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Bari

Bimbo morto nella culla termica: il parroco e il tecnico vanno verso il processo per omicidio colposo

Chiuse le indagini. Secondo la Procura, il neonato era vivo al momento della deposizione nella culla: fatale l'ipotermia. L’allarme non si attivò per un guasto al sistema

Una culla termica - archivio

Una culla termica - archivio

BARI – La Procura del capoluogo pugliese ha concluso l’inchiesta sulla drammatica morte del neonato rinvenuto privo di vita, il 2 gennaio, nella culla termica installata accanto alla chiesa di San Giovanni Battista.

L’avviso di conclusione delle indagini, che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio, conferma l’accusa di omicidio colposo nei confronti di don Antonio Ruccia, parroco della chiesa, e del tecnico Vincenzo Nanocchio, responsabile dell’installazione della culla nel 2014 e del successivo intervento di manutenzione, avvenuto il 14 dicembre scorso, dopo alcuni blackout.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis e dalla pm Angela Morea, e affidate alla squadra mobile, hanno fatto emergere elementi ritenuti decisivi: il piccolo era ancora in vita quando fu deposto nella culla, come dimostrerebbe la presenza di urina all’interno del vano. La morte sarebbe sopraggiunta per ipotermia, in un arco temporale compreso tra 4 e 10 ore dopo l’abbandono.

Gli accertamenti tecnici hanno evidenziato gravi criticità nel funzionamento del dispositivo. La culla, secondo le consulenze, non era conforme agli standard di sicurezza previsti per accogliere neonati in stato di emergenza. Il climatizzatore destinato a riscaldare l’ambiente avrebbe invece emesso aria fredda, probabilmente per una dispersione di gas.

Il bimbo non ricevette soccorso perché il sistema di allerta non si attivò: nessuna chiamata automatica raggiunse il cellulare del parroco, come invece accaduto in almeno due episodi precedenti, nel 2020 e nel 2023. Il sensore alla base dell’attivazione del sistema – un materassino che avrebbe dovuto rilevare il peso del neonato – si è rivelato inadeguato. Si trattava, secondo quanto ricostruito, di un comune tappetino antifurto, utilizzato per uso domestico, economico e soggetto ad alta probabilità di malfunzionamento.

Resta ancora aperto, ma separato dal fascicolo principale, il filone d’indagine relativo al presunto reato di abbandono di minore a carico di ignoti.

Il piccolo, ribattezzato “Angelo” dal sindaco di Bari Vito Leccese, è stato sepolto nella sezione del cimitero cittadino riservata ai bambini.

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