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L'analisi

Autotutela, tra fisco e sudditanza: il cittadino senza difese davanti alla macchina burocratica

Un ritratto severo e amaro sul sistema tributario italiano, tra disuguaglianze, poteri incontrollati e casi eclatanti che mostrano un fisco forte con i deboli e debole con i potenti

Scadenze fiscali

Scadenze fiscali

Facendo seguito ai due precedenti articoli in questo ci soffermiamo particolarmente su ciò che riguarda il “fisco italiano”, che è quanto di più costrittivo e schiavistico ci sia al mondo nei confronti dei propri “contribuenti” ormai trasformati in “sudditi” senza diritto di cittadinanza alcuna.

Nel caso specifico il cittadino, pardon il suddito italiano, può difendersi verso l’ufficio comunale delle imposte avvalendosi della facoltà di poter far reiterare il provvedimento errato dall’amministrazione comunale avvalendosi del “ricorso in autotutela” che, in sostanza, non è altro che un atto formale senza nessuna garanzia per il suddito. Tutte belle parole ma nello specifico il contribuente suddito, pur dimostrando l’errore dell’amministrazione, può non ricevere alcuna risposta e, quindi, è costretto a pagare un tributo non dovuto.

Infatti, contro l'eventuale silenzio della risposta non ci sono mezzi di tutela e non è possibile fare opposizione. Per cui, in assenza di risposta, l'istanza in autotutela si considera rigettata, avendo inventato i vostri legislatori la cosiddetta regola del “silenzio-rigetto” o anche del “silenzio rifiuto”. Lo ha chiarito una recente sentenza della Corte costituzionale che, per rimpinguare le tasche dello Stato, viola i più basilari concetti del diritto.

Quindi, in conclusione, la “casta dei burocrati” nostrani, ovvero i “dirigenti comunali” ed oltre, chiusi nel loro fortino di privilegio cioè della “legge Bassanini”, spesso abusano di questo potere senza limiti per rimpinguare le casse locali.

Altro elemento che distingue “l’italico vassallaggio col Fisco” è dovuto anche all’ormai consolidato meccanismo per cui il fisco italiano “è debolissimo coi forti e forte coi piccoli”.

I casi sono molti, ormai, ma ne prendiamo solo due: il primo è quello del signor Andrea Pignataro che, secondo Forbes, è la seconda persona più ricca d’Italia. Orbene, il signor Pignataro era stato fatto oggetto di un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che lo vedeva debitore per 1 miliardo e 200 milioni di euro. Sapete come si è conclusa la vicenda? L’Agenzia delle Entrate ha fatto un accordo, in perdita ovviamente per le casse statali, per soli 280 milioni di euro. A mala pena il 20% del dovuto.

Altro clamoroso caso riguarda John Elkann, che ha versato 175 milioni di euro al Fisco per chiudere l'inchiesta per evasione. Il pagamento prelude a un accordo con la magistratura, con il parere non vincolante dei Pm, altro elaborato escamotage legale da non confondere con un patteggiamento. Infatti, il patteggiamento potrebbe avere conseguenze sulle cariche societarie rivestite da Elkann e, in combinato, i suoi legali hanno chiesto la messa in prova per “ripetizioni” agli studenti dal prossimo anno scolastico.

Se non fosse una cosa seria verrebbe da ridere. Su tale richiesta la procura di Torino ha già espresso il proprio consenso. I documenti presentati saranno esaminati nella prossima udienza, fissata per il 28 novembre. A questo punto il via libera definitivo alla proposta non dovrebbe arrivare prima della primavera del 2026, così le attività della messa alla prova scivoleranno nella seconda parte del prossimo anno e il tutto dovrebbe durare un intero anno, pensate. Al termine, filando tutto liscio come è facile ipotizzare, il reato sarà estinto.

Nel frattempo, lo Stato italiano finanzia, a suon di milioni, i due più importanti quotidiani del signor Elkann: la Stampa e la Repubblica. W l’Italia! Provi chi deve appena 2 o 3 mila euro al fisco a chiedere lo stesso trattamento dei due esempi prima riportati e si troverà il conto in banca bloccato o il pignoramento dell’auto o della casa.

Per completare il quadro si ricorda che dal 2000 al 2020 sono stati accertati 1.200 miliardi di euro evasi e ne sono stati incassati appena 60 miliardi.

Le tasse, è acclarato, le pagano per intero solo pensionati e lavoratori. Si scopre, infatti, che i datori di lavoro come media pagano i parrucchieri 11.900 euro, gli alimentari 10.700, i balneari 26.000, i meccanici 20.700, i ristoratori 12.800. A tutto ciò aggiungete le voragini di debito pubblico per l’infinita serie di bonus, superbonus e redditi di cittadinanza vari.

Nel frattempo, vanno entrambi gli schieramenti nelle Tv a urlare e, purtroppo, molti di voi li osannano comportandosi da ultras degli uni o degli altri.

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