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L'indiscrezione

«Tra ArcelorMittal e Raffaele Fitto nuova intesa per l'ex Ilva»

A condurre le trattative con la multinazionale il ministro per il Mezzogiorno

L'ex Ilva con l'insegna ArcelorMittal

L'ex Ilva con l'insegna ArcelorMittal

ArcelorMittal non lascerà la compagine societaria di Acciaierie d’Italia ed anzi la multinazionale franco-indiana e lo Stato vanno verso un nuovo accordo per l’ex Ilva. Almeno è questo ciò che trapela, secondo un articolo di La Repubblica sulla crisi che vive lo stabilimento siderurgico di Taranto.

L’acciaieria è «sull’orlo del precipizio» scrive nella lunga analisi Giovanni Pons, «non ha ancora trovato la via per una ripresa solida della produzione, che quest’anno scenderà sotto i 3 milioni di tonnellate» e «mancano i soldi» per «la decarbonizzazione, con l’introduzione dei forni elettrici e l’utilizzazione del Dri, che permetterebbe di riprendere a sviluppare la produzione, che ai tempi della famiglia Riva era arrivata a 10 milioni di tonnellate all’anno». Eppure, per il gigante d’acciaio che pare morente ci sarebbe «un barlume di speranza arrivato proprio nelle ultime ore», «quando dall’entourage del ministro Raffaele Fitto, incaricato da Giorgia Meloni di condurre le trattative con gli indiani per un rilancio, è trapelata l’indiscrezione della firma di un’intesa di cui però nessuno conosce i contorni».

Raffaele Fitto

Una soluzione - se le indiscrezioni dovessero trovare conferma - che difficilmente sarà gradita dai sindacati, che spingono per l’allontanamento del “socio privato”, in questo caso la multinazionale siderurgica più grande al mondo, puntando su un all-in del “socio pubblico”, insomma su una Ilva in mano allo Stato, magari affiancato da una cordata di imprenditori italiani. Una strada in realtà «perseguita dal ministro Adolfo Urso», ricorda Repubblica, quella «di ridurre ai minimi termini ArcelorMittal per far posto allo Stato in maggioranza e a una cordata di acciaieri italiani guidata da Arvedi» che però «sembra ormai tramontata». Piuttosto, Raffale Fitto «sta cercando di chiudere con gli indiani» una intesa che riguardi «gli investimenti per decarbonizzare gli impianti». Del resto, scrive Pons, «le acciaierie del Nord sono in salute, operano come multinazionali tascabili ma non sono in grado di sostituirsi a Taranto, anche perché fanno una produzione diversa. Per esempio Cogne Acciai Speciali, con un miliardo di fatturato, 100 milioni di Ebitda e 1.500 dipendenti, negli ultimi tre mesi ha fatto due acquisizioni di stabilimenti produttivi in Gran Bretagna e Svezia. Ma il rischio che aleggia nell’aria e che si sta già materializzando, è che in un momento in cui la domanda d’acciaio è robusta, alla minore produzione italiana si sostituiscano produzioni importate, magari dagli stessi gruppi che sono presenti in Italia, come Arcelor Mittal o l’altra indiana Jindal che possiede gli stabilimenti di Piombino, anch’essi a ritmo ridotto per mancanza di investimenti».

Di «trattativa segreta Fitto-ArcelorMittal» parla il deputato pugliese del Partito Democratico, Ubaldo Pagano, che addirittura annuncia un’iniziativa in Parlamento. «Se confermata, la notizia dell’accordo “a un passo” tra il ministro Raffaele Fitto e i vertici di ArcelorMittal sarebbe di una gravità inaudita» spiega l’esponente dem. Pagano aggiunge che «del futuro dell’acciaieria non si sa più nulla da mesi, salvo le continue richieste di cassa integrazione. Da tempo ascoltiamo annunci su progetti di decarbonizzazione ma poi è proprio Fitto a togliere 1 miliardo del Pnrr per il Dri a Taranto. Adesso scopriamo da organi di stampa che il “ministro tuttofare” del Governo Meloni ha messo le mani anche su questo dossier e si è preso la libertà, sebbene non rientri affatto tra le sue competenze, di intavolare una trattativa con il socio privato, percepito da tutti i protagonisti di questa vicenda tra i principali attori responsabili del collasso dell’ex Ilva, avendone avuto la guida in questi ultimi anni. Per questo - aggiunge Pagano - ho appena depositato un’interrogazione parlamentare. Taranto, i cittadini, i lavoratori, le aziende dell’indotto meritano di sapere se questo accordo esiste o meno, che cosa contenga di preciso e perché sia stato Fitto a portarlo avanti invece del Ministro Urso, competente per materia».

Ubaldo Pagano

Intanto, le sigle confederali dei metalmeccanici Fim Cisl Taranto-Brindisi, Fiom Cgil Taranto e Uilm Taranto hanno fatto affiggere in città diversi 6x3 che prendono di mira Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, a cui viene idealmente assegnata una medaglia per la “peggiore gestione di sempre” tra “minimo storico di produzione (mai raggiunto dalla nascita dell’ex Ilva); utilizzo massiccio della cassa integrazione e assenza di programmazione di manutenzione ordinaria e straordinaria”.

Un’iniziativa che rende il senso del clima che si respira tra sindacato ed azienda, in una fase delicatissima e cruciale. Venerdì scorso i segretari generali di Fim, Fiom, Uilm e Ugl, rispettivamente Roberto Benaglia, Michele De Palma, Rocco Palombella e Giovanni Antonio Spera, sono stati convocati per mercoledì 27 settembre, quindi domani, a Palazzo Chigi dal sottosegretario Alfredo Mantovano “per un incontro con una delegazione governativa sulla situazione delle Acciaierie d’Italia, ex Ilva”. Come Fitto, Mantovano è salentino e, sempre come Fitto, è uomo di strettissima fiducia della premier, tanto da essere definito il vero numero 2 dell’esecutivo.

Giorgia Meloni ed Alfredo Mantovano

L’incontro di domani assume - alla luce anche delle ultime indiscrezione - ulteriore significato, e precede di ventiquattro ore un’altra data cerchiata di rosso. Le segreterie territoriali di Fim, Fiom, Uilm, oltre che di Fisascat, Filcams, Filtcem Cgil, Uiltucs, Filca Cisl, Fillea Cgil, Feneal Uil, Fit Cisl, Filt Cgil, Uil Trasporti, Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uil Temp hanno proclamato infatti uno sciopero per giovedì, 28 settembre. In quella data infatti - si legge in una nota congiunta delle diverse organizzazioni sindacali - «Acciaierie d’Italia ha organizzato presso lo stabilimento di Taranto l’evento Steel Commitment 2023, un incontro commerciale con i clienti da tenere all’interno del sito, pubblicizzandolo attraverso importanti testate nazionali, come se la crescita commerciale dipendesse da questi eventi e non da una gestione totalmente diversa dell’azienda». «Il sito - prosegue la nota - è ormai privo dei requisiti minimi per garantire una vita dignitosa ai lavoratori sugli impianti produttivi, dove l’assenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie compromette la stessa salvaguardia delle vite umane che ci lavorano. Tutto questo nonostante i copiosi finanziamenti pubblici ricevuti solo qualche mese fa che, a sentire gli annunci, sarebbero serviti ad avviare il rilancio dello stabilimento, il pagamento delle fatture scadute e il completamento delle opere di ambientalizzazione.  Obiettivi puntualmente falliti».

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