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Bari

Morte del neonato nella culla termica, respinto il patteggiamento del parroco

Il giudice ha ritenuto incongrua la pena proposta di 3 mesi con sospensione condizionale per don Antonio Ruccia. Udienza rinviata al 13 novembre: a processo anche l’elettricista accusato con lui di omicidio colposo

Una culla termica - archivio

Una culla termica - archivio

BARI - È stata respinta la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali di don Antonio Ruccia, parroco della chiesa di San Giovanni Battista di Bari, imputato per omicidio colposo in relazione alla morte di un neonato di pochi giorni, avvenuta il 2 gennaio scorso nella culla termica installata all’esterno della parrocchia.

La decisione è arrivata oggi durante la prima udienza preliminare successiva alla richiesta di rinvio a giudizio. La giudice per l’udienza preliminare Ilaria Casu ha ritenuto non congrua la pena proposta – 3 mesi di reclusione con sospensione condizionale – rigettando così l’accordo formulato dalle difese. L’udienza è stata aggiornata al 13 novembre, data in cui sarà esaminata anche la posizione del coimputato Vincenzo Nanocchio, l’elettricista incaricato dell’impianto della culla termica, anch’egli accusato di omicidio colposo.

Don Ruccia è assistito dagli avvocati Salvatore D’Aloiso e Lorenzo Minunno, mentre Nanocchio è difeso da Giovanni De Leo e Giuseppe Giulitto.

Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Procura di Bari, la morte del piccolo – che avrebbe avuto tra 7 e 14 giorni di vita – sarebbe avvenuta per ipotermia. L’ambiente in cui era collocata la culla, secondo l’accusa, non rispettava i requisiti di sicurezza necessari a garantire la sopravvivenza del neonato.

Il sistema, progettato per attivarsi automaticamente al momento del deposito del bambino, avrebbe dovuto inviare un segnale al cellulare del parroco e azionare il riscaldamento della culla, ma – secondo gli inquirenti – non funzionò a causa di un cortocircuito. A peggiorare la situazione, il condizionatore installato nel locale avrebbe erogato aria fredda invece che calda, per una perdita nel compressore.

Fu il titolare di un’impresa funebre, giunto in chiesa la mattina del 2 gennaio per un funerale, a scoprire il corpo del neonato senza vita all’interno della culla. Il piccolo, successivamente battezzato Angelo dal sindaco di Bari, è diventato il simbolo di una tragedia che ha profondamente scosso la comunità cittadina e aperto un doloroso dibattito sulla sicurezza dei sistemi di accoglienza per i neonati abbandonati.

La prossima udienza, fissata per metà novembre, sarà decisiva per stabilire se i due imputati dovranno affrontare il processo davanti al Tribunale di Bari.

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