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Taranto
07 Luglio 2025 - 14:28
Il cane Bruno dell’Unità cinofila da Soccorso
TARANTO - È tornato al centro dell’attenzione il drammatico fenomeno degli avvelenamenti seriali di cani, dopo la morte atroce di Bruno, il cane-eroe divenuto simbolo della fedeltà e del coraggio, ucciso da un boccone imbottito di chiodi. Un episodio che scuote ancora una volta le coscienze e rilancia l’allarme su una piaga ormai diffusa in tutta Italia.
Da gennaio a oggi, secondo quanto riferito dall’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente (AIDAA), sarebbero quasi 4.000 i cani deceduti o rimasti gravemente intossicati a causa di veleni, pezzi di vetro e metalli infilati nei bocconi disseminati in strada. Numeri impressionanti, che raccontano una strage silenziosa e crudele, spesso consumata sotto gli occhi ignari dei padroni.
Le indagini sulla morte di Bruno, che secondo le prime ipotesi potrebbe essere stato ucciso per vendetta, sono ancora in corso e si muovono in più direzioni investigative, anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal suo addestratore. Intanto, la stessa AIDAA ha deciso di offrire una taglia di 1.500 euro a chi, con una denuncia formale, contribuirà all’identificazione e alla condanna del responsabile.
Ma l’associazione punta il dito anche su un problema ben più ampio. “Gli avvelenamenti non si fermano ai cani – spiegano i rappresentanti della AIDAA – ma colpiscono anche gatti e animali selvatici, con conseguenze devastanti per l’equilibrio ambientale e la convivenza civile”.
Da anni la AIDAA denuncia il fenomeno, chiedendo una stretta normativa a livello nazionale e misure più incisive per contrastare quella che definisce una vera emergenza sociale. Ora, dopo l’ennesimo caso simbolo, l’associazione annuncia anche la presentazione di un esposto per chiarire le circostanze dell’avvelenamento di Bruno.
La battaglia per la verità e per la giustizia non si ferma, ma la domanda che resta è inquietante: quanti altri animali dovranno morire prima che si fermi questa barbarie?
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