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Il caso

«L'ex Ilva rischia di spegnersi per consunzione»

L'audizione alla Camera del presidente di Acciaierie d'Italia, Franco Bernabè

Franco Bernabè

Franco Bernabè

«Acciaierie d’Italia rischia di spegnersi per consunzione». Non usa artifici Franco Bernabè nel descrivere la complicatissima situazione della società siderurgica e in particolare dello stabilimento di Taranto, la più grande fabbrica d’acciaio in Europa. Bernabè è stato ascoltato nella Commissione Attività Produttive della Camera. Ha chiarito che il fallimento è difficile, ma allo stesso tempo ha sottolineato il rischio di una lenta agonia.

Il presidente di AdI ha prospettato che quando nel 2024 scadranno gli accordi in corso tra gli azionisti, cioè Invitalia (lo Stato) e Arcelor Mittal (la parte privata) «la società può andare in liquidazione e per questo in generale il sistema bancario non affida ad Adi». 

«È una società – ha spiegato Bernabè - che lavora con la cassa che viene generata con il ciclo di produzione. Questo giro di cassa ogni volta perde un pezzo, che va ad investimenti, ad altri fabbisogni e non può essere usata per comprare materie prime. Quindi a ogni giro di produzione diminuisce la cassa disponibile». 

E con l’aumento dei costi dell’energia, la situazione rischia di precipitare.

Bernabè ha poi chiarito il giallo delle sue dimissioni: «Ho cercato in ogni circostanza di rappresentare la natura delle difficoltà con cui la società si confronta e di sollecitare tutti i soggetti interessati a una forte azione di sostegno per rendere possibile il perseguimento degli ambiziosi obiettivi che la società si è data e che la comunità di Taranto si aspetta. Di più non posso fare dati i limiti del mio ruolo. Per questa ragione ho messo a disposizione del Governo il mio mandato in modo da lasciare la più totale libertà per intervenire nelle forme e nei modi che riterrà opportuno».

«Spetta agli azionisti – ha aggiunto il manager - trovare la modalità di governance che garantisca un equilibrio tra le esigenze dei due soci».

Se queste difficoltà non lasciano presagire un futuro roseo, d’altro canto importanti passi in avanti sono stati compiuti in materia ambientale:

«Acciaierie d’Italia oggi è uno degli impianti più ambientalizzati dell’industria siderurgica internazionale», ma «se non verranno fatti interventi per la decarbonizzazione, l’impianto di Taranto dovrà acquistare i certificati verdi e questo significherà un aggravio nei costi di produzione che sono insostenibili per lo stabilimento».

È una corsa contro il tempo per salvare la fabbrica: «Tutto quello che riguarda Ilva ha bisogno di tempi lunghissimi ma il tempo non c’è».

Uno spiraglio esiste ed è nella ricerca di una intesa tra Stato ed Arcelor Mittal. «Il ministro Raffaele Fitto – ha detto ancora Bernabé - fa bene a negoziare con ArcelorMittal per vedere quali intenzioni di investimento ha l’azionista di maggioranza di AdI e se un’intesa può esserci, ma una soluzione va trovata subito. I 650 milioni erogati ad inizio d’anno da Invitalia ad AdI? Sono serviti a far sopravvivere AdI, tenuto conto che il 2022 ha visto l’esplosione dei costi energetici, schizzati a 1,4 miliardi, altrimenti senza quei soldi pubblici la società sarebbe già chiusa dall’anno scorso».

E ancora: «C’è il rischio imminente di un’interruzione della fornitura di gas ad Acciaierie d’Italia. Serve un downpayment (caparra, ndr) di circa 100 milioni al fornitore. Questo pagamento la società non è in grado di farlo.

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