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L'analisi

Duisburg corre, Taranto si ferma: due modelli a confronto sulla transizione dell’acciaio

Il polo tedesco punta sull’idrogeno verde e su fondi UE. Nel capoluogo ionico restano solo polemiche e soluzioni provvisorie, con il rischio di perdere il treno della decarbonizzazione

Ex Ilva

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TARANTO - L'analisi comparativa dei modelli di transizione siderurgica di Duisburg e Taranto rivela un profondo divario strategico e contestuale. A Duisburg, il processo di decarbonizzazione si configura come un progetto a lungo termine, pianificato e sostenuto da una solida sinergia tra politica, industria e finanza. A Taranto, invece, la stessa transizione è caratterizzata da una visione assai frammentata, dalla mancanza di un piano condiviso e da forti conflitti sociali.

La strategia tedesca si è basata sulla sostituzione progressiva degli altiforni tradizionali con impianti di riduzione diretta (DRI), che producono il cosiddetto "ferro spugna". La vera innovazione risiede nell'uso iniziale di una miscela di gas naturale e, successivamente, di idrogeno verde, per raggiungere la "neutralità climatica". L'impianto DRI, in avvio nel 2026, sarà alimentato proprio da questa miscela, garantendo una significativa riduzione delle emissioni di CO2 fin da subito, pur mantenendo la continuità produttiva. L'obiettivo è il passaggio completo, entro il 2037, all'utilizzo di idrogeno prodotto tramite elettrolisi da fonti rinnovabili, rendendo la produzione di acciaio virtualmente priva di emissioni. Il risultato finale sarà il "Green Steel", un prodotto altamente competitivo sui mercati globali.

Il Governo tedesco ha sostenuto l'investimento con due miliardi di euro, riconoscendo la decarbonizzazione dell'acciaio come una priorità nazionale. Le sovvenzioni sono state approvate dalla Commissione Europea come parte integrante del "Green Deal", sbloccando così altri ingenti finanziamenti e superando le lungaggini procedurali. ThyssenKrupp ha inoltre stretto solide partnership per l'approvvigionamento dell'idrogeno, dimostrando il valore effettivo delle scelte di "burocrazia negoziata".

A Taranto, le circostanze sono più complesse. Il dibattito si è polarizzato tra due visioni opposte, la necessità di mantenere la produzione e l'urgenza di una bonifica ecologica immediata. Il riavvio di tre altiforni, considerato necessario per raggiungere i 6/8 milioni di tonnellate di produzione annua, è un punto di scontro. Le istituzioni locali e le associazioni ambientaliste lo vedono come un passo indietro, in netto contrasto con la promessa di un futuro "verde". L'attuale piano, impostato sulla coesistenza di altiforni e forni elettrici, non riflette pienamente l'obiettivo di una decarbonizzazione rapida e totale.

Anche la proposta di installare, seppur provvisoriamente, una nave rigassificatrice (FSRU) è fortemente osteggiata, in quanto rientrerebbe nella direttiva Seveso, aggiungendo un potenziale rischio ambientale in un'area già gravata. Inoltre, verrebbe diffusamente percepita come una decisione imposta, senza un confronto con la cittadinanza.

A differenza di Duisburg, a Taranto non sono ancora stati definiti fondi e tempi per la costruzione dei nuovi impianti, e il bando per la vendita a un gestore privato è ancora in attesa di esito.

A questo proposito e dopo il ritorno di Acciaierie d'Italia sotto il controllo statale, basti considerare che solo colossi siderurgici globali come ArcelorMittal o Jindal potrebbero essere in grado di sostenere l'acquisizione totale dell'ex Ilva. Tuttavia, non è solo la capacità finanziaria a giocare un ruolo determinante. L'esperienza consolidata nel settore, la competenza tecnologica e la visione imprenditoriale sono fattori essenziali per garantire una gestione efficace e un traguardo di successo. La complessità del sito di Taranto richiede un operatore con un know-how specifico per affrontare sia le sfide produttive che quelle ambientali.

Duisburg dimostra che il traguardo ecologico è possibile se guidato con ragione e trasparenza, e se legittimato dalla collaborazione di tutti gli attori coinvolti. Per Taranto, si possono ipotizzare alcune raccomandazioni. È fondamentale concentrarsi su una roadmap precisa per la decarbonizzazione totale, con scadenze e investimenti certi. Si dovrebbe avviare e sottoscrivere un Accordo di Programma che definisca un percorso operativo condiviso. E, cosa altrettanto importante, occorre accedere ai fondi del "Green Deal" e del "Just Transition Fund", trasformando l'attuale "Vertenza Taranto" (la quarta, dopo quelle della "subfornitura", della "reindustrializzazione" e della "privatizzazione") in una moderna opportunità di diversificazione per l'intera economia italiana e non come una limitata e confinata questione locale.

Il modello tedesco non può essere semplicemente "copiato", ma offre un esempio da seguire per affrontare il futuro. Però gli scenari in cui tutto questo sta accadendo sono in piena turbolenza. L'industria siderurgica mondiale sta per affrontare quella che molti analisti ed esperti definiscono la "tempesta perfetta", scatenata da due congiunture sinergiche e pericolosissime, la sovracapacità produttiva e l'aumento vertiginoso dei costi energetici.

Ma questa è un'altra storia.

Prof. Raffaele Bagnardi
Sociologo del Lavoro

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