una cella singola, nella quale trascorre circa 21 o 22 ore al giorno» si legge nel Rapporto.

«Inoltre, ogni detenuto viene inserito in un gruppo di socialità composto da un totale di quattro detenuti, che saranno gli unici detenuti con cui potrà interagire, all’interno delle cosiddette “sale della socialità”. La scelta dei detenuti da inserire nel gruppo viene effettuata dal direttore dell’istituto che, secondo quanto indicato dalla circolare del 2017, dovrà fare in modo di impedire gli incontri tra i vertici delle stesse famiglie, di gruppi alleati, o gruppi contrapposti o i contatti tra personaggi di spicco. Ma la specialità che connota il 41-bis va oltre; sono infatti previste anche delle “Aree riservate” pensate per coloro che ricoprono posizioni apicali all’interno delle organizzazioni mafiose. Costoro non sono ammessi ai gruppi di socialità a quattro, bensì per loro la vita si declina in un modello a due, all’interno del quale, paradossalmente, un detenuto è inserito nell’area riservata per fungere da “dama di compagnia” dell’altro. Secondo quanto riportato dal Garante Nazionale, in data 27 febbraio 2023 erano 35 le persone assegnate alle aree riservate».

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Buonasera24

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Termini e condizioni

Termini e condizioni

×
Privacy Policy

Privacy Policy

×
Logo Federazione Italiana Liberi Editori