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Il Siderurgico

Crisi dell'ex Ilva, le richieste dei sindacati ai parlamentari. Le dichiarazioni

Fim, Fiom e Uilm nazionali hanno incontrato le forze politiche. Ecco cosa è emerso

Una veduta del siderurgico (foto d'archivio)

Una veduta del siderurgico (foto d'archivio)

Fim Fiom Uilm Nazionali e Territoriali nella giornata di oggi, 29 agosto, hanno incontrato i Gruppi Parlamentari e consegnato alla rappresentanza di deputati e senatori "la voce e le istanze dei lavoratori sulla vertenza Ex Ilva. Dall’inizio di questa lunghissima vertenza, i lavoratori non hanno mai diviso le questioni ambientali da quelle occupazionali ma ne stanno pagando le conseguenze sia come cittadini e sia come lavoratori".

Fim Fiom Uilm, si legge in un documento, "intendono confermare quanto fin qui dichiarato a tutti i tavoli di confronto svolti presso Palazzo Chigi e con i vari Ministeri (delle Imprese e del Made in Italy, del Lavoro, dell’Ambiente, della Sanità e dell’Economia e Finanze) chiedendo alla politica, tutta, un forte segnale di coesione e unità su ciò che da tempo, da tutte le forze politiche e sindacali è stato richiesto: rendere l’Ex Ilva ecocompatibile con un ciclo produttivo che coniughi ambiente e salute, salvaguardando l’occupazione e con lo Stato garante della transizione. Anche l’intesa firmata lo scorso 12 agosto tra Governo e Istituzioni locali non ha definito gli aspetti cruciali della vertenza Ilva sia dal punto di vista produttivo che ambientale ed occupazionale".

Ferdinando Uliano - Fim Cisl

Le organizzazioni sindacali "rimarcano con forza che il piano e, quindi, il bando di gara, debba rispondere a quattro obiettivi fondamentali: l’integrità del gruppo siderurgico, il risanamento ambientale, la decarbonizzazione, le garanzie occupazionaliCambiare ciclo produttivo, passare dalla produzione di acciaio da Altoforno a Forno Elettrico - secondo i metalmeccanici confederali - non può prescindere dall’uso del gas e del DRI (preridotto), questo è un dato tecnico-scientifico che non può essere strumentalizzato".

Michele De Palma - Fiom Cgil

La continuità produttiva è necessaria sia per garantire la continuità lavorativa, per assicurare il reddito pieno ai lavoratori diretti ed indiretti, sia al progressivo processo di sostituzione del ciclo integrale con il piano presentato, si legge nel documento, in cui vengono evidenziate le necessità di  «realizzare nel minore tempo possibile la transizione per mettere in produzione 4 forni elettrici (3 Taranto, 1 Genova), Polo DRI a Taranto, investimenti nei vari plant – sono 9 i siti produttivi e di lavorazione - nella verticalizzazione degli impianti per ottenere la piena occupazione, garantendo l’approvvigionamento energetico di gas con tutte le soluzioni tecniche possibili, nessuna esclusa».

Nella versione dei sindacati, «per garantire la sostenibilità e la credibilità del piano di rilancio e riconversione, Taranto ha bisogno che anche il DRI sia prodotto in loco. In primo luogo, per le esigenze ambientali. Produrlo altrove, trasportarlo, riscaldarlo, avrebbe impatti ambientali maggiori rispetto alla sua produzione e immissione nei forni. In secondo, non meno importante, la realizzazione degli impianti di DRI produrrebbe occupazione a cui dedicare i lavoratori impiegati ad oggi su impianti utili solo nel ciclo integrale, che verranno progressivamente dismessi. Un’occupazione su impianti nuovi, a basso impatto ambientale, è un’opportunità per il territorio e non un aspetto da combattere, occupazione che va preparata per tempo, che va formata e sostenuta economicamente».

Capitolo importante è quello del «bacino dei lavoratori di Ilva in AS» che «non dovrà essere un aspetto “secondario” del piano ma quei lavoratori dovranno ricevere le stesse opportunità che saranno contrattate per i lavoratori di AdI in AS come già previsto dall’accordo del 6 settembre 2018. Riteniamo inoltre necessaria per i lavoratori del sistema degli appalti la possibilità che siano impegnati nelle attività per smantellare i vecchi impianti come nelle attività di costruzione di quelli nuovi. Un’opportunità per le aziende e i lavoratori dei territori di poter recuperare dignità dopo anni di gestione che ha penalizzato appalti, l’indotto e diretti. Il piano di investimenti necessario per la decarbonizzazione dovrà prevedere fondi pubblici, e se possibile anche privati. È necessaria la garanzia della politica tutta e delle istituzioni dello Stato a tutti i livelli, a partire da un ruolo diretto dello Stato, prevedendo un adeguato stanziamento di risorse economiche a partire dal disegno di Legge di Stabilità 2026, nella gestione e a garanzia di tutti gli aspetti realizzativi del piano industriale volto alla decarbonizzazione».

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