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La storia
10 Ottobre 2025 - 09:54
L'ex Ilva vista dal mare
No, non è una questione di soldi. Che pure sono pochi, troppo pochi. Non è neppure una questione di rinunce, che pure devono essere fatte, e sono tante. No, il punto vero lo spiega con lucidità e assoluta chiarezza Roberto, tarantino, 43 anni. “Quando tuo figlio deve fare un compito a casa, e deve scrivere cosa fa nella vita suo padre, e non hai la forza di digli quella parola, cassintegrato. Chi ha figli lo sa. Chi non ne ha, credo che davvero non possa capire”.
Di figli Roberto ne ha due, di cinque ed otto anni. Ha una moglie, ha idee – ha una enorme dignità, che non può e non deve essere infangata. Roberto è uno di 'quelli di Ilva in as', i lavoratori che quando è arrivato il ciclone ArcelorMittal sul Siderurgico di Taranto sono rimasti fuori dal parimetro della nuova società – con l'impegno però ad essere riassunti, come previsto da un regolare accordo. La cassa integrazione (1200 euro al mese, con cui far quadrare i conti della famiglia e rispettare le scadenze che ognuno conosce) doveva essere solo un ponte. E' diventata una palude. “Siamo in un limbo da otto anni. E sentiamo di perdere la dignità di uomini, padri, mariti, lavoratori. Lo sappiamo che c'è chi dice '1.200 euro per stare a casa'. Ma chi lo dice lo sa cosa vuol dire alzarsi la mattina e chiedersi qual è il proprio scopo nella vita? Non avere idea di quale può essere il proprio futuro?”.
Roberto ha pudore ad affrontare la questione del disagio economico che la condizione di questi lavoratori comporta. Ma è innegabile: sono famiglie che – per fare un esempio - hanno contratto mutui per una casa, per loro e per assicurare un pezzo di futuro ai figli. E quel mutuo magari è arrivato dopo aver bussato a tante porte, ed esserselo visto negare nonostante oltre vent'anni in fabbrica. Porte in faccia che fanno piangere di dolore, quando ci si sente dire che 'il vostro stipendio non vale niente'.
“Noi dobbiamo sperare che non esistano gli imprevisti”, continua Roberto. E' chiaro: basta una spesa non preventivata e l'equilibrio può saltare. Ma se gli imprevisti non possono non esistere, ciò che sembra non esserci davvero è purtroppo una prospettiva. Di lavoro, di vita. “Noi vogliamo garanzie sul futuro. Ne abbiamo diritto. Oggi brancoliamo nel buio, lo Stato si è dimenticato di noi, quando si parla delle trattative per lo stabilimento noi siamo esclusi. Chi dice che siamo win for life, come il gratta e vinci – perchè pure questo ci sentiamo dire, gettandoci fango addosso, senza pesare le parole – dovrebbe provare a capire come si può vivere sentendosi invisibile. Come se non ci fossimo. Ma noi esistiamo”. Il presente è come essere legati a doppio filo: a quei 1.200 euro non si può rinunciare per fare un altro salto nel buio. Eppure bisogna farseli bastare, e provare a risparmiare almeno quanta basta per una pizza fuori con i figli. Il futuro, soprattutto, è un grande buio. Per tre mesi una squadra ha lavorato alle bonifiche alla Cava Due Mari – ma la sensazione è quasi di un “contentino”.
Intanto, Taranto resta a guardare. Una città che tante volte sbaglia valutazioni e inquadra il bersaglio sbagliato, insultando chi non lo merita, mentre lascia che altri decidano sopra la propria testa. Prima di giudicare, le parole vanno sempre pesate.
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