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Oggi l'assemblea

Acciaierie d'Italia, il giorno più lungo

La Fiom alla Camera: «Rischio di spegnimento per Taranto»

Acciaierie d'Italia

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E’ il giorno dell’assemblea per Acciaierie d’Italia. Un passaggio che si annuncia cruciale, quello in programma a Milano. Del resto, il primo punto all’ordine del giorno è il piano industriale, mentre si cercano strade per il rafforzamento finanziario della società. A testimoniare l’importanza dell’appuntamento di oggi, il presidio dei sindacati che saranno presenti con una delegazione in viale Certosa, all’esterno della sede di Acciaierie.

E proprio i sindacati sono stati protagonisti, ieri, di un’audizione dinanzi alla X commissione, Attività Produttive, della Camera. «Una situazione di criticità e totale incertezza pesa sui lavoratori sulla città di Taranto e sulla siderurgia italiana rispetto a questa vertenza, che non puo’ più essere tenuta in queste condizioni. Siamo davanti ad un vuoto pericoloso, il rischio è quello di perdere il principale polo siderurgico primario d’Europa con conseguenze sull’occupazione, sull’indotto, sulla filiera diretta degli altri stabilimenti e su una serie di attività connesse che non possiamo accettare passivamente. Una situazione di incertezza che va assolutamente governata» dicono il segretario generale Fim Cisl Roberto Benaglia e il segretario nazionale Fim Cisl Valerio D’Alò. La richiesta al governo è che «assuma nei prossimi giorni un’azione che forzi la mano alla multinazionale e che ci sia trasparenza nei confronti dei lavoratori e del ruolo del sindacato. L’assemblea dei soci non dovrà essere un ulteriore dilazione dei tempi ma Arcelor Mittal dovrà chiarire in modo chiaro e definitivo la sua volontà ad essere parte attiva degli investimenti o meno».

Per il leader della Uilm, Rocco Palombella, «sembra davvero una storia di altri tempi: lo Stato finanzia e il privato ne ricava i benefici. Si può continuare a trattare con un Gruppo che non ha rispettato nessun impegno dal 2018 a oggi e che continua a condizionare un asset strategico del nostro Paese? È possibile che questo Gruppo possa gestire un eventuale processo di decarbonizzazione». Palombella ricorda che «nei mesi scorsi il presidente Bernabè ha rassegnato le sue dimissioni, rimaste sospese per evidenti motivi. Se il socio privato non si impegnerà a finanziare il 62% del fabbisogno richiesto da AdI, cosa farà il Governo? Deciderà di rescindere il contratto con ArcelorMittal? Basta perdere tempo, occorrono decisioni chiare e immediate. È urgente un cambio di governance» invoca il segretario Uilm. D’altra parte, aggiunte, «in un anno e mezzo il socio pubblico ha finanziato la società per oltre un miliardo di euro, che si aggiunge alle ingenti somme stanziate dallo Stato dal 2019 ad oggi per concedere la cassa integrazione a migliaia di lavoratori tra diretti, indiretti e in amministrazione straordinaria». Una opposizione alla linea del governo dettata, spiega ancora Palombella, «da una gestione fallimentare» che si è tradotta in «rischi continui per la sicurezza dei lavoratori, l’assenza di un piano industriale, il mancato rilancio degli stabilimenti, livelli produttivi ai minimi termini, migliaia di lavoratori in cassa integrazione, il mancato completamento degli interventi di ambientalizzazione e l’elevata esposizione finanziaria nei confronti di fornitori e aziende dell’appalto». E ancora, «nonostante l’iniezione di ingente liquidità l’indebitamento di Acciaierie d’Italia supererebbe i 2,5 miliardi di euro. Da febbraio a oggi la situazione è peggiorata ulteriormente e a luglio l’azienda ha rischiato di fermarsi per il mancato pagamento del gas. Ancora una volta il socio privato ha continuato a chiedere soldi allo Stato con il solito ricatto occupazionale, senza mettere un solo euro (a partire dai 70 milioni previsti a febbraio). E le argomentazioni sono le più disparate: dalla mancanza di bancabilità alla crisi pandemica, fino alla guerra e all’inflazione», aggiunge ricordando come al contrario «tutte le aziende siderurgiche, in Italia e non solo, registrano profitti straordinari. La stessa ArcelorMittal fa utili da record».

«Acciaierie d’Italia nelle condizioni attuali non potrà mai essere rilanciata e arrivare all’equilibrio finanziario, previsto con una produzione di 6 milioni di tonnellate. Da settembre la situazione è diventata drammatica. Il piano Urso è stato palesemente abbandonato e il Governo ha deciso di percorrere un’altra strada negoziando con ArcelorMittal un nuovo accordo e sottoscrivendo un memorandum rimasto segreto, non solo a noi ma anche al socio pubblico di cui abbiamo chiesto di conoscere il contenuto. Nel frattempo - ricorda Palombella - il socio privato continua a chiedere ulteriori fondi pubblici: si parla di oltre 300 milioni di euro, senza un suo impegno. Solo una sentenza del Tar della Lombardia ha scongiurato lo stop alla fornitura di gas fino al prossimo 10 gennaio. Si parla di un piano di decarbonizzazione di oltre 5 miliardi fino al 2030, con il socio privato alla guida. Nessuno è in grado, però, di spiegarci cosa succederà da oggi e fino alla realizzazione di questo libro dei sogni».

«Riscontriamo il rischio ogni giorno più concreto di cessazione dello stabilimento ex Ilva di Taranto» l’allarme lanciato dal segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma intervenendo in audizione. «Oggi - ha aggiunto - non ci sono gli investimenti necessari da parte della proprietà per il mantenimento e l’implementazione della produzione necessaria a tenere in equilibrio da un punto di vista finanziario ed economico l’azienda». «L’obiettivo di 6 milioni di tonnellate sullo stabilimento di Taranto previsto dall’Autorizzazione integrata - ha concluso De Palma - oggi è lungamente sotto soglia e abbiamo una situazione degli altoforni che vede un progressivo spegnimento, quindi una progressiva riduzione della produzione nello stabilimento di Taranto, col rischio concreto quest’anno di attestarsi al di sotto dei tre milioni di tonnellate».

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