A far esplodere nuovamente il caso è un messaggio tra adolescenti, oggi agli atti: “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”. A scriverlo, secondo quanto riportato dal settimanale Giallo, sarebbe stata Paola Cappa, una delle gemelle cugine di Chiara, mai finora indagate. Il destinatario sarebbe un amico, e il contenuto potrebbe aprire uno squarcio inquietante sull’intera ricostruzione dell’epoca. Intanto, Andrea Sempio, uno dei nomi già emersi in passato, si è recato nella caserma dei carabinieri di Milano per la restituzione di un cellulare sequestrato durante le indagini.
Mentre la magistratura lombarda riaccende i riflettori su una delle vicende più controverse della cronaca nera italiana, il pensiero corre anche alla Puglia, terra non nuova a casi irrisolti, verità sfuggenti e dolori senza giustizia.
Chi vive a Taranto non ha dimenticato l’orrore del “caso di Avetrana”, con la tragica morte della 15enne Sarah Scazzi. Un processo con condanne definitive, certo, ma ancora oggi costellato di ombre e contraddizioni, oggetto di inchieste giornalistiche e analisi che continuano ad alimentare il dubbio.
La città dei due mari ha conosciuto anche anni di piombo e sangue, segnati dalla cosiddetta faida criminale degli anni ’80 e ’90. Dalla “strage della barberia” agli omicidi di clan, fino alle vittime innocenti rimaste nel silenzio, Taranto conserva ferite giudiziarie mai del tutto rimarginate.
E poi c’è la memoria di Francesco Marcone, dirigente statale foggiano, ucciso per aver detto no alla mafia, lasciato solo dallo Stato anche dopo la morte. Un delitto senza colpevoli, archiviato nel silenzio, ma mai dimenticato.
In questo mosaico tragico spicca anche l’orrore seriale del cosiddetto “killer delle vecchiette”, Ezzedine Sebai, condannato per omicidi efferati tra Puglia e Basilicata. Un caso che ha sollevato inquietanti dubbi: per alcuni di quei delitti, altre persone erano già state processate e condannate.
Sono storie che non appartengono solo alla cronaca giudiziaria. Sono il riflesso di una fragilità collettiva, di famiglie che aspettano risposte, di comunità che chiedono verità. In Puglia, il 23,9% degli omicidi resta irrisolto, una delle percentuali più alte in Italia. Un dato che pesa. Un dato che interroga.
La riapertura del caso Garlasco è più di un atto investigativo: è un monito, un simbolo, una speranza. È la dimostrazione che la verità può riemergere anche a distanza di anni. E che ogni fascicolo archiviato può ancora parlare.
Ma è anche un appello forte e chiaro: non dimenticare. Non rinunciare. Non voltarsi mai dall’altra parte. Perché in questa terra, il silenzio ha già fatto abbastanza rumore.