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Il punto
05 Febbraio 2024 - 06:00
L'aula del consiglio comunale
Se dovessimo spiegare ai bambini cosa significa rispetto per le istituzioni, potremmo mostrare loro l’immagine del consigliere comunale Massimo Battista. Sul volto i segni crudeli della feroce malattia che lo ha aggredito, è riuscito comunque ad essere presente nell’aula del consiglio comunale. Temeva che la sua assenza avrebbe potuto compromettere la discussione sulla mozione di sfiducia al sindaco che egli stesso aveva contribuito a presentare. La sua presenza è stata a lungo incerta, ma quando ha fatto ingresso nell’aula, sorretto da altre persone, i consiglieri presenti - c’erano solo le opposizioni - gli hanno tributato uno spontaneo quanto commosso applauso.
Se dovessimo spiegare ai bambini cosa significa disprezzo per le istituzioni, potremmo invece mostrare loro l’immagine di quella stessa aula semideserta, con i banchi della cosiddetta maggioranza lasciati desolatamente vuoti per non permettere che la mozione fosse discussa. Un’assenza sprezzante, il cui significato, dal punto di vista etico-politico, va ben al di là del pur legittimo calcolo cinico della competizione politica. In quei banchi vuoti si leggeva tutto lo sberleffo verso l’istituzione e verso quel confronto, pur acceso, che dovrebbe essere l’anima di un sistema democratico.
Basterebbero queste immagini, quindi, per spiegare ai bambini la differenza che esiste tra rispetto e disprezzo. Ma se queste immagini basterebbero ai bambini, per certi adulti evidentemente no. Perché taluni consiglieri e assessori, preoccupati e ansiosi di marcare ancor di più la differenza, hanno voluto aggiungere la derisione di alcuni post pubblicati sui social, con un raffinato repertorio oscillante tra il folcloristico rimando alla proverbiale mancata sposa rimasta in attesa sull’altare e la più truculenta evocazione delle purghe di staliniana memoria. Savoire-faire e bon ton sprecati a piene mani. Ma in fondo proprio quest’altra immagine è forse la più aderente per rappresentare la cifra espressiva di ciò che ormai somiglia più che altro - con le debite eccezioni - ad un assembramento di arrembanti avventurieri della politica che non hanno avuto rispetto neppure verso chi ha sfidato la malattia per garantire la propria presenza in aula.
E non sarà certo una sguaiata campagna di manifesti 6x3 a ripulire certe sconcezze e le imbarazzanti performance alle quali abbiamo assistito in questo anno e mezzo di amministrazione: travolgenti girandole di assessori, frenetici cambi di casacca, gruppi consiliari partoriti ed evaporati in un soffio, sistematico svilimento del consiglio comunale spesso disertato dalla stessa maggioranza, uno spettacolo avvilente di mercanteggiamenti per strappare numeri e postazioni e restare aggrappati alle generose indennità mensili che proprio da gennaio hanno subìto una poderosa spinta verso l’alto e che in troppi non sarebbero in grado di guadagnarsi altrove. Tutto camuffato dallo stucchevole slogan «per il bene della città», quella stessa città che invece continua a collassare giorno dopo giorno. Insomma, una concezione un po’ untuosa della politica e dell’uso delle istituzioni. E l’untume ammette due scelte possibili: sgrassarsi e igienizzarsi oppure restarne irrimediabilmente invischiati.
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