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Il Siderurgico

«Il governo non sia complice di Arcelor Mittal»

Ieri il Consiglio di fabbrica

Lo stabilimento di Taranto

Lo stabilimento di Taranto

Prima il minuto di silenzio per Antonio Bellanova, vittima di un tremendo incidente sul lavoro al porto di Taranto, quindi la discussione sul futuro - quantomai incerto - del Siderurgico.

Si è riunito ieri, 27 luglio, il Consiglio di Fabbrica di Acciaierie d’Italia, Appalto e Indotto di Fim, Fiom, Uilm e Usb. Non è più rinviabile un serio confronto con il Governo in merito alla questione occupazionale, ambientale, sanitaria e produttiva dello stabilimento: è quanto emerso dalla riunione. «Assistiamo a continui annunci su possibili provvedimenti di rilancio per il sito di Taranto che, di fatto, non hanno mai prodotto nessun giovamento ai lavoratori e al territorio ionico, se non alla multinazionale che continua a tenere in ostaggio il governo e a determinare il mancato rilancio produttivo di tutto il gruppo AdI. Inoltre, la gestione aziendale continua a scaricare sui lavoratori le scelte sbagliate» si legge nel documento emerso dal Consiglio di fabbrica, per il quale «la situazione risulta totalmente fuori controllo e crediamo che non si possa continuare a gestire uno stabilimento a ciclo continuo, definito d’interesse strategico per il nostro Paese, senza avere una programmazione in merito al rilancio della produzione di acciaio. L’unica vera programmazione maniacale che l’amministratore delegato è in grado di fare è quella sui numeri della cassa integrazione».

Un tema, questo, particolarmente sensibile: «L’aumento spropositato di cassa integrazione nelle aree di officine e di manutenzione di produzione, oltre ai lavoratori dell’area laminazione, dimostra la mancanza di pianificazione di attività manutentive di carattere ordinario e straordinario, così come i continui ritardi sugli approvvigionamenti e la mancanza di attrezzature e mezzi che compromette, di fatto, non solo la tenuta degli impianti ma soprattutto la sicurezza dei lavoratori. Siamo ancora in attesa della presentazione di un Piano industriale orientato ad un rilancio della produzione delle attività del sito ionico. La transizione ecologica, un processo irreversibile ed epocale, a Taranto viene solo evocata negli annunci ma, in assenza di una visione di futuro, resta un puro esercizio retorico che serve esclusivamente da megafono elettorale a discapito del futuro di migliaia di famiglie. Nel contempo ci troviamo di fronte ad una crisi sempre più dilagante che colpisce tutti i lavoratori, in particolar modo quelli dell’Appalto e dell’Indotto, già in sofferenza per le continue procedure di Cig e purtroppo non ultimi, procedure di mobilità e cessazione di attività di impresa. Per alcune aziende dell’Indotto, inoltre, oltre alla scadenza della dote di ammortizzatori sociali, siamo in presenza di un continuo procrastinarsi di scaduti che inevitabilmente generano mancate retribuzioni e stipendi di lavoratori già in sofferenza».

La richiesta di Fim, Fiom, Uilm e Usb resta allora quella di «un cambio immediato della Governance con il passaggio dello Stato nella maggioranza societaria necessario a voltare una pagina così drammatica per l’intera comunità ionica. L’incertezza del futuro di migliaia di lavoratori di Acciaierie d’Italia, Ilva in Amministrazione Straordinaria e Appalto, infatti, non può continuare ad essere oggetto di inutili ed inefficaci slogan della politica». «Il Governo non si renda complice della desertificazione industriale che Arcelor Mittal ha deciso di pianificare nei confronti del sito di Taranto. Noi non lo consentiremo e per impedirlo avvieremo iniziative di mobilitazione necessarie a rimettere al centro dell’agenda politica una vertenza che dura ormai da troppi anni» è la chiosa dei sindacati.

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