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L'analisi
27 Ottobre 2025 - 07:30
Italia sempre più un Paese che punta sull'enogastronomia
Continuando il mio excursus sulla legge finanziaria che ha sollevato qualche malumore ma anche molti apprezzamenti, oggi vorrei entrare ancor più a gamba tesa. Un elemento che non ho trattato, neanche succintamente, è stato il comparto del “turismo” di massa italiano che effettivamente è esploso negli ultimi anni. Ciò che colpisce ad occhi attenti e non facili all’entusiasmo sono, in tutte i centri storici delle città italiane, le esplosioni del numero di ristoranti quasi sempre attaccati l’uno all'altro.
I nostri centri storici di Roma, Napoli, Palermo, Firenze, Torino, Bologna ecc. sono diventati dei veri e propri “villaggi del cibo”.
Ad affiancare all’opposto questa peculiare fenomenologia si nota che mentre a New York, Londra o Parigi molti passeggeri nelle metropolitane hanno un libro fra le mani a Milano, Roma e Napoli quasi nessuno.
Pare che, ormai, l’Italia abbia assunto le vesti sempre più marcate del fatto che “il cibo” è l’asse centrale dell’identità italiana, in questo sospinto anche dalle reti televisive che da anni ci propinano un’infinità di trasmissioni in cui molti vogliono diventare chef. Mentre un’altra parte delle Tv italiche si dedica a maree di aspiranti ballerine e cantanti.
Nell'ultimo decennio c’è stato un vero e proprio boom del turismo che ha totalmente trasformato i centri storici delle città italiane. Nel centro storico Roma, dati alla mano, ha perso oltre il 20% dei residenti negli ultimi 15 anni e lo stesso è accaduto più o meno a Venezia, Firenze, Napoli, Bologna e Milano. Secondo l'Agenzia Nazionale del Turismo il turismo enogastronomico è quasi triplicato nell'ultimo decennio e continua ancora a crescere. Analogamente sono cresciuti i “bed and breakfast” che hanno preso il sopravvento. Questo ha causato forti aumenti degli affitti che hanno espulso dai centri storici moltissime famiglie e chiusura di botteghe.
Sarebbe, forse, il caso di cominciare a chiederci se non sia il caso di pensare a prendere qualche premio Nobel piuttosto che occuparci di costruire chef o presunti tali. Nel frattempo, galleggiamo con una bassa produttività, un’altissima disoccupazione giovanile, bassissimi salari e una costante ed ininterrotta fuga di cervelli. Speriamo di non trovarci su un contemporaneo Titanic.
John Maynard Keynes ci ha insegnato che la spesa pubblica gioca un ruolo cruciale per stabilizzare l'economia, specialmente in periodi di crisi o recessione. Keynes sosteneva che, quando la domanda aggregata è insufficiente a garantire la piena occupazione, lo Stato può intervenire aumentando la spesa pubblica per stimolare l'attività economica. Questo aumento, attraverso l'effetto moltiplicatore, può portare a una crescita economica superiore all'incremento iniziale della spesa pubblica.
Non ci sono compiti impossibili e vista la situazione del paese nel contesto internazionale attuale non posso, come storico, non partire da un fondamentale ed importante precedente. Era il 1983 e chi si apprestava a prendere le redini del governo italiano aveva dinanzi il seguente quadro economico finanziario: INFLAZIONE AL 16,5%, BOT AL 20%, CCT AL 21,90%, IL TASSO DI SCONTO AL 18%, L’INTERBANCARIO AL 20,28%, LO SPREAD A 1.175 PUNTI BASE.
Voragini ovunque che rispetto a quelle attuali viene da sorridere. Infatti, solo quattro anni dopo, precisamente nel 1987, L’INFLAZIONE ERA SCESA AL 4,7%, LO SPREAD A 262 PUNTI, IL PIL ERA CRESCIUTO FRA IL 3 ED IL 4% E, UNICA VOLTA NELLA STORIA FINANZIARIA ITALIANA, L’ITALIA EBBE DA MOODY’S LA TRIPLA AAA PER IL 1986.
Oggi per essere stati valutati BBB+ ovvero un gradino poco sopra ai titoli spazzatura si sono sprecati fiumi di inchiostro e di parole. Di quella positiva ripresa economica, finanziaria e sociale se ne avvidero gli italiani col forte aumento del reddito pro capite ma, soprattutto, all’estero dove la rivista americana “Newsweek” a conclusione del governo Craxi nel 1987 gli dedicò una copertina dal titolo evocativo e significativo “NUOVO MIRACOLO ECONOMICO ITALIANO” mettendo in evidenza che il reddito medio del Bel Paese aveva superato quello della Gran Bretagna. La conseguenza immediata fu l’entrata ufficiale nel G7 insieme al Canada.
Nel frattempo il Fisco italiano, a cui a sinistra e a destra, tutti invocano tagli è sostanzialmente morto considerando che la progressività fiscale è, ormai, solo per pensionati e lavoratori. Abbiamo consentito di fare i “duri e puri” in Italia per il controllo dei capitali e della loro provenienza mentre abbiamo accettato i “mimetizzati paradisi fiscali UE” come in Lussemburgo, Olanda, Austria, Irlanda, Gibilterra, San Marino, Liechtstein, Svizzera, Cipro, Malta ecc.
Senza dimenticare che dal 2000 al 2020 il fisco ha accertato 1.200 miliardi di euro di evasioni riuscendo ad incassarne solo 60.
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